Fuocoammare. Un film di Gianfranco Rosi

Gianfranco RosiDopo il clamore suscitato dal Leone d’oro assegnato nel 2013 a Sacro GRA, per il suo nuovo film Gianfranco Rosi ha trascorso un lungo periodo a Lampedusa e ha scelto di raccontare la vita su di un’isola che negli ultimi anni è diventata l’emblema della frontiera che ancora separa l’Europa dal Sud del Mediterraneo e dal Medioriente. Seguendo il dodicenne lampedusano Samuele, la sua famiglia, il lavoro dei soccorritori di barconi, che cercano di far fronte a un’emergenza umanitaria oramai permanente, la camera di Rosi compone un affresco in cui sembra dominare la separatezza tra la vita degli isolani, per lo più pescatori, e quella dei migranti e di chi li aiuta a sbarcare su questo estremo avamposto del continente europeo, più vicino alle coste africane che a quelle italiane.

Eppure, il film mostra chiaramente come le esistenze degli uni e degli altri siano sempre condizionate dal mare. E, a un certo punto, emerge dal puzzle composto da Rosi una figura di congiunzione tra i due gruppi, quella del medico responsabile della ASL dell’isola, Pietro Bartolo, che cura tanto gli abitanti di Lampedusa quanto i nuovi arrivati in transito; anche se talvolta può soltanto eseguire autopsie, come dice in una sequenza che il regista ha dichiarato d’aver girato poche settimane prima di presentare pubblicamente il suo film alla 66a Berlinale.

Gianfranco Rosi

Al di là dell’aggiunta di questa scena, conforme a canoni documentaristici più classici del resto del film perché in essa il dottore si rivolge a un uditore identificabile con Rosi stesso, già l’incontro tra il giovane Samuele e il medico a cui il bambino confida di avere qualche sofferenza respiratoria probabilmente legata a una forma d’ansia può rivelare agli spettatori più attenti che le immagini di vita quotidiana degli isolani fin lì mostrate celavano un sentimento latente di inquietudine: Samuele che si costruisce una fionda, come hanno fatto prima di lui generazioni e generazioni di siciliani (e non solo); Samuele che sperimenta la vita in mare sentendosi male su di un peschereccio e non riuscendo a governare una barca a remi; Samuele che gioca alla guerra anche quando, dopo che gli viene diagnosticato un occhio pigro, deve coprire quello sano; sua nonna che rievoca gli anni in cui le navi da guerra accendevano il mare di luci, da cui l’espressione “Fuocoammare”, anche titolo di una canzone siciliana che la donna dedica al marito pescatore tramite la radio locale; le navi militari che solcano attualmente quelle acque, incaricate di intercettare i barconi dei migranti.

Infine, è soltanto nell’ultima parte del film che Rosi arriva a mostrare in modo diretto e terribile le lacrime e i corpi dei migranti ‘recuperati’ da un barcone abbandonato in mare aperto, al cui soccorso il regista ha assistito personalmente. In questa parte del film, che fa più effetto in rapporto alla leggerezza apparente di molte scene precedenti, Rosi si espone al rischio di mostrare tutto l’osceno di quella tragedia per documentare come le imbarcazioni che lasciano la Libia contano oramai di essere intercettate dai mezzi preposti e sono quindi del tutto prive dell’equipaggiamento necessario per raggiungere autonomamente la terra, mettendo così ancora più in pericolo la vita delle persone che vi si affollano.

Gianfranco RosiNegli ultimi anni, numerosi altri registi hanno realizzato film su e a Lampedusa e alcuni di essi, mostrando ancora meno di quanto si vede in Fuocoammare, hanno saputo raccontare i luoghi e le peripezie degli sbarchi con forza e originalità almeno pari a quelle di Rosi, filmando per esempio i cimiteri dei barconi abbandonati, il Museo delle Migrazioni di Lampedusa e Linosa, usando i video girati dai migranti stessi con i loro telefonini o sostituendo alle immagini degli sbarchi consumate dalla cronaca disegni animati e sequenze in formato ridotto girate sull’isola come ha fatto la giovane Francesca Cogni in Sui bordi. Dove finisce il mare (2013).

Dal canto suo, Rosi ha voluto legittimamente distinguersi da tutte queste opere filmando in modo fotograficamente impeccabile una Lampedusa plumbea e quasi esclusivamente invernale, evitando ogni didascalismo, osservando soprattutto l’altra faccia delle tragedie che ogni giorno si consumano nel Mediterraneo (la vita dei lampedusani più che quella dei migranti che transitano nell’isola come fantasmi senza entrare quasi mai in contatto con loro) e conservando l’ironia affettuosa che caratterizza il suo sguardo sulle persone che diventano i suoi personaggi. Purtroppo, è molto difficile che tali buone intenzioni smuovano le coscienze e la storia verso direzioni diverse da quella attuale, a cui l’occhio pigro dell’Occidente continua ad assistere impotente.

© CultFrame 02/2016

TRAMA
Samuele ha dodici anni e vive su di un’isola, Lampedusa, al centro di un fenomeno migratorio di portata mondiale che negli ultimi due decenni ha portato più di 400000 persone a cercare di sbarcare su quest’ultimo avamposto del continente europeo. La vita sembra comunque procedere in modo ordinario nella famiglia di Samuele e anche nelle operazioni di salvataggio dei barconi, un’emergenza oramai divenuta permanente.


CREDITI

Titolo: Fuocoammare / Regia: Gianfranco Rosi / Assistente alla regia: Giuseppe Del Volgo / Soggetto: Gianfranco Rosi da un’idea di Carla Cattani / Fotografia: Gianfranco Rosi (correzione colore di Luca Bigazzi) / Montaggio: Jacopo Quadri / Interpreti: Samuele Pucillo, Mattias Cucina Giuseppe Fragapane, Pietro Bartolo / Produzione: 21 Uno Film, Stemal Entertainment, Rai Cinema, Istituto Luce, Les Films d’ici, Arte Cinema / Italia, Francia, 2016 / Distribuzione: 01 Distribution / Durata: 108 minuti

SUL WEB
Berlinale 2016. 66° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il programma
Berlinale – Il sito
01 Distribution

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