Funny Games. Un film di Michael Haneke

Chi ha il diritto di “fare” cinema? Crediamo chiunque. Il cinema è l’arte più popolare che esista e dunque appartiene a tutti. I registi più interessanti però sono sicuramente quelli che si sono avvicinati alla loro arte in modo genuino. Cominciando dalla necessità di approfondire questioni di forma oppure di proporre modelli narrativi o antinarrativi; comunque sempre nel tentativo di portare qualcosa di nuovo in un’arte che, soprattutto negli stati maggiori, come gli USA, sembra, dopo solo un secolo di vita, di aver detto tutto.
Nel panorama cinematografico ormai troviamo i più disparati artisti che vogliono misurarsi con questo linguaggio: uomini di teatro, scrittori, musicisti, artisti concettuali, pittori e persino direttori d’orchestra si sono avvicinati al mondo della celluloide con risultati a volte sorprendenti. Ma non sempre.


Michael Haneke ha studiato filosofia e psicologia prima di avvicinarsi alla critica cinematografica e successivamente alla regia; e questo pesa sulle sue pellicole. Anche se La pianista e Niente da nascondere sono gestiti in modo ammirevole e con un senso della misura che manca ad altre sue fatiche. Certamente la critica della visione e del mondo dell’entertainment che riscontriamo nelle due versioni, la prima del 1997 girata in Austria e adesso il remake americano, del suo film più famoso e controverso come Funny Games ha bisogno di un’attenta lettura o se preferite ri-lettura. D’altronde è stato proprio il regista a cominciare per primo firmando un film fotocopia che farebbe impallidire Psyco di Gus Van Sant. Ma se Van Sant doveva seguire le orme di un gigante come Hitchock, Haneke al massimo aveva tra le mani una cosuccia furba indegna della sua fama.


Funny Games-2008, versione lussuosa e con team di attori, superlativi (anche troppo) come Naomi Watts, Tim Roth e Michael Pitt, non aggiunge una virgola al film del 1997. Infatti, non si capisce il senso dell’operazione visto che già Funny Games, prima edizione, seguiva gli stilemi del cosi “odiato” cinema americano, solo per tradirli dopo con una furia inusitata. Ma per riuscire a criticare un cinema bisogna prima conoscerlo ed amarlo. E questo non è il caso di Haneke. E poi da dove nasce la rabbia di Haneke contro lo spettatore medio che accetta un cosi crudele gioco al massacro solo perché si aspetta l’immancabile happy end liberatorio? È, dunque, la furia di una persona che non ama il cinema e le sue regole perché non le capisce e avrebbe voluto dettarle lui.


Quando John Carpenter fa uccidere la bambina nel suo straordinario Distretto 13: la brigata della morte, è vero che tradisce l’aspettative del pubblico (d’altronde anche l’austero Hitchcock lo aveva fatto molti anni prima) ma la scena è così fulminea, breve e irreale che non ci rendiamo nemmeno conto della “amoralità” del fatto. Ciò che invece terrorizza lo spettatore in Funny Games non è la violenza gratuita, mai presente in maniera esplicita, ma l’immersione in una realtà che non ha alcun legame con la cosiddetta fiction, ed in cui i più efferati crimini vengono compiuti da due “bravi ragazzi”. Ma questo non ha niente a che fare con il cinema, arte poco realistica. Inoltre, nessuno ha il diritto di burlarsi delle regole del gioco facendo finta di accettarle. E poi Michael Haneke “dimentica” di raffreddare la sua materia, infatti tutto è angosciante, patologico e morboso, nella sua “critica” aspra alla società.

Perciò smettete di cercare l’eleganza pasolianiana in Teorema, la lucidità dei Kammerspiel, e le autoanalisi alla Buñuel contro la borghesia. Siamo piuttosto davanti ad un Martin Scorsese, un William Wyler o un John Huston che non sa (oppure a cui non interessa sapere) per dirla con Andrè Bazin, “Che cos’e’ il cinema”.


Il cinema è un’arte libera, ognuno ha diritto di fare l’uso che vuole e noi abbiamo la scelta di andare a vedere i film di Michael Haneke o meno. E’ il filosofo Haneke che ha deciso che il pubblico dei suoi film non debba avere scelta.


©CultFrame 07/2008

 

TRAMA

Come ogni anno quando arriva il periodo delle vacanze, Anne e George partono alla volta della loro tranquilla casa sul lago con il figlioletto Georgie. Anche i vicini sono lì ad aspettarli, pronti per un sfida a golf. La famiglia riceve però l’inaspettata visita di due giovani ragazzi, che con un banale pretesto riescono ad entrare in casa e a trasformare la vacanza della tranquilla famigliola in un terribile incubo.

 

CREDITI

Film: Funny Games / Regia: Michael Haneke / Sceneggiatura: Michael Haneke / Fotografia: Darius Khondji / Montaggio: Monika Willi / Scenografia: Kevin Thompson / Interpreti: Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Brady Corbet, Devon Gearhart / Produzione: Celluloid Dreams, Celluloid Nightmares, Dreamachine, Halcyon Pictures, Tartan Films, X Filme International / Distribuzione: Lucky Red / Paese: USA, 2008 / Durata: 108 minuti

 

LINK

Sito ufficiale del film Funny Games

Sito italiano del film Funny Games

Filmografia di Michael Haneke

Lucky Red

 

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