Michael Moore

michael_moore-bowling_for_columbineMichael Moore. 23 aprile 1954 (Flint, Michigan, Usa)

Michael Moore è da alcuni anni l’autore di film documentari maggiormente riconosciuto dal pubblico statunitense e dal grande pubblico internazionale. Allo stesso tempo, il suo approccio al genere documentario è uno dei meno convenzionali e dei più criticati della storia del cinema. Tra gli elementi più caratteristici delle opere di Moore vi è infatti una sapiente manipolazione delle immagini che di fatto mescola fiction e non-fiction ottenendo una mistura spesso irriverente che è stata anche definita docucomedy.
Inoltre, il lavoro del regista può dirsi ibridato da codici e forme di derivazione televisiva, in primis per la presenza costante dello stesso autore nei film e nei programmi televisivi che ha condotto e diretto. Moore appare sempre a incarnare in modo palese il proprio sguardo, il proprio punto di vista, giocando frequentemente con una sorta di “effetto reality” che questa messa in scena suscita nello spettatore, indotto così a credere più facilmente a quanto gli viene mostrato. Ci pare questa la sua vera cifra distintiva, più ancora di quella della manipolazione, comune a chiunque faccia cinema.

Tali accortezze non sono del tutto inedite nel reportage televisivo, ma sono state trasferite da Moore nelle sue opere cinematografiche con un successo senza precedenti, che com’è noto ha portato il regista ad aggiudicarsi un Oscar (per Bowling for Columbine) e una Palma d’oro (per Fahrenheit 9/11), a fare uscire i suoi film in tutto il mondo, e anche a creare un mercato internazionalmente più disponibile al genere documentario e alle sue diverse declinazioni, tradizionalmente poco distribuite nelle sale.

michael_moore-capitalism_a_love_storyL’ultimo film di Moore, Capitalism: A Love Story (2009), è stato presentato con tutti gli onori nel Concorso dell’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Data l’attualità del soggetto, la crisi economica che di fatto ha dato ragione all’antico scetticismo del regista verso il neo-capitalismo finanziario e alle sue campagne anti-corporation, vi era grande attesa per questa nuova opera, come conferma anche la contemporanea uscita in libreria de Il Castoro Cinema  Michael Moore di Federico Ferrone, un volume prezioso che ripercorre tutta la filmografia dell’autore fino appunto a questo suo ultimo film. Tuttavia, la pellicola non ha avuto granché successo ai botteghini, né in patria né in Italia.
La parabola del fustigatore di “Stupid White Men” (dal titolo di uno dei molti libri che Moore ha firmato dopo il successo di Bowling for Columbine) è dunque giunta a conclusione, in una neanche tanto paradossale corrispondenza con quella del suo antagonista Bush Jr.? Proviamo a capire perché la risposta a questa domanda potrebbe essere positiva.
Come si è detto, la principale caratteristica di ogni azione, televisiva e cinematografica, di Moore è sempre stata la propria auto-rappresentazione. Buona parte della presa che i suoi film hanno saputo avere sul pubblico si deve senz’altro a questo punto di vista dell’uomo (americano) qualunque che l’autore esibisce fin dal suo esordio. Roger & Me (1989) è un film che chiarisce fin dal titolo come l’autore voglia raccontare una “questione personale” tra se stesso e il Presidente della General Motors, Roger Smith. Tutta l’opera è quindi costruita sull’inseguimento del regista al top manager, che sembra irraggiungibile e senza cuore.
Come aveva cercato di dimostrare lo stesso Smith all’epoca dell’uscita del film, questa sorta di caccia all’uomo è stata abilmente costruita, in modo funzionale, da Moore, che ha in realtà avuto modo di parlare al Presidente in diverse occasioni. Questi e altri tradimenti a una presunta regola documentaria sono ricostruiti anche nel film Manufacturing Dissent (2008) di Debbie Melnyk e Rick Caine, due ammiratori canadesi del regista di Flint, che analizzano le sue opere e lo seguono per due anni cercando invano di strappargli qualche dichiarazione sulle libertà che l’autore Moore si prende nel creare i propri film.

michael_moore-fahrenheit_9_11Già da alcuni anni Moore è quindi un autore e un attivista politico: non è più quell’uomo qualunque, quel semplice self made man che si era guadagnato la simpatia di molti spettatori. Anche in Capitalism: A Love Story (2009), a vent’anni di distanza dal suo primo film, il regista ripropone la propria cronologia familiare operaia, mostrando poi come licenziamenti, sfratti e soprusi non siano più solo un problema di Flint ma dell’intero paese. È innegabile che il discorso di Moore sia ben costruito e funzioni. Ma da quando ha iniziato ad attaccare frontalmente l’amministrazione Bush, e da quando ha ottenuto tanti riconoscimenti per il suo lavoro, la persona e il personaggio Moore si sono evoluti in qualcosa di diverso: qualcosa di più simile a quel Captain Mike Across America, impegnato in continui tour di propaganda elettorale anti-repubblicana, che il regista ha riproposto in un suo documentario di montaggio distribuito principalmente via internet. Per questa sua immagine nuova, gli ultimi film del regista hanno dovuto subire ogni sorta di analisi e di critica. Tralasciando qui le questioni più specificamente politiche, come il ‘tradimento’ contro l’ex amico Ralph Nader, dal punto di vista cinematografico il dibattito, ben ricostruito dal volume di Federico Ferrone, può riassumersi nell’interrogativo: il fine può giustificare i mezzi? Argomenti buoni sia per gli ammiratori sia per i detrattori del regista.

In occasione dell’uscita del suo ultimo film, lo stesso Moore ha dichiarato di voler cambiare registro, dare un taglio ai documentari e riprovare a girare un film di finzione, strada già intrapresa con Canadian Bacon (1995), nel quale, sia detto tra parentesi, la scelta di affidare la parte del protagonista a John Candy riusciva ad evocare anche in quest’opera la presenza del corpulento regista. Il film racconta di un presidente degli Stati Uniti che per risollevare le patrie industrie degli armamenti scatena una pretestuosa guerra, contro il Canada, ed è quindi del tutto coerente (se non anticipatore) con il corpus del cinema di Moore, il quale non dovrebbe avere problemi a realizzare qualche spassosa pellicola di finzione.
 

BIOGRAFIA

Francis Michael Moore nasce nel 1954 a Flint, nel Michigan, una cittadina che per molti anni è stata tutt’uno con le fabbriche General Motors, ivi fondata nel 1908. Pur cresciuto in una famiglia operaia, il futuro regista non ha intenzione di cercar lavoro in fabbrica e si impegna nella politica e come giornalista, fondando un piccolo quotidiano, il “Flint Voice”, che diverrà poi “Michigan Voice” e denuncerà sistematicamente abusi e privilegi dei maggiorenti dello stato.
In questo contesto, nel 1989 nasce il suo primo film, Roger & Me, che ha un tale successo da permettere a Moore di creare una propria casa di produzione, la “Dog Eat Dog Films”, e di iniziare una fortunata carriera televisiva di conduttore e opinionista, sarcastico ma politicamente sempre molto agguerrito.

©CultFrame 12/2009

 

FILMOGRAFIA
2009 Capitalism: A Love Story
2007 Slacker Uprising (aka Captain Mike Across America)
2007 Sicko
2004 Fahrenheit 9/11
2003 video Boom! per System of a Down
2002 Bowling for Columbine
2001 video All the Way to Reno per R.E.M. poi in The Best of R.E.M.: In View 1988-2003 
2000 video Testify per Rage Against The Machine
2000 video Sleep Now in the Fire per Rage Against The Machine
1999-2000 The Awful Truth (TV, 24 ep.)
1998 And Justice for All (TV)
1997 The Big One
1995 Canadian Bacon
1994-1995 TV Nation (16 ep.)
1992 Pets or Meat: The Return to Flint (cortometraggio)
1989 Roger & Me

LINK
Il sito di Michael Moore
Uno dei più noti siti contro Michael Moore

IMMAGINI
1 Frame dal film Bowling for Columbine
2 Frame dal film Capitalism: A Love Story
3 Frame dal film Faherenheit 9/11

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