Bella e perduta ⋅ Un film di Pietro Marcello

Presentato in concorso al Festival di Locarno 2015 e come evento di pre-apertura del 33° Torino Film Festival, il nuovo lungometraggio di Pietro Marcello è germogliato da un progetto più ampio che in origine doveva ripercorrere le orme del Viaggio in Italia di Guido Piovene attraverso diverse regioni della nostra penisola. Il regista casertano aveva voluto iniziare questo viaggio dalla Campania, da una terra e da un luogo a cui è particolarmente legato fin da ragazzo come la stupenda ma disastrata Reggia borbonica di Carditello, da tempo in abbandono, a cui ha infine dedicato l’intero film.

Bella e perduta, come la patria nel Nabucco di Verdi, è dunque la terra di Carditello, un tempo fertile al punto da garantire tre raccolti l’anno ma oggi immiserita da anni di malaffare e di rinuncia delle nuove generazioni al lavoro agricolo. Bella e perduta è la reggia, più volte saccheggiata e circondata di discariche abusive, recentemente al centro di un progetto di salvataggio avviato dall’allora Ministro Bray. Una terra e una reggia che assurgono a emblema della bellezza (grande e piccola) del così detto “bel paese”, una bellezza strenuamente difesa dall’“angelo di Carditello”, il pastore Tommaso Cestrone che per tre anni ha pulito e difeso il real sito da camorristi e vandali.

La morte improvvisa di quest’uomo, avvenuta nella notte di Natale del 2013, proprio nel periodo in cui Marcello lo aveva iniziato a filmare e a intervistare per il suo film, hanno costretto il regista e il suo sceneggiatore Maurizio Braucci a un nuovo detour del soggetto: l’inchiesta su Carditello e il film-ritratto di Tommaso sono quindi soltanto il substrato di ciò che è oggi Bella e perduta, un’opera che a partire dal reale contemporaneo costruisce un tessuto di rimandi all’arcaico e al fiabesco con una messa in scena che alterna l’uno e l’altro registro.

Infatti, il film si apre con un prologo suggestivo che introduce il personaggio-guida dell’opera, un Pulcinella in maschera, da sempre mediatore tra il mondo dei vivi e quello dei morti, che dovrà dar voce al giovane bufalo soccorso da Tommaso prima della sua scomparsa in modo da tramandare così la sua storia e la sua figura. Poiché i bufali servivano un tempo l’uomo nei campi ma oggi hanno un “valore” le sole femmine che danno latte, il giovane maschio divenuto servo inservibile e il Pulcinella che lo accompagna dalla Campania alla Tuscia riproducono e dislocano nelle regioni circostanti il rapporto tra Tommaso e la Reggia, rivelandoci al contempo che sono entrambi alla ricerca di una liberazione forse impossibile. D’altronde, anche quando nel finale Pulcinella si toglie la maschera prendendo coscienza della sua condizione di servo dei morti, pur nel richiamo forte a una solidarietà tra gli uomini, non si assiste a una palingenesi vera e propria.

Per Marcello potranno avere ragione del mondo (e dell’uomo) soltanto la terra e la natura, come lasciano intendere anche le parole pronunciate in una sequenza del film da un’apparizione femminile che incarna Anna Maria Ortese: “Qui il pensiero non può che essere servo della natura”, scrisse l’autrice in Il silenzio della ragione (da Il mare non bagna Napoli). Iscrivendosi in un solco poetico che rinvia cinematograficamente a Pasolini e Bresson, Marcello e Braucci hanno dunque composto una partitura eminentemente poetica per tenere insieme sia in scrittura sia al montaggio materiali eterogenei accostati in modo al tempo stesso libero e rigoroso.

Sul piano visivo, Marcello riesce coraggiosamente a tenere insieme le soggettive del bufalo realizzate con una vecchia macchina da presa a manovella, le carrellate nei prati davanti alla Reggia, alcuni inserti provenienti da archivi amatoriali e altre varie riprese in differenti formati. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora comprendente prevalentemente musica classica che più che ri-formalizzare il “selvaggio” della natura e del cast di non attori contadini e pastori ha lo scopo di sostenere il gusto prettamente poetico che detta l’andatura e lo sviluppo del film. Molti spettatori disabituati a opere del genere troveranno difficile sintonizzarvisi, se non accetteranno fin dall’inizio della proiezione di lasciarsi andare alle suggestioni proposteci da un regista che è anche autore, operatore e produttore di un film molto stratificato ma che racconta il suo mondo e la sua idea di cinema in maniera molto più semplice e diretta di quanto possa sembrare.

© CultFrame 11/2015
Film presentato al 33° Torino Film Festival

TRAMA
Nel bel mezzo della “terra dei fuochi”, tra la linea TAV e le discariche abusive, sorge la residenza borbonica della Reggia di Carditello, che il pastore Tommaso Cestrone ha ripulito e salvato con il suo lavoro da anni di incuria e di degrado. Scomparso Tommaso, a poche settimane dall’annuncio dell’acquisto del sito da parte del Ministero, un Pulcinella viene inviato sulla terra per esaudire le sue ultime volontà accompagnando a una nuova casa il bufalo che Tommaso, poco prima di morire, aveva trovato abbandonato e accudito.


CREDITI

Titolo: Bella e perduta / Regia: Pietro Marcello / Sceneggiatura: Pietro Marcello, Maurizio Braucci / Interpreti: Sergio Vitolo, Gesuino Pittalis, Tommaso Cestrone e la voce di Elio Germano / Fotografia: Pietro Marcello, Salvatore Landi / Montaggio: Sara Fgaier / Produzione: Avventurosa / Italia, 2015 / Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà / Durata: 86 minuti

SUL WEB
Sito ufficiale del film Bella e perduta di Pietro Marcello
Punto di Svista – Arti Visive in Italia. La bocca del lupo. Un film di Pietro Marcello
Filmografia di Pietro Marcello
Torino Film Festival – Il sito

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