L’ottusità del potere teocratico e lo spettro dell’antisemitismo cristiano. Rapito, un film di Marco Bellocchio

La vicenda del piccolo Edgardo Mortara, avvenuta quando ancora lo Stato Pontificio estendeva il suo dominio fino a Bologna (poco dopo la metà del XIX secolo), rappresenta un passaggio tristemente emblematico relativo alla questione dei rapporti tra la Chiesa Cattolica (e più in generale il Cristianesimo) e il mondo ebraico.

È inutile che io mi soffermi ora sul racconto che concerne il terribile abuso che fu perpetrato ai danni della famiglia ebraica bolognese dei Mortara e soprattutto  nei confronti di Edgardo (che troverete nella trama).  Il problema infatti, al di là dell’atroce faccenda specifica, ha una risonanza più ampia e fa riemergere con forza alcuni elementi che ora vi elencherò: l’oppressione che la Chiesa Cattolica, nella sua declinazione istituzionale e politica (lo Stato Pontificio), ha esercitato sulle comunità ebraiche  (e non solo) presenti nel suo territorio, l’ossessione nefasta per l’ortodossia religiosa, gli aspetti più deteriori e squallidi dell’indottrinamento confessionale e ideologico esercitato su persone indifese, la brama di potere e di controllo. In tal senso Rapito, il film di Marco Bellocchio presentato al Festival di Cannes 2023, si configura non solo come un apparato visuale-narrativo di ricostruzione storica ma come un vero e proprio saggio filosofico-cinematografico imperniato sui temi che ho sopra elencato.

Figura centrale non è solo, ovviamente, quella di Edgardo Mortara, trasformato tragicamente da bambino ebreo a vero e proprio “soldato del Dio cattolico-cristiano”, ma anche quella di Pio IX, Papa regnante sullo Stato Pontificio che viene dipinto da Bellocchio in modo molto netto. È apparentemente pacato e amorevole ma anche capace di  applicare orrende punizioni e vere e proprie vessazioni nei confronti, ad esempio, degli ebrei romani. Pio IX è stato un Pontefice controverso: da un lato agiva da riformista, anche nei riguardi del mondo ebraico e della libertà di espressione, dall’altro aveva comportamenti molto discutibili, per esempio nei riguardi dell’uso spregiudicato della pena di morte e dello strumento della repressione nei confronti di coloro i quali avrebbero potuto mettere a repentaglio il suo dominio.

Marco Bellocchio, come suo solito, cerca di evidenziare tali contenuti attraverso un linguaggio di notevole forza espressiva. Molte sequenze del suo film procedono grazie a una carica comunicativa quasi espressionistica (ma mai volgarmente basata sulle emozioni), temperata dalla misura, nell’ambito della recitazione, che il regista ha voluto dai suoi eccellenti interpreti.
La musica gioca un ruolo significativo e forse in qualche caso risulta fin troppo presente ma il centro dell’operazione d’autore messa in atto da Bellocchio riguarda la strutturazione di alcune scene, quasi degli affreschi  chiusi, che racchiudono ripetutamente il senso dell’intero film. Ecco alcuni esempi: l’allucinazione lucida di Edgardo Mortara (già “confinato” nel Collegio dei Catecumeni a Roma) in cui il piccolo immagina di liberare mani e piedi di un Cristo crocifisso e di vederlo andare via, l’incubo di Pio IX durante il quale sogna di essere circonciso (da adulto) da esponenti della Comunità Ebraica Romana, l’umiliante punizione inflitta sempre da Pio IX al già quasi prete Edgardo, il quale è costretto  a tracciare tre croci con la lingua sul pavimento, il mortificante atto di sottomissione (baciare i piedi del Papa) a cui sono obbligati i rappresentanti dell’ebraismo romano nei riguardi di Pio IX.

La stupidità del potere, l’ossessione religiosa e politica, la violenza mentale, la prevaricazione, la manipolazione psicologica e umana, la paura ingiustificata dell’altro, l’atavica e terribile questione dell’antisemitismo di matrice cristiana.
Quella di Bellocchio, tramite il caso Mortara, è una potente riflessione intellettuale su modelli esistenziali, culturali e politici che non bisogna mai dimenticarsi di stigmatizzare. Dunque, non  si deve cadere nell’errore  di storicizzare tali modelli, non bisogna allontanarli da noi in modo consolatorio e autoassolutorio, bisogna invece cercare di farli emergere attraverso l’attualizzazione del passato nel presente, cioè attraverso la memoria.
Al di là, dell’abuso mediatico che viene fatto di questa parola, appare necessario recuperarne il suo valore reale oggi, più che mai. E senza ombra di dubbio, Marco Bellocchio l’ha fatto con rigore ed evidente sapienza espressiva.

© CultFrame 05/2023

 

TRAMA
1857. Bologna. Stato Pontificio. Il bambino ebreo Edgardo Mortara viene prelevato dalla Gendarmeria papale e sottratto con forza alla famiglia. In brevissimo tempo viene trasportato fino a Roma presso il Collegio dei catecumeni, luogo di severa educazione riservato agli ebrei sottoposti al processo di conversione al cristianesimo. L’Inquisizione bolognese, venuta a sapere dello pseudo battesimo casalingo e segreto effettuato su Edgardo (all’età di sei mesi) da una domestica cristiana (non in presenza dei genitori), applicò una norma secondo cui un bambino cristiano non sarebbe potuto crescere in una famiglia ebraica.
La famiglia Mortara provò in tutti i modi a ottenere giustizia e la restituzione del figlio ma non vi riuscì. Il caso ebbe enorme risonanza mondiale e gettò una luce oscura su Pio IX  e lo Stato Pontificio.
Alla liberazione di Roma nel 1870, Edgardo ormai totalmente indottrinato e plagiato rifiutò di tornare in seno alla famiglia ebraica di origine e continuò la sua vita da cattolico, come prete, fino alla morte avvenuta in un monastero belga nel 1940.  

CREDITI
Titolo: Rapito/ Regia: Marco Bellocchio/ Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Susanna Nicchiarelli/ Fotografia: Francesco Di Giacomo/ Montaggio: Francesca Calvelli, Stefano Mariotti/ Interpreti: Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala, Leonardo Maltese, Fabrizio Gifuni/ Produzione: IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema, Ad Vitam Production, The Match Factory Anno: 2023/ Distributore: 01 Distribuito / Paese: Italia, Francia, Germania / Durata: 134 minuti

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