Muccino e il sistema produttivo americano. Incontro con l’autore di Quello che so sull’amore

Gabriele Muccino è il regista italiano giusto per lavorare nel sistema del cinema americano. Lo dimostrano le due pellicole che ha girato con protagonista la super star Will Smith e soprattutto il lungometraggio corale: Quello che so sull’amore. Pellicola quest’ultima che riprende temi e modi cari al cineasta romano, il quale avvicina proprio questi temi alla provincia americana trattandoli, e non stiamo esagerando, come se fosse un Minnelli o un Cukor o un qualunque altro regista “medio” americano. Capacità mimetica, abilità registica, oppure forza del sistema produttivo americano?

Nikola Roumeliotis ha posto alcune domande al regista su questi argomenti.

Gabriele, le storie che hai raccontato in America non sono storie tue ma hanno dei tratti comuni. Tutti e tre film parlano di uomini che sono partiti o ripartiti dal basso…

È effettivamente così anche se è stato casuale. Devo ammettere, sono stato fortunato. Ho avuto un percorso che mi ha permesso di realizzare dei film che mi piacevano anche se non erano storie mie. Il sistema americano lo permette. E addirittura mi ha permesso di realizzare dei film che mi assomigliavano un po’.

Com’è nata la tua carriera americana?

Devo tutto a Will Smith e alla sua passione per il mio cinema (italiano). Per la verità avevo già provato a fare cinema negli Stati Uniti con il produttore Harvey Weinstein e con Al Pacino ma solo Will Smith ha avuto il coraggio di impormi letteralmente alla Columbia.

Che cosa cambia rispetto all’Italia quando giri un film in America?

Se vuoi sapere se cambia qualcosa dal punto di vista registico ti rispondo subito di no! Affronto tutto nella stessa maniera. Nella mia maniera. Dal punto di vista diplomatico, diciamo cosi, molto. Per lavorare a Hollywood non puoi pretendere di essere lasciato libero e solo a livello artistico a preparare per sei mesi il film. Lì c’è un sistema che vede il produttore al vertice; in altre parole il film appartiene al produttore che lo sviluppa e quindi assume il regista. Infatti, l’Oscar per il miglior film va al produttore e non al regista.

In Quello che so sull’amore ti ho trovato un po’ trattenuto nonostante la presenza di attori dal forte temperamento come Catherine Zeta Jones, Dennis Quaid e lo stesso protagonista Gerard Butler. È stata una tua scelta stilistica?

Devo ammettere che delle volte non è possibile eliminare il controllo che hai addosso e così non puoi cucinare il tuo piatto nella maniera che vorresti. Non c’è niente da fare: se dietro il regista c’è la figura del produttore, il film risente della sua influenza. Solo registi come Steven Spielberg o Ron Howard (che sono anche produttori) riescono ad avere il controllo totale delle loro pellicole.

Ma ci sono anche delle differenze positive tra il girare in Italia e fare film in America?

Certamente, e al primo posto metto l’estrema serietà con cui l’industria cinematografica affronta questo mestiere. E anche il fatto che ti mette a disposizione tutto quello di cui hai bisogno. E non parliamo sempre di produzioni miliardarie. Ti faccio un esempio. Stavo girando Alla ricerca della felicità, perciò non sapevo ancora come funzionavano bene le cose. Stavo cercando la giusta inquadratura. Davanti a me c’era un palo che mi disturbava. Ho pensato di spostare la macchina da presa un po’ più su quando ho sentito un rumore infernale… avevano tagliato il palo che disturbava la mia inquadratura! Allora ho capito che non era il caso di pensare a voce alta!

Continuerai a fare film negli USA?

Fino a quando me li fanno fare. Perché, sai, lì se il tuo film incassa una cifra che è sotto sotto il budget, anche se non è il caso mio, non ti fanno più lavorare. Se il tuo film costa 80 milioni e ne ricava solo 20, girare la pellicola successiva diventa una cosa complessa. Una complessità che riguarda gli sponsor che la major deve convincere a investire nel tuo lavoro. Tutto a quel punto diventa una questione di numeri.

Ma tutto questo non è stressante?

Infatti, per questo vorrei arrivare a un compromesso. Fare film europei ma con soldi americani. Un po’ come hanno fatto Leone e Bertolucci. Mi sembra una buona soluzione.

© CultFrame 01/2013

 

LINK
CULTFRAME. La ricerca della felicità. Un film di Gabriele Muccino di Nikola Roumeliotis
CULTFRAME. Heartango. Spot Intimissimi diretto da Gabriele Muccino di Alicia M. Huberman
CULTFRAME. Life is Now. Spot Vodafone diretto da Gabriele Muccino di Alicia M. Huberman
PUNTO DI SVISTA. I cliché del non più giovane Muccino di Eleonora Saracino
Filmografia di Gabriele Muccino
 

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