Guest of honour ⋅ Un film di Atom Egoyan ⋅ 76. Biennale Cinema di Venezia ⋅ Concorso

Guest of honour comincia come un dramma familiare e poi prende la forma di un thriller morale che nel suo sviluppo si concede inserti quasi da commedia ambientata nell’ambito della ristorazione. In apertura, Veronica, insegnante di musica, si reca dal prete che celebrerà la cerimonia funebre del padre appena deceduto per fornirgli qualche informazione su cui fondare il suo discorso. La situazione di partenza è senz’altro intrigante, anche se il prete è interpretato da Luke Wilson, poco credibile in un ruolo serio e profondo che il suo volto senza tormenti e legato a prodotti di intrattenimento sconfessa continuamente. Inoltre, si capisce strada facendo che il suo personaggio avrebbe dovuto avere qualche anno in più di lui.

Il film è giocato su almeno tre piani temporali perché il dialogo tra Veronica e il prete dà modo alla donna di introdurre flashback tramite cui veniamo a conoscenza del padre Jim, ispettore sanitario addetto alla verifica delle condizioni igieniche presso ogni genere di ristorante interpretato da un sempre ottimo David Thewlis. I momenti in cui lo vediamo al lavoro sono i più belli di un film altrimenti poco affrancato da una sceneggiatura sin troppo ben costruita: l’uomo si reca da kebabbari, in taverne, bistrot, friggitorie ambulanti, ristoranti di vario livello e ovunque osserva, analizza, valuta e infine delibera se l’esercizio ha passato l’esame e potrà rimanere aperto oppure dovrà essere sottoposto a chiusura.

Atom Egoyan

Durante una di queste visite, in un locale armeno, Jim si trova di fronte a una grave irregolarità che non viola solo le norme sanitarie ma lo offende anche su un piano più personale. Tuttavia, con il pretesto che il cibo incriminato non è destinato a clienti paganti ma agli amici e parenti di una festa privata, il ristorante viene salvato e Jim invitato come ospite d’onore. Durante la festa, complice l’alcool, Jim tiene un discorso grottesco che risente di tutto il peso del momento che sta attraversando.

Veronica infatti si trova in carcere per via di uno scherzo finito male con un suo allievo minorenne alla scuola di musica. Jim e Veronica si vedono regolarmente nel parlatorio del penitenziario e i loro colloqui forniscono alla coppia padre-figlia l’opportunità di confrontarsi sulla vicenda per cui lei sconta la pena ma anche di risalire molto più indietro nel tempo ad episodi che hanno segnato drammaticamente la vita di entrambi e delle persone a loro legate.

Guest of honour è dunque un dramma sulla colpa e sull’espiazione in cui, sui vari livelli temporali, emerge come fondamentale anche il ruolo della reputazione come valore dal quale può dipendere la sopravvivenza tanto di un’impresa commerciale quanto di una persona. I personaggi sono sufficientemente ambigui da risultare verosimili ma l’atmosfera generale del film non è abbastanza tenebrosa, l’intreccio è scritto e risolto con attenzione ma manca di mistero, ogni nesso è sempre fin troppo esplicitato, di ogni elemento simbolico viene sempre fornita l’interpretazione lasciando poco spazio a chi guarda per pensare, immaginare, interpretare.

© CultFrame 09/2019

TRAMA
Prima del funerale del padre, Veronica incontra il prete che ha bisogno di raccogliere qualche informazione su cui basare l’elogio funebre. Dal loro dialogo emerge la figura del genitore e di un rapporto rinsaldatosi nel periodo che la donna ha trascorso in carcere.

CREDITI
Titolo: Thuest of Honour / Regia: Atom Egoyan / Sceneggiatura: Atom Egoyan / Fotografia: Paul Sarossy / Montaggio: Susan Shipton / Musica: Mychael Danna /  Interpreti: David Thewlis, Laysla De Oliveira, Luke Wilson / Produzione: The Film Farm, Ego Films Arts / Paese: Canada, 2019 / Durata: 103 minuti

SUL WEB
Filmografia di Atom Egoyan
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito

 

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