Una storia sbagliata ⋅ Un film di Gianluca Maria Tavarelli

Ricomporre i pezzi di una vita. E di una morte. Il viaggio di Stefania in Iraq è un percorso a ritroso sui passi del suo amore scomparso, seguendo le orme nella cenere e nella sabbia. “Per il segno che c’è rimasto, non ripeterci quanto ti spiace, non ci chiedere più come è andata, tanto lo sai che è una storia sbagliata”. Nei versi della canzone di De Andrè, che dà il titolo al film e che Roberto canta nella prima scena, Tavarelli trova il preludio musicale per raccontare il tragico destino di una coppia.

Tornato al cinema a distanza di nove anni da “Non prendere impegni stasera”, il regista torinese si dimostra, ancora una volta, un sensibile cantore di sentimenti, capace di scrutare, con delicatezza e rispetto, nelle pieghe più nascoste ed intime del dolore, senza farne manifesto di sofferenza ma, al contrario, mostrarlo nelle ferite del quotidiano e nei momenti, anche i più insignificanti, che si fanno, invece, squarci profondi.

La storia di Stefania, infermiera pediatrica, e Roberto, militare impegnato in missioni sempre più frequenti e sempre più pericolose, è di quelle che scoccano come un dardo dritto al cuore: passionale, travolgente e piena di vita. In una città come Gela, soffocata dai malsani miasmi delle fabbriche che sembrano compromettere anche il sogno di avere un bambino, i due si amano in modo inebriante e sfacciato, nonostante le lunghe assenze di lui e i silenzi che seguono al suo ritorno.

Tavarelli scompone il loro percorso amoroso tra presente e passato, mostrando, via via, frammenti della loro vita in comune: il primo incontro, il sesso ardente, una sensuale complicità e tutte le possibilità di un futuro. Intarsi di esistenza che si alternano tra le gioie e le inquietudini del recente passato e il dolore, sordo e logorante, del presente. Per Stefania andare in Iraq è un passo necessario, forse un modo per dare un senso – ammesso che ne abbia – ad una perdita inaccettabile. In quel deserto, nell’ospedale dove si curano i bambini – quasi un avamposto di speranza – la donna non ha che uno scopo: guardare in faccia il proprio dolore calpestando quella terra che in esso l’ha fatta sprofondare. Stefania cerca, scruta, indaga ed è disposa a tutto pur di vedere con i suoi occhi ciò che Roberto vedeva, per tentare di comprendere cosa, ogni volta di più, lo spingeva a tornare in quel paese, da quella gente. Ed è proprio lì che, giorno dopo giorno, nello spazio ristretto e “protetto” del presidio ospedaliero, oltre il quale si spalanca il pericolo e l’ignoto, Stefania inizia, quasi suo malgrado, a capire. Muta e distaccata, pressoché impermeabile alla sofferenza che la circonda tanto è pietrificata dalla propria, la giovane infermiera rischia, in una specie di cieca incoscienza, la sua vita e quella di Khaleed l’interprete che si offre di aiutarla (almeno sulle prime, solo per denaro),pur di trovare la ragione del suo profondo patimento.

Tavarelli segue la sua protagonista in questo viaggio straziante e ci restituisce, senza retorica né ricattatori ammiccamenti, tutta la sua autentica carica umana fatta anche di egoismo e di durezza, di caparbietà e di una sorta di “follia”, per render vero e reale il personaggio che aderisce come una seconda pelle ad un’intensa Isabella Ragonese. Nella traiettoria degli sguardi il regista definisce i contorni del tragico, disegna il perimetro di sofferenza intorno a Stefania e a Roberto, ma anche a Khaleed e al suo popolo e quelle terre lontane sembrano sempre di più avvicinarsi, sovrapporsi come immagini speculari che riflettono le emozioni universali di paura e di speranza.

Una storia che parla della guerra vista da dentro, che racconta il conflitto nella trincea umana di chi lo subisce, il cui strazio è al di qua e al di là delle linee nemiche tracciate da qualcuno che impone la violenza bellica ai più che non la condividono o la comprendono. E in quegli estremi che si toccano non restano che le vittime – i morti e i vivi – uniti, ben oltre i confini geografici, da una comune speranza di pace, forse l’unica in grado di moltiplicarsi al di là delle differenze di lingua e di credo e in grado di riconoscere un’altra, a qualsiasi latitudine, in uno sguardo muto.

© CultFrame – Punto di Svista 06/2015

TRAMA
Stefania e Roberto sono due giovani sposi che vivono a Gela. Lei è infermiera pediatrica, lui un soldato. Durante la seconda guerra del Golfo Roberto parte frequentemente per missioni sempre più lunghe. Ogni suo ritorno, infatti, si fa sempre più breve e i suoi silenzi sempre più prolungati. Quando resterà vittima di un attentato in Iraq, Stefania si unisce ad una missione umanitaria diretta in quel paese. Un viaggio all’interno del suo dolore profondo che le spalancherà un nuovo mondo e dove incontrerà un’altra se stessa.


CREDITI

Titolo: Una storia sbagliata / Regia: Gianluca Maria Tavarelli / Sceneggiatura: Angelo Carbone, Leonardo Fasoli, Gianluca Maria Tavarelli / Interpreti: Isabella Ragonese, Francesco Scianna, Mehdi Dehbi, Stefania Orsola Garello, Nello Mascia / Fotografia: Marco Pieroni / Montaggio: Alessandro Heffler / Scenografia: Francesca Bocca / Produzione: Palomar con Rai Cinema / Distribuzione: Palomar Distribuzione / Italia, 2015 / Durata: 109 minuti

SUL WEB
Filmografia di Gianluca Maria Tavarelli
Palomar Distribuzione

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