American Horror Story – Roanoke (stagione 6)

American Horror StorySin dalla prima stagione nel 2011 American Horror Story ha basato la propria forza su sorprendenti contrasti tematici e stilistici: il dramma più traumatico va di pari passo con l’ironia catartica e sovversiva del gusto camp, mentre la violenza e l’orrore sono accompagnati da una messa in scena così raffinata da far quasi passare in secondo piano la non indifferente quantità di sangue che invade buona parte delle inquadrature. Il sesto capitolo della celebre serie antologica prodotta da Ryan Murphy e Brad Falchuk, Roanoke, trasmesso negli Stati Uniti sul canale FX dal 14 settembre al 16 novembre 2016 e recentemente finito di andare in onda in Italia su Sky, spiazza invece per il suo evidente – oseremmo dire brutale – cambio di direzione. I dieci episodi di questa nuova, orrorifica avventura sono infatti privi della complessità visiva e delle suggestive contraddizioni che avevano caratterizzato le prime cinque stagioni. Qui l’unica, vera dicotomia è quella fra uno stile particolarmente scarno, diretto e, come vedremo a breve, una struttura narrativa stratificata.

Ci troviamo a Los Angeles, nel 2016. L’insegnante di yoga Shelby (Lily Rabe) e il rappresentante farmaceutico Matt Miller (André Holland) sono stati una coppia felicemente sposata che, dopo aver subìto una grave aggressione, avevano deciso di cambiare vita, allontanandosi da una metropoli sempre più violenta, soprattutto nei confronti delle minoranze (Matt è infatti un uomo di colore), e trasferendosi nel North Carolina, dove i due coniugi erano riusciti ad acquistare a buon prezzo una suggestiva fattoria coloniale immersa nei boschi. Ma dietro a quello che sembrava un nuovo, promettente inizio si nascondeva in realtà un incubo sempre più fagocitante, dato che la magione da loro comprata era infestata da strane presenze – fantasmi di uomini che, fra il 1585 e il 1590, avevano dato vita alla colonia inglese di Roanoke – capaci di tutto pur di scacciare i nuovi proprietari della casa. Un’infinita serie di eventi traumatici alla quale la coppia è riuscita quasi miracolosamente a sopravvivere, grazie soprattutto alla decisione (presa dopo non poco tempo) di abbandonare il luogo e di tornare nella Città degli Angeli. Niente, però, ormai, è veramente rimasto come prima per i due, i quali, in seguito agli orrori a cui sono stati sottoposti, hanno finito per lasciarsi. Una storia questa talmente clamorosa e fuori dal comune da aver spinto un famelico produttore a trasformarla in un progetto televisivo a metà fra una serie tv e un documentario, My Roanoke Nightmare, in cui Shelby è interpretata da un’attrice inglese, Audrey Tindall (Sarah Paulson), e Matt da un attore americano, Dominic Banks (Cuba Gooding Jr.).

American Horror Story

Il primo episodio di questa sesta stagione di American Horror Story inizia proprio con il frenetico alternarsi di realtà e finzione di My Roanoke Nightmare, che, oltre a riproporre gli incredibili, agghiaccianti eventi della coppia con attori professionisti direttamente negli stessi luoghi, include anche interventi di Shelby e Matt (e, in seguito, di parenti coinvolti nella vicenda, a loro volta interpretati da altri attori nella finzione), i quali, spesso ripresi in mezzo primo piano su uno sfondo scuro, raccontano alle telecamere alcuni dettagli del traumatico accaduto. Ma, come vedremo soprattutto dopo la quinta puntata, quello di Roanoke è un incubo lungi dal volersi dileguare facilmente, territorio sempre pronto a trasformare in vittime coloro che osano sostare troppo a lungo sulla sua superficie. Ecco, dunque, la complessa struttura narrativa cui si accennava sopra. A parte tale novità tutt’altro che priva di interesse, in Roanoke Ryan Murphy e Brad Falchuk ripropongono alcune situazioni presenti nella prima stagione, Murder House (la più amata dai fan insieme alla seconda, Asylum), in cui, a causa di terribili fantasmi, la casa sembra farsi brutalmente infinita, improvvisa trappola dove ogni angolo non si stanca di coltivare minacce tanto invisibili quanto mostruose. Niente di male nell’autocitarsi, né tanto meno nella citazione, elemento quest’ultimo di cui un prodotto suggestivamente postmoderno come American Horror Story ha fatto sempre ampio uso. Del resto non poche delle vicende in questa serie rimandano non soltanto a molti classici cinematografici dell’horror, ma anche all’immaginario del gotico americano.

Ciò che distingue principalmente questo affascinante progetto televisivo – oltre a dei memorabili personaggi femminili e a un modo coraggiosamente spudorato di raccontare il tema dell’omosessualità, perfettamente inserito in un contesto “dark” – è uno stile particolarmente ricco, caratterizzato da una riuscitissima commistione di horror, grottesco, meló e camp, capace di rendere quasi nuovi argomenti, contesti e luoghi già affrontati centinaia di volte sul grande e piccolo schermo. Una peculiare, preziosa commistione che stavolta viene invece clamorosamente a mancare. Ed ecco che, in Roanoke, senza questo memorabile stile, la casa infestata e l’intricato spettro del colonialismo in cui gli Stati Uniti rimarranno per sempre impigliati non sono più temi con cui instaurare uno stimolante dialogo da una prospettiva postmoderna, bensì soltanto anonime “presenze” déja vu. Rinunciando – si spera solo temporaneamente – a questa raffinata, smagliante impronta, i due produttori hanno privato la loro carismatica creatura televisiva del suo cuore pulsante, rendendola quasi priva di senso, fragile e inoffensiva nonostante la presenza di orrore, grida, violenza e sangue.

American Horror StoryLe esagitate riprese (in molti casi effettuate con macchina a mano e con degli smartphone), più che dipendere da una precisa scelta stilistica sembrano il frenetico frutto di una plateale, nervosa mancanza di idee, di un desiderio di portare a termine nel minor tempo possibile la stagione di una serie in cui Ryan Murphy non sembra più credere troppo, soprattutto in seguito all’abbandono della sua musa Jessica Lange dopo il quarto capitolo, Freak Show. Parallelamente, la violenza, non essendo sostenuta da una struttura visiva realmente solida come in passato, risulta essere a tratti così fuori luogo e priva di mordente da diventare quasi kitsch, naïf, mentre la feroce critica ai meccanismi perversi di certa televisione non fa in tempo a palesarsi che viene immediatamente risucchiata dal profondo vuoto creativo degli autori e dei registi, da questo confuso calderone di banalità.

Non mancano elementi, personaggi e momenti che, come miracolosi bagliori, riescono a ricordare il glorioso passato di American Horror Story (certi scorci suggestivamente inquietanti della casa, le brevi apparizioni della strega immortale Scáthach interpretata da Lady Gaga, alcuni raffinati flashback), ma, nel contesto di pacchiana sciatteria di Roanoke, sono alla fine perlopiù soltanto “spettri” di poco conto.

© CultFrame 01/2017


CREDITI

Titolo: American Horror Story – Roanoke / Ideatori: Ryan Murphy e Brad Falchuk / Produttori esecutivi: Ryan Murphy, Brad Falchuk, Tim Minear, James Wong, Bradley Buecker, Alexis Martin Woodall / Registi: Bradley Buecker, Michael Goi, Jennifer Lynch, Marita Grabiak, Nelson Cragg, Angela Bassett, Elodie Keene, Gwyneth Horder-Payton, Alexis O. Korycinski / Fotografia: Nelson Cragg, Jesse M. Feldman, Gavin Kelly / Montaggio: Justin Krohn, Lizzy Calhoun, Shelly Westerman, Danielle Wang, Ken Ramos / Casa di produzione: 20th Century Fox Television, Ryan Murphy Productions / Interpreti: Sarah Paulson, Lily Rabe, Cuba Gooding Jr., André Holland, Angela Bassett, Adina Porter, Evan Peters, Denis O’Hare, Wes Bentley, Cheyenne Jackson, Kathy Bates, Leslie Jordan / Origine: USA / Emittente tv USA: FX / Emittente tv Italia: Fox (Sky) Episodi: 10 / Anno: 2016/2017

SUL WEB
Fox. American Horror Story

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