L’ordine del tempo. Un film di Liliana Cavani⋅80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia⋅Fuori Concorso.

Scritto da Liliana Cavani con Paolo Costella, L’odine del tempo è un film che nasce su ispirazione del testo omonimo del fisico Carlo Rovelli, libro che a sua volta apre ciascuno dei suoi capitoli con una delle Odi di Orazio perché non esistono confini disciplinari tra poesia, scienza e spiritualità quando si tratta di porre domande fondamentali sull’universo, sulle sue origini, sulle forze che muovono i corpi – celesti e terresti, umani e non – attraverso lo spazio e il tempo. Tanto più è raffinato lo strumentario scientifico con cui ci accostiamo al tempo per misurarlo, tanto maggiore è la convinzione che non esista in sé, ma solo attraverso rappresentazioni e unità di misura variabili e relative. Perché il tempo è come l’acqua per i pesci, scrive Rovelli nel suo libro, non lo vediamo anche se poi i suoi effetti si riverberano sui nostri corpi, sulle nostre vite stabilendo un discrimine radicale tra passato e futuro.

Ecco allora che pur nella sua intangibilità materiale immediata il tempo ci ossessiona, ci condiziona, detta il passo ai nostri sentimenti, apre alla costruzione di memorie, sancisce l’irredimibilità del passato e il respiro lungo della speranza. Scrive sempre Rovelli: “Passato e futuro sono diversi. Cause precedono effetti. Il dolore segue la ferita, non la anticipa. Il bicchiere si rompe in mille pezzi e i mille pezzi non riformano il bicchiere. Il passato non possiamo cambiarlo; possiamo avere rimpianti, rimorsi, ricordi di felicità. Il futuro invece è incertezza, desiderio, inquietudine, spazio aperto, forse destino. Possiamo viverlo, sceglierlo, perché ancora non è; tutto vi è possibile… Il tempo non è una linea con due direzioni eguali: è una freccia, con estremità diverse”.

Arrivata a novant’anni, e insignita di un Leone d’oro alla carriera all’80° Mostra di Venezia, la decana del cinema italiano torna ancora una volta a quella dimensione del nostro esistere che tanto ha segnato la sua opera. Come non ricordare quanto preziosamente ha lavorato, anche come documentarista, sia al cinema sia alla televisione, sulla Storia e sulla memoria sin dai tempi di Storia del Terzo Reich (1963-64), Philippe Pétain. Processo a Vichy (1965) e La donna nella Resistenza (1965), film quest’ultimo che ebbe un ruolo chiave nell’ispirarle Portiere di notte (1974). La Storia non è questa volta al centro della scena eppure riaffiora attraverso personaggi e dialoghi: sia la storia antica, a cui dedicò gli studi universitari, sia quella della seconda guerra mondiale e della Shoah che l’hanno portata a confrontarsi con i luoghi più oscuri e misteriosi dell’animo umano. 

La misura del tempo è una delle grandi frontiere teoriche della fisica – e non dimentichiamo che Cavani ha dedicato una miniserie a Einstein (2008) – nonché l’interfaccia di un’altra questione al cuore del suo cinema, ovvero il rapporto tra scienza e spiritualità, da Galileo (1968) a Clarisse (2012) passando per Milarepa (1974), affondo visionario nell’universo della reincarnazione e nella spiritualità tibetana. Questa volta, in sintonia con un presente in cui sentiamo approssimarsi l’apocalisse, il tempo assume consistenza attraverso la minaccia di una collisione tra un grosso meteorite e il pianeta Terra. Il meteorite viaggia a una velocità inquietante e la giornata che un gruppo di vecchi amici sta trascorrendo al mare per festeggiare i cinquant’anni di una di loro potrebbe essere l’ultima per sempre. Una circostanza così estrema spinge il gruppo a trascorrere le ore tra domande, ansie, scetticismi e bilanci esistenziali. Tra loro ci sono due fisici (più un’insegnante di scienze), entrambi in qualche modo allegorie della Scienza e dei diversi modi di praticarla: più secca nel caso del docente universitario interpretato da Edoardo Leo – in un ruolo speculare per seriosità a quello del chimico precario e spacciatore di Smetto quando voglio (2014) –, o più permeabile al richiamo della mistica nel caso dell’astrofisica che lavora alla Specola Vaticana (Francesca Inaudi) e che nella crisi ricerca il confronto dialettico con la collega scienziata che ha preso i voti (Angela Molina).

Il film mostra dunque lo scorrere di una giornata in cui il tempo si fa prezioso: sia il poco che forse ancora rimane sia tutto quello di una vita già trascorsa e che forse avrebbe potuto essere diversa. Tra bilanci, confessioni, confidenze, dichiarazioni, rimpianti e rimorsi, balli e brindisi, il film è un racconto corale, un “Grande Freddo” che però non indulge nella malinconia. Né la minaccia della fine autorizza alcun cinismo depressivo come invece accadeva in Melancholia (2011) dove le due sorelle nell’approssimarsi della fine cosmica si allontanavano l’una dall’altra con acrimonia. Con la parziale eccezione del finanziere interpretato da Richard Sammel (spesso al cinema in ruoli di nazista), Cavani preferisce che tra i personaggi si respiri affetto, calore umano e tutto sommato una sorta di pace che è certo un auspicio per i destini dell’umanità ma rischia di evacuare ogni conflitto nel mostrare con troppa indulgenza tutti questi bei corpi abbronzati, i piedi nudi curatissimi, i sandali eleganti, le loro tenute shabby chic.

L’ordine del tempo si sovrappone così anche all’ordine sociale rappresentato da una borghesia agiata in cui ciascun personaggio è in primo luogo la professione che svolge. Il fisico, la scienziata, l’avvocata, la giornalista, la storica, lo psicoanalista, il finanziare, la domestica e persino la suora agiscono sulla spinta di valori, posture, modi di ragionare coerenti con rappresentazioni e aspettative codificate. E così anche l’omosessualità, in quanto potenziale strappo dell’ordine sociale, si esprime nel tormento di personaggi irrisolti nel corpo a corpo con i limiti del libero arbitrio. Un libero arbitrio limitato anche per l’unico personaggio non borghese del lotto: una colf peruviana che svolge la funzione di Cassandra (che però viene creduta solo quando la sua parola è corroborata dalla Scienza). Inquieta per il destino di figlio piccolo che non ha potuto crescere per dover migrare, decide di raggiungerlo in Perù. Ma la mattina, prima di partire, nessuno trova sorprendente che indossi come sempre la sua divisa, serva torta e caffè e ascolti le confidenze delle signore. La grammatica dell’universo è governata da leggi che ancora non conosciamo ma le leggi che governano la grammatica del dominio ci sono ben note.

© CultFrame 08/2023

 

TRAMA

È estate e, in una villa sul mare, un gruppo di amici si riunisce per festeggiare i cinquant’anni di una di loro. Alla festa è invitato anche Enrico, che di mestiere fa il fisico teorico, e che, dapprima refrattario, finisce per accettare l’invito quando scopre che alla villa vedrà Paola, la donna con cui non è mai riuscito a vivere l’amore che entrambi avrebbero voluto. Potrebbe essere l’ultima occasione per abbracciarsi anche perché un meteorite minaccia di distruggere il pianeta Terra…

CREDITI

Regia: Liliana Cavani / Sceneggiatura: Liliana Cavani e Paolo Costella ispirandosi liberamente al libro omonimo di Carlo Rovelli / Montaggio: Massimo Quaglia / Fotografia: Enrico Lucidi / Scenografia: Verde Visconti / Costumi: Mariano Tufano / Musica: Vincent Cahay / Interpreti: Claudia Gerini, Edoardo Leo, Alessandro Gassman, Kseniya Rappoport, Richard Sammel, Valentina Cervi, Fabrizio Rongione, Francesca Inaudi, Angeliqa Devi, Mariana Tamayo, Alida Calabria, Angela Molina / Italia, 2023 / Produzione: Indiana Production, Gapbusters / Distribuzione: Vision Distribution / Durata: 112 minuti.

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