75° Locarno Film Festival (3-13 agosto 2022)

Al secondo anno della direzione artistica di Giona Nazzaro, messa da parte almeno per il momento l’emergenza sanitaria che ha condizionato anche le ultime edizioni di questa manifestazione, il 75° Locarno Film Festival sembra riuscire a patrimonializzare al meglio le sue relazioni consolidate con alcune delle produzioni indipendenti più vivaci del vecchio continente (Francia in testa) e del panorama internazionale facendosi forza dell’ascendente che esercita da tempo su autrici e autori in cerca di una vetrina meno stressante di Cannes e, teoricamente, più gratificante di Venezia.

Per di più, il programma di quest’anno ritrova – dopo il già corposo omaggio a Lattuada del 2021 – una proposta di retrospettiva all’altezza di una tradizione che in molti festival rischia di venire relegata al passato. La rassegna curata da Roberto Turigliatto e Bernard Eisenschitz, che vedrà anche la partecipazione di Todd Haynes quale fan e presentatore, copre l’opera pressoché completa di Douglas Sirk (1897-1987), nato ad Amburgo come Hans Detlef Sierck, riscoprendone sia gli esordi degli anni Trenta – fino a Schlußakkord (1936), premiato all’epoca a Venezia, e a Befje (1939), che fu presentato a Cannes – sia la notevole seconda vita americana in cui ha firmato melodrammi fiammeggianti quali All That Heaven Allows/Secondo amore (1955), Written on the Wind/Come le foglie al vento (1956) o Imitation of Life/Lo specchio della vita (1958).

Da quest’ultimo, in felice coincidenza con l’omaggio di Locarno, è tratto il titolo italiano della prima traduzione di Sirk on Sirk, corposo libro-biografia-intervista scritto nel 1971 da Jon Halliday e infine edito da Il Saggiatore per l’appunto come Lo specchio della vita, cui si aggiunge anche il volume concepito da Eisenschitz in occasione della retrospettiva, Douglas Sirk, né Detlef Sierck (Les éditions de l’Oeil). Il 75° anniversario del festival verrà inoltre accompagnato da due diverse e complementari pubblicazioni, entrambe già acquistabili online: quella di Lorenzo Buccella, Locarno on/Locarno off. Storia e storie del film festival (Edizioni Casagrande), che ripercorre l’intera parabola e le diverse stagioni attraversate dalla kermesse; e la raccolta di testi critici di oltre 40 firme intitolata Sguardi oltre il cinema: Critical essays on the Locarno Film Festival (Armando Dadò Editore)

È pertanto comprensibile perché Nazzaro abbia voluto caratterizzare rossellinianamente come “Anno Uno” questa edizione del festival, che conferma comunque la sua formula consueta. Nel Concorso internazionale, si segnala per primo il nuovo lungometraggio di Aleksander Sokurov, che in Skazka (Favola) ha messo a confronto alcuni tra i più efferati dittatori del secolo scorso (Hitler, Mussolini, Stalin), proseguendo una riflessione sul potere avviata ormai molti anni orsono. Sono poi attesi i nuovi lavori di Hilal Baydarov, Carlos Conceição, Nikolaus Geyhalter, Patricia Mazuy, Jean-Paul Civeyrac, che non faceva un film dai tempi di Mes Provinciales (2018), e Sylvie Verheyde, con il seguito del suo cult-movie preadolescenziale Stella (2008) dal titolo Stella est amoureuse. Nella competizione principale ci sono anche gli italiani Il pataffio, che Francesco Lagi ha tratto da Luigi Malerba, commedia ambientata in un medioevo immaginario, e Gigi la legge di Alessandro Comodin, con protagonista un poliziotto della provincia nordestina alle prese con alcuni suicidi giovanili. Il palmares dipenderà da una giuria presieduta dal super-produttore indipendente Michel Merkt e composta dal collega americano William Horberg, da due giovani autrici quali l’inglese Prano Bailey-Bond e Laura Samani, al centro di queste coppie, dallo sguardo determinante del regista Alain Guiraudie.

Frame del film “Skazka” (Favola) di Aleksandr Sokurov

Tornano pure i concorsi Cineasti del Presente riservato a esordienti al primo o secondo lungo, dove nel 2011 Comodin si fece notare con il Pardo ricevuto da L’estate di Giacomo, e i Pardi di domani (corti e mediometraggi) che comprende una selezione speciale di “autori” quali Kamal Aljafari (Paradiso XXXI, 108), Nicolas di Klotz e Elisabeth Perceval (Chant pour la ville enfouie) o Francesco Motagner (Asterión) e la prima degli otto cortometraggi realizzati nell’ambito della Locarno Spring Academy con la guida del regista Michelangelo Frammartino.

Nel Fuori concorso, pur non raggiungendo le quasi undici ore di Pathos Ethos Logos dei portoghesi Joaquim Pinto e Nuno Leonel Coelho, vero evento dell’edizione passata, si segnalano le oltre quattro ore di Nuit obscure-feuillets sauvages (les brûlants, les obstinés) con cui Sylvain George torna a raffigurare le migrazioni contemporanee nel cuore dell’Europa. Tra gli altri, da non trascurare poi Onde Fica Esta Rua ou Sem Antes nem Depois, rivisitazione di Os Verdes Anos (1963) di Paulo Rocha firmata da Joao Pedro Rodrigues e Joao Rui Guerra de Mata con interprete, allora come oggi, l’icona Isabel Ruth e La Dérive des continents (au sud), terzo capitolo, dopo Comme des voleurs (à l’est) (2006) e Les Grandes Ondes (à l’ouest) (2013), della tetralogia sulla costruzione dell’Europa del regista e attore svizzero Lionel Baier.

Per molto pubblico, la principale attrattiva del festival rimane la Piazza Grande dove viene presentata una serie di titoli dalle varie sezioni e alcuni scelti ad hoc per tale cornice, dall’apertura il 3 agosto con Brad Pitt protagonista di Bullet Train di David Leitch a Paradise Highway di Anna Gutto, thriller all’americana con Juliette Binoche camionista e Morgan Freeman poliziotto, all’italiano Delta di Michele Vannucci con Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio. Open Doors, dedicata a una selezione di film lunghi e corti provenienti da Centro e Sud-America, e sarà così anche nel 2023 e 2024, Panorama Suisse, Locarno Kids e Histoire(s) du cinéma completano il quadro del programma, quest’ultima con la preapertura musicata dal vivo di Broken Blossoms/Giglio infranto (1919) di David Wark Griffith e alcuni restauri promossi dalla Cinematica Svizzera quali Das geschriebene Gesicht (1995) di Daniel Schmid e Die letzten Heimposamenter (Les Derniers Passementiers) (1973) di Yves Yersin ed Eduard Winiger.

I premi tributati dal Festival porteranno poi in Ticino personalità carismatiche e la possibilità di rivedere, anche in Piazza, pellicole di qualche anno fa di Kelly Reichardt (Pardo d’onore), Costa-Gavras (Pardo alla Carriera), Matt Dillon (Lifetime Achievement Award) e Laurie Anderson (Vision Award) e del produttore statunitense Jason Blum che con la sua Blumhouse sta rinnovando da alcuni anni l’immaginario del cinema di genere contemporaneo con opere quali Get Out di Jordan Peel e Split di M. Night Shyamalan (riproiettate a Locarno).

Non mancheranno infine residenze creative e produzioni studentesche di videoessay, maratone di talk sui nuovi media (è invero interessante il tema che verrà dibattuto per 24 ore consecutive: The Future of Attention) trasmesse live sulla piattaforma Twitch e altre innovazioni che mirano a riflettere sul futuro digitale del cinema e a raggiungere pubblici diversi e distanti da quello cui si rivolgono principalmente le proiezioni su grande schermo.

© CultFrame 07/2022

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