Indivisibili ⋅ Un film di Edoardo De Angelis

Viola e Dasy non sono solo sorelle, sono gemelle identiche e indivisibili, unite al bacino per una bizzarria della Natura che le ha legate (forse per sempre) l’una all’altra. Sono giovani, sono belle e, nonostante sembrino speculari, hanno in realtà caratteri e sogni diversi. Due corpi e due anime, insomma, che pur nell’impossibilità fisica di separarsi inseguono, almeno con l’immaginazione, differenti chimere. La loro particolarità è la fonte di sostentamento dell’intera famiglia che le “esibisce” alle feste e ai matrimoni, in cui la loro presenza straordinaria suscita financo atteggiamenti fanatici e superstiziosi.

Edoardo De Angelis, al suo terzo lungometraggio dopo Mozzarella Stories e Perez, maneggia una materia difficile e delicata come quella della diversità ma, soprattutto, della sua spettacolarizzazione. Il regista partenopeo colloca, ancora una volta, i suoi personaggi in quel territorio magmatico e lacerato che è Castelvolturno, tra agglomerati scomposti che fungono da spazi abitativi in cui il mare sembra farsi spazio a fatica tra i mattoni e il cemento. Ed è lì che Viola e Dasy illuminano lo squallore di un degrado che si è fatto modus vivendi, tanto radicato da diventare “normale”. Le canzoni scritte da Peppe, il loro padre-padrone-impresario, sono “cupe e tristi” come lui ma nella voce delle gemelle sembrano farsi canto libero di giovinezza che copre la mestizia e la bruttezza.

Il film di De Angelis è fondamentalmente un’opera prismatica dalle cui diverse sfaccettature si riverbera un’idea di vita e di cinema. Il racconto realistico e la favola si mescolano, infatti, in una narrazione che attinge al tragico e al grottesco, in cui risuonano, sì, gli echi di quella crudezza sublime che appartiene a certi film di Garrone e di Ferreri ma che sa sapientemente affrancarsi da ogni (inevitabile) paragone per trovare la propria strada e tracciare un peculiare sentiero drammatico. Il tema del doppio, la cui potenza simbolica da sempre si presta all’interpretazione artistica e non, si salda qui a quello altrettanto fondante della separazione, intesa sia come abbandono, sia come diversità.

Edoardo De Angelis
Viola e Dasy, le cui sembianze fuori dal comune ne fanno uno spettacolo vivente – al quale il pubblico assiste con quel misto di curiosità e timore che suscitano certe presenze considerate “aliene” –  sono soprattutto due giovani donne che scoprono i turbamenti della crescita, i primi palpiti amorosi, quelle sensazioni strane e nel contempo terribili, che affiorano appena si lascia l’età dell’infanzia. Mentre una si ostina ad aggrapparsi, letteralmente, alla sorella, l’altra avverte il bisogno di essere, finalmente, da sola e quando un medico paventa loro la possibilità di poterle separare, la vita delle gemelle si trasforma per sempre. Ancor prima di capire se realmente possono sottoporsi all’intervento, per le due sorelle l’esistenza muta di segno: non segue più una traiettoria routinaria e prestabilita da percorrere insieme ma si apre a nuove e diverse strade, che potrebbero portarle lontano. Anche l’una dall’altra.

De Angelis si concentra sulla lacerante dicotomia di un’unità emotiva raccontando il percorso doloroso delle due ragazze, la loro lotta strenua contro una famiglia che le considera un “buon affare”, un padre irascibile e dissennato, una madre stordita dal fumo, un discografico che le guarda come due freak sulle quali lucrare e un prete che le fa “sante” per incrementare la questua dei fedeli.

Edoardo De Angelis

Il sentiero di Viola e Dasy è lastricato di cattive intenzioni (degli altri) e di desideri brucianti (i loro) e lo percorreranno fino in fondo, pagando il prezzo più alto della separazione, ovvero quello della consapevolezza di dover esistere da sole. Angela e Marianna Fontana infondono ai loro personaggi un’intensità autentica che in alcuni momenti si fa straziante ed esprime il dramma profondo di quel rapporto simbiotico di cui sono prigioniere e di fronte al quale il rigore registico sembra, sul finale, avanzare con quel passo incerto che appartiene, altresì, all’ansiosa indeterminatezza del “nuovo”.

De Angelis, rifuggendo da ogni intento ricattatorio o ancor peggio folkloristico, disegna intorno alle protagoniste un ambiente in cui all’umanità (s)fatta di becero egoismo si contrappone un variopinto melting pot di colori, culture e accenti in cui le gemelle, portatrici sane di bellezza e di innocenza, assurgono al rango di madonne laiche in un bislacco presepe senza Dio.

In Indivisibili confluiscono racconto e fiaba, cinema e antropologia per comporre il quadro sfaccettato di una terra di confine che non è solo spazio geografico ma un microcosmo etico/mitico in cui grazia e orrore hanno uguale cittadinanza.

© CultFrame 10/2016

TRAMA
Viola e Dasy sono due gemelle siamesi diciottenni che cantano alle feste e alle ricorrenze religiose e, grazie a questa redditizia attività, mantengono tutta la famiglia. Un giorno, però, un medico dice loro che si possono dividere chirurgicamente e la notizia sconvolge completamente la vita delle sorelle. Il loro sogno di “normalità” sembra essere a portata di mano ma rinunciare a quell’indivisibilità alla quale appartengono dalla nascita sarà difficile e doloroso.


CREDITI
Titolo: Indivisibili / Regia: Edoardo De Angelis / Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Barbara Petronio, Edoardo De Angelis / Fotografia: Ferran Paredes Rubio / Montaggio: Chiara Griziotti / Scenografia: Carmine Guarino / Musica: Enzo Avitabile / Interpreti: Angela Fontana, Marianna Fontana, Antonia Truppo, Massimiliano Rossi, Tony Laudadio, Gaetano Bruno, Peppe Servillo / Produzione: Tramp Limited, O’Groove / Distribuzione: Medusa / Paese: Italia, 2016 / Durata: 100 minuti

SUL WEB
Filmografia di Edoardo De Angelis
Medusa

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