45° Cinéma du Réel ⋅ Parigi.

A Taste of Whale, regia di Vincent Kelner (2022)

Torna, puntuale come ogni inizio primavera, il Cinéma du Réel di Parigi, il festival fondato da Jean Rouch. Giunto alla sua 45° edizione, e oggi diretta da Catherine Bizern, la manifestazione continua a proporre piste di esplorazione e di approfondimento non tanto di quel genere cinematografico dai contorni sempre più sfumati che potremmo chiamare “documentario” quanto piuttosto delle possibilità specifiche di indagine che i linguaggi del cinema offrono al tentativo di comprendere “quel che ci accade” e “quel che ci muove e commuove”. È in effetti tra questi due spazi che si articola una programmazione sfaccettata, capace di oltrepassare ogni rigida codifica formale per includere inchieste e narrazioni, interviste e reenactments, meditazioni poetiche e film di denuncia in una continua tensione interrogativa nei confronti del rapporto tra discorso e tempo, ovvero di ciò che fa “evento”. 

È infatti alla nozione di “evento” che il festival dedica due tavole rotonde con cineasti (Radu Jude, Gabriella Gullermo, Clément Schneider), personalità del mondo del teatro (Caroline Guielo Nguyen, Kubra Khademi), della ricerca storica (Sophie Wahnich) e della filosofia (Paul B. Preciado) sotto il segno de La Jetée di Chris Marker e di quel suo indimenticabile esergo: «Nulla distingue gli eventi dagli altri momenti: solo più tardi li si riconosce, dalle cicatrici». Quali sono i contorni, i ritmi, gli effetti che permettono di riconoscere un evento storico o esistenziale? Come si inserisce il cinema nei processi sociali di leggibilità e di comprensione di un evento? Come può il cinema contribuire a una lettura più stratificata e complessa degli eventi sottraendosi alla tentazione di imporre un senso comune univoco e stereotipato?

Il programma stesso del Cinéma du Réel si smarca da un’evenemenzialità festivaliera intesa come corsa alla novità e alle anteprime assolute (che comunque non mancano) preferendovi piuttosto percorsi di lunga durata, come la sezione “Front(s) populaire(s)” che da alcuni anni propone di accostarsi alle contaminazioni tra cinema, comunità e movimenti sociali scegliendo di anno in anno un focus tematico. Quest’anno sarà l’ecologia politica, il rapporto umano o animale con la terra che rende una vita buona oppure minacciata, in film come A Taste of Whale di Vincent Kelner sulla caccia alle balene nelle isole Fær Øer oppure Tara che Volker Sattel e Francesca Bertin hanno dedicato a un fiume tarantino dalle presunte proprietà benefiche in un territorio profondamente segnato dall’impatto dell’industria.

Ci sono, poi, i numerosi carotaggi nella storia offerti da omaggi e retrospettive: il recentemente scomparso Jean-Louis Comolli sarà ricordato con la proiezione del suo La Cécilia (1975), cronaca del tentativo utopico di costruire una comune anarchica in Brasile, e dal documentario-biografico di Dominique Cabrera Bonjour Monsieur Comolli; a 40 anni dalla prima proiezione di House (1980) di Amos Gitaï al Cinéma du réel, sarà riproiettata tutta la trilogia della casa del regista israeliano; dell’iraniano Maheran Tamadon, autore dello sconvolgente Iranien (2014), si vedranno i due recenti Là où dieu n’est pas e Mon pire ennemi. Un’intera sezione, dal titolo “Le monde, autre” offre invece la possibilità di esplorare opere e filmografie in cui non si racconta la possibilità di un altro mondo bensì il mondo in cui viviamo in altro modo ed ecco allora tre opere brevi di Pierre Creton, il Mékong Hotel (2012) di Apichatpong Weerasethakul, la Spagna anni Ottanta de El Futuro (2013) di Luis López Carrasco, A Short Film About The Indio Nacional (2005) della filippina Raya Martin o Lunch Break (2007) di Sharon Lockhart, cineasta statunitense di cui si vedrà in concorso il recente mediometraggio Eventide. Nella stessa sezione si inseriscono anche le tre retrospettive dedicate a Jean-Pierre Gorin, Franssou Prenant e Olivier Zabat.

Mekong Hotel, regia di Apichatpong Weerasethakul (2012)

Da segnalare, inoltre, l’attenzione che il Réel presta sempre agli Ateliers Varan, percorsi di formazione ideati nel 1978 da Jean Rouch e che oggi permettono di portare il cinéma direct in paesi dove mancano possibilità formative e produttive. Quest’anno il focus sarà sulla nuova generazione formatasi presso gli Ateliers in Vietnam. Nella competizione, invece, non più divisa tra internazionale e francese ma raggruppata in un’unica grande selezione suddivisa tra lunghi e medi-corti, spicca per ambizione e durata (634 minuti) Voyage au lac di Emmanuelle Démoris, un’esplorazione del lago di Bolsena e delle persone che vivono nei suoi pressi articolata in tre capitoli: À demain (203’), Clameurs (253’) e Vers l’île (178’). Sempre in concorso si vedranno anche il bellissimo Being In A Place: A Portrait of Margaret Tait di Luke Fowler sulle tracce della scrittrice e cineasta formatasi al Centro Sperimentale negli anni ’50 e poi tornata nella nativa Scozia; la rievocazione della rivolta dei Ciompi nel contesto delle attuali proteste operaie nel fiorentino in Ciompi di Agnès Perrais; la video-documentazione del processo ai criminali della dittatura argentina (1976-83) di El Juicio di Ulises de la Orden o ancora le ambiguità dell’architettura modernista filmate da Heinz Emigholz in Slaughterhouses of Modernity. 

Tra le altre proiezioni speciali del programma, si segnalano almeno due produzioni francesi viste all’ultima Berlinale quali Notre Corps  di Claire Simon che animerà un dibattito intorno alla sua esperienza personale e professionale nell’ospedale parigino Tenon la sera del 1° aprile; e, l’indomani, il film di chiusura Orlando. Ma biographie politique di Paul B. Preciado, premio Teddy per il miglior film a tematiche omosessuali presentato al Festival di Berlino 2023.

© CultFrame 03/2023

INFORMAZIONI
Cinéma du réel – Il sito

Canal Réel su Youtube

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