Berlinale 2017 ⋅ 67° Festival Internazionale del Cinema di Berlino ⋅ Il programma

Uno dei festival cinematografici al mondo con il programma più articolato e più dislocato nella città: dal 9 al 19 febbraio la nuova edizione della Berlinale ripropone le sue differenti sezioni (Forum, Generation, Panorama, Native Cinema, Kulinarisches Kino, la competizione dei corti,…) accanto al Concorso principale che lo scorso anno premiò Fuocoammare di Gianfranco Rosi.

Nel 2017 l’Orso d’oro e gli altri riconoscimenti verranno assegnati da una giuria guidata dall’olandese Paul Verhoeven, reduce da un anno ricco di soddisfazioni per il suo Elle, e composta dagli attori Maggie Gyllenhaal, Julia Jentsch e Diego Luna (ancora nelle sale italiane in Rogue One), dall’artista islandese Olafur Eliasson, dalla produttrice tunisina Dora Bouchoucha Fourati, e dal regista cinese Wang Quan’an.

Ad aprire la manifestazione sarà il biopic Django di Etienne Comar, sceneggiatore e produttore affermato qui alla sua prima regia, con il jazzista Django Reinhardt (già omaggiato al cinema, tra gli altri, da Woody Allen) interpretato dall’attore francese di origini algerine Reta Kateb. Tra i titoli più attesi della selezione ufficiale c’è indubbiamente The Other Side of Hope di Aki Kaurismäki, secondo capitolo di una annunciata trilogia aperta da Miracolo a Le Havre  (2011) e dedicata all’incontro tra un rifugiato e la comunità di una piccola cittadina portuale: in questo caso, Kaurismäki torna a girare un film nella provincia finlandese con alcuni dei suoi attori più fedeli.

In competizione si segnalano Bamui Haebyun-eoseo Honja (On the Beach at Night Alone) di Hong Sangsoo, Return to Montauk di Volker Schlöndorff, Pokot (Spoor) di Agnieszka Holland, Ana, mon amour del rumeno Călin Peter Netzer, già Orso d’oro 2013 con Il caso Kerenes, Teströl és lélekröl (On Body and Soul) dell’ungherese Ildiko Enyedi,

Una Mujer Fantástica del cileno Sebastián Lelio, Colo della portoghese Teresa Villaverde ma anche The Dinner del regista israeliano Oren Moverman con Richard Gere, Laura Linney, Steve Coogan, Rebecca Hall e Chloë Sevigny e il nuovo film di Sally Potter, The Party, con un cast di richiamo che annovera Patricia Clarkson, Bruno Ganz, Emily Mortimer, Cillian Murphy, Kristin Scott Thomas, Timothy Spall.

Nessun italiano, dunque, nel concorso principale ma Orso d’oro alla carriera alla costumista Milena Canonero, di origini torinesi, premiata già con quattro Oscar e autrice dei costumi di Arancia meccanica e Barry Lyndon di Stanley Kubrick, di Momenti di gloria, Marie Antoinette e Grand Budapest Hotel di Wes Anderson con cui venne a Berlino pochi anni fa. Fuori concorso c’è invece l’ultima opera di Luca Guadagnino, produzione italo-francese Chiamami con il tuo nome, insieme, tra gli altri, al nuovo film iberico di Penélope Cruz, La Reina de España, diretto da Fernando Trueba, Le jeune Karl Marx di Raoul Peck con August Diehl nella parte del filosofo, Final Portrait di Stanley Tucci con Geoffrey Rush che interpreta Alberto Giacometti.

Nella sezione Panorama e Panorama Dokumente, particolarmente attente al cinema GLBT, si vedranno gli ultimi lavori di autori come Travis Mathews o Bruce LaBruce ma anche l’attesissimo documentario sullo scrittore James Baldwin (1924-1987) I’m not your negro di Raoul Peck che parte dall’ultimo, incompiuto Remember this House, per tracciare il ritratto di un intellettuale capace di rivelare, attraverso la sua vita e il suo impegno civile, i meccanismi che regolano l’esclusione e la costruzione identitaria degli afroamericani negli Stati Uniti di oggi come di allora.

In Forum, sezione più sperimentale, il tema dominante sarà quello del rapporto tra reale e surreale con particolare riferimento alla rappresentazione del paesaggio attraverso film come El teatro de la desaparición dello scultore e artista plastico Adrián Villar Rojas che ricerca in diversi ambienti in giro per il mondo tracce visive di una guerra latente; Streetscapes [Dialogue] di Heinz Emighol che indaga nel profondo del rapporto tra soggetto e difficoltà creative fondendo pratica analitica ed esplorazione architettonica mentre in El mar la mar Joshua Bonnetta e J.P. Sniadecki osservano la frontiera tra Messico e Stati Uniti a partire dal deserto del Sonoran con una 16mm.

Tra gli eventi previsti fuori delle sale, c’è anche l’istallazione di Amos Gitai ospitata dalla galleria SAVVY Contemporary, intitolata The Law of the Pursuer in cui il regista ritorna sulla drammatica uccisione del Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin, come già nel suo film Rabin, the Last Day (2015).

© CultFrame 02/2017

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