Happy End ⋅ Un film di Michael Haneke

Come si arriverà all’ “happy end” del titolo? Chi conosce il cinema di Haneke sa già che l’epilogo sarà tutt’altro che consolatorio ma, come è nelle corde del regista austriaco, ci lascerà ancora una volta in balìa di una raggelante amarezza. Può apparire bizzarro parlare di un film iniziando dalla fine ma mai come in questo caso è proprio lì che (ri)troviamo – lucido e tagliente – il senso profondo della poetica di questo cineasta.

È chiaro che non riveleremo nulla ma Happy End sembra un film da leggere a ritroso, non soltanto nello spazio dei 110 minuti della sua durata ma altresì considerando la filmografia di Haneke che segue, coerentemente, un percorso, visivo e narrativo, personalissimo e definito. Ancora una volta, al centro della vicenda, ci sono l’erosione della ricca borghesia, le storture del potere e l’impressionante deriva dell’umanità analizzate con quell’atroce disincanto che rappresenta la cifra stilistica di un regista che non fa concessioni.

Siamo a Calais, terra di confine che ha visto la nascita e lo smantellamento di quella che è stata definita “la giungla”, ovvero uno dei più grandi centri di accoglienza per migranti in Europa. Qui la ricca famiglia Laurent possiede una grande società edile con a capo l’ultraottantenne Georges che ha affidato la gestione dell’azienda alla volitiva figlia Anne, supportata dal fratello medico Thomas, uomo sentimentalmente inquieto e padre noncurante. A completare il quadro di questa opaca dinastia troviamo una pressoché inesistente nuora e due nipoti: un trentenne sbandato e una tredicenne dal visino innocente che nasconde distruttive pulsioni. Il cuore nero dei personaggi pulsa ancora sotto una carcassa sociale che, invece, sta inesorabilmente marcendo e quel finale, corrosivo e grottesco, rimanda indietro una storia (o la Storia?) come a riprodurre, infinite volte, un video che può essere guardato, riguardato, condiviso o cancellato.

Lo sguardo di Haneke, di cui conosciamo la chirurgica oggettività, si amplifica nelle immagini registrate dai dispositivi elettronici, che sviluppano un modo di guardare “seriale” in cui le immagini stesse vengono svuotate di drammaticità, di empatia, di valore… in una parola, di “senso”. Già nel lontano 1994, con 71 frammenti di una cronologia del caso, il regista austriaco aveva arditamente raccontato gli effetti (devastanti) della “riproduzione” della realtà (nella sua sostanza fattuale, sia di cronaca che di quotidiano), proseguendone l’indagine nell’inquietante Niente da nascondere (2005) in cui il “mistero” di una ripresa – nascosta, appunto – di una porzione di vita andava ben oltre il mero voyerismo per aprire scenari nerissimi, se non addirittura profetici, sul futuro dell’Occidente.

Michael Haneke

Happy end potrebbe considerarsi un’ideale epitome dell’opera ma, soprattutto, della visione hanekiana che rimanda ai capisaldi della sua po/etica. Non è un caso che Jean-Louis Trintignant (Georges) sia, ancora una volta, il padre di Isabelle Huppert come in Amour, al quale si fa un chiaro riferimento in una delle scene più intense del film, generando un corto circuito identitario in cui il nome della madre (Anne, interpretata da Emmanuelle Riva nel film del 2012) diventa adesso quello della figlia che lì si chiamava Eve, come la nipote adolescente (la giovanissima Fantine Harduin) con la quale l’anziano patriarca condivide una segreta quanto tragica consonanza.

Haneke osserva, con perizia da entomologo, l’attività sovente insensata di un’umanità che pare sgretolarsi proprio come quella parete del cantiere il cui franare, ripreso dall’occhio immobile di una telecamera di sicurezza, si fa fulgida metafora del contemporaneo. Il cinema del regista austriaco si pone, volutamente, ben oltre il territorio del giudizio scegliendo di esprimersi attraverso una rigorosa e limpida sintassi visuale, in cui ogni elemento viene inquadrato nella sua funzione significante.

Ciò che guardiamo accade ed è; attribuire a questo un significato fa parte quindi parte di un processo altro (ampiamente demandato allo spettatore) e successivo all’osservazione. Ed è da ciò, probabilmente, che deriva l’impressione spiazzante di quest’opera che – in apparenza – sembra meno crudele delle precedenti; tuttavia la macchina da presa di Haneke si addentra impietosamente nel meccanismo disfunzionale di una società che va in frantumi e per farlo, paradossalmente, ne mantiene la distanza da un punto di vista di implacabile veridicità. Che ci piaccia o meno, non riusciamo e non possiamo sottrarci a questo sguardo, né a volgerlo altrove per non posarlo sulle macerie – umane, sociali, affettive – dalle quali siamo circondati.

La famiglia Laurent è una tragica allegoria del presente in cui il passato (Georges) non riesce ad estinguersi e il futuro (Eve) non è in grado di esprimersi. E mentre il mondo si (ri)produce in una moltitudine di immagini ci si allontana sempre più dal reale per andare incontro ad un fittizio happy end che ha dell’ineluttabile.

© CultFrame 12/2017

TRAMA
La famiglia Laurent rappresenta la ricca borghesia di Calais. Il vecchio patriarca ha affidato l’azienda ai due figli, Anne e Thomas, ma mentre la prima è mossa da una totale ambizione, il secondo sembra più interessato alle proprie inquietudini personali che agli affari. I giovani della dinastia, il trentenne Pierre dedito alla bella vita e all’alcool e la tredicenne Eve, che nasconde pericolosi impulsi, non paiono destinati ad avere un futuro nella società del nonno che si avvia verso una inevitabile deriva, specchio di una società sempre più cinica e disumanizzata.


CREDITI

Titolo: Happy End / Titolo originale: Id. / Regia: Michael Haneke / Sceneggiatura: Michael Haneke / Fotografia: Christian Berger / Montaggio: Monika Willi / Scenografia: Nathalie Roubaud / Interpreti: Jean-Louis Trintignant, Isabelle Huppert, Mathieu Kassovitz, Fantine Harduin, Franz Rogowski, laura Verlinden, Toby Jones, Hassman Ghancy, Nabiha Akkari / Produzione: Arte France Cinéma, France 3 Cinéma, Les Films du Losange / Paese: Francia, 2017 / Distribuzione: Cinema / Durata: 110 minuti

SUL WEB
Filmografia di Michael Haneke

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