Madres Paralelas ⋅ Un film di Pedro Almodóvar ⋅ 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ⋅ Concorso

“È la disuguaglianza di fronte alla legge che ha fatto, e continua a fare, la storia reale, ma la storia ufficiale non la scrive la memoria, bensì l’oblio” così si è espresso l’intellettuale uruguayano Eduardo Galeano che ha dedicato una vita intera a riflettere sui meccanismi di costruzione e cancellazione della memoria storica denunciando insabbiamenti, menzogne, manipolazioni conseguenti alle dittature in America Latina. Pare quasi di segno opposto la citazione dello stesso Galeano con cui si conclude Madres Paralelas di Pedro Almodovar: “per quanto si tenti di zittirla, la Storia non è muta”. È interessante che lo stesso pensatore si possa prestare a esprimere nei confronti del rapporto tra Storia e giustizia un atteggiamento di amarezza o, al contrario, di speranza, come se in fin dei conti, la realtà non fosse altro che un labirinto di contraddizioni in cui siamo chiamati a districarci attraverso scelte il cui esito non è mai scritto in anticipo, né una volta per tutte.

Con Madres Paralelas, Almodovar esorta a operare contro l’oblio utilizzando tutti i mezzi scientifici, tecnologici, relazionali e intellettuali a nostra disposizione per scrivere la Storia e rendere giustizia alle vittime. In una scena, infatti, la protagonista quarantenne Janis (Penelope Cruz), prende per gli stracci l’amica appena maggiorenne Ana (Milena Smit) e la esorta a crescere, a informarsi su che cosa facessero i suoi famigliari durante la dittatura franchista per comprendere il passato e scegliere da che parte stare. Janis la sua scelta l’ha fatta ed è quella che dà al suo personaggio una ragione di agire ed evolvere nel corso della narrazione: i suoi avi, come tanti altri nel paesino spagnolo di cui è originaria, sono stati trucidati durante la guerra civile e sepolti in una fossa comune che nessuna istituzione si è mai fatta carico di dissotterrare. Ma l’ingresso nella sua vita di un antropologo forense, nonché la legge Zapatero sulla memoria storica, le danno modo di avviare e realizzare un progetto in cui il suo passato e quello del suo Paese si intrecciano trovando finalmente un risarcimento troppo a lungo atteso. Con buona pace di Mariano Rajoy, il cui nome viene fatto nel film, che ha deliberatamente scelto di non stanziare neppure un euro per scoperchiare le fosse comuni dissotterrate in tutta la Spagna e offrire compensazione morale e materiale ai discendenti delle vittime.

Fedele al suo linguaggio fatto di colpi di scena eclatanti, grandi pianti, sesso e sensualità, scene madri, madri iperprotettive e madri degeneri, Almodovar intreccia la pista storica con la pista sentimentale poiché Janis e il suo antropologo finiscono per innamorarsi e in un pomeriggio di passione in cui il vento gonfia le tende alle finestre come fossero delle vele, la loro storia salpa e prende il largo anche se non sarà sempre bonaccia. Janis resta incinta e in ospedale, mentre sta per partorire, divide la stanza e stringe amicizia con Ana. Le due donne sono antinomiche: l’una sta per avere un figlio che desidera e l’altra no, una sta per averlo fuori tempo massimo, l’altra è una gravidanza precoce. Separazioni, lutti, coincidenze e scherzi del destino all’insegna del parallelismo e della simmetria rovesciata le porteranno a diventare molto intime e a vivere uno di quegli intrighi sentimental-surreali tutti al femminile in cui il regista spagnolo eccelle.

Più passa il tempo è più viene da chiedersi se nonostante il suo gusto esuberante per il colore, per l’eccedenza melodrammatica, per una provocazione i cui ingredienti – sesso, droga e rock’n roll (o bolero) – a dire il vero sono talmente classici da aver cessato di dar scandalo ormai da decenni, il cinema di Almodovar non sia ormai riconducibile a quel che la critica anglosassone chiama heritage film e che in Francia si traduce con film patrimonial. Di solito la categoria si applica a drammi in costume che si accostano alla narrazione del passato storico di un certo paese con atteggiamento tanto estetizzante e edulcorato da reificarlo e servirsene come una vera e propria merce seducente spendibile sul mercato dei simboli e delle rappresentazioni nazionali. Madres Paralelas non è un film storico ma il suo fulcro è il processo elaborazione di una memoria storica condivisa condito con tutto un fiorire di feticci folclorici che vanno dalla tortilla di patate al Jamon Serrano, dalle foto delle nonne a Federico Garcia Lorca.

Almodovar ha incarnato lo spirito libertario della Spagna post-franchista quand’era l’enfant terrible della movida madrilena di fine anni Settanta. Oggi, dopo che quell’afflato lo ha portato ad essere un agiato autore di fama globale, può sembrare che abbia meno presa sul presente (a meno di considerare pertinenti in tal senso lo sfoggio di griffes e status symbol). Il suo film mostra comunque come le prove scientifiche (il dna) e le ricostruzioni forensi che forniscono un contributo importante alla memoria e alla giustizia, non possano dire tutto dei rapporti affettivi tra esseri umani, che non si accontentano del legame biologico e non accettano che la morte getti l’oblio su un’esistenza.

© CultFrame 09/2021

TRAMA
Janis non è più una ragazzina ma, come sua nonna e sua madre, è pronta a crescere da sola la bambina che inaspettatamente sta per mettere al mondo. In ospedale incontra Ana, poco più d’un’adolescente e rimasta incinta contro la sua volontà. Al momento del parto, i destini delle due donne s’incrociano unendole per sempre.

CREDITI
Titolo originale: Madres Paralelas / Regia: Pedro Almodóvar / Sceneggiatura: Pedro Almodóvar / Montaggio: Teresa Font / Fotografia: José Luis Alcaine / Scenografia: Antxon Gómes / Costumi: Paola Torres / Musica: Alberto Iglesias / Interpreti: Penelope Cruz, Milena Smit, Aitana Sánchez-Gijón, Israel Elejalde, Julieta Serrano, Rossy de Palma / Paese: Spagna / Produzione: Augustin Almodóvar, Esther Garcìa / Distribuzione: Warner Bros / Durata: 123 minuti

SUL WEB
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito

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