Strange Days – Memories of the Future ⋅ A Londra una mostra immersiva di video arte e architettura

John Akomfrah, Vertigo Sea, 2015 © Smoking Dogs Films. Courtesy Lisson Gallery

L’edificio brutalista al numero 180 dello Strand, noto in precedenza sotto il nome di Arundel Great Court, è un vasto spazio progettato dall’architetto Sir Frederick Gibberd, nel 1965. Completamente abbandonato tra il 2011 e il 2014, il palazzo è divenuto la sede di mostre, concerti, installazioni e, addirittura, sfilate di moda, risorgendo dalle sue ceneri come uno degli spazi più innovativi della scena londinese. Dietro la rinascita di questo sito, e tutte le attività di eventi ed arti visive che in esso prendono vita, si situano The Vinyl Factory Group, un’officina artistica incentrata sulla musica ed il video, finanziata da sviluppatori immobiliari, e The Store X, una piattaforma per la promozione di idee, moda e cultura, che gestisce, oltre al palazzo londinese, altri due spazi, a Berlino e in Oxfordshire. Quest’autunno, in collaborazione con il New Museum di New York, gli ampi locali, dalle fatiscenti volumetrie di cemento, offrono un palcoscenico senza precedenti ad una mostra di installazioni video dal titolo: Strange Days, Memories of the Future.

Si tratta di una carrellata di grandi successi, 21 opere di video arte, esposte al New Museum nell’ultimo decennio, e curata da Massimiliano Gioni, critico d’arte e direttore artistico dell’istituzione newyorkese. I video in esposizione sono tutti di qualità, spesso ad opera di artisti affermati, ed il percorso si snoda, labirintino, attraverso una serie di ambienti frastagliati, tra ringhiere di acciaio ed ampi locali, fin giù nel ventre del palazzo. Ad ogni incontro, una nuova emozione, si vorrebbe vedere tutto, consumare e lasciarsi consumare da tutto, ma è quasi impossibile visitare tutta l’esposizione in una volta sola. Fortunatamente, l’accesso gratuito permette di ritornare più volte e gustarsi le opere con calma.

Kahlil Joseph, Fly paper, 2017. © JACK HEMS/KAHLIL JOSEPH
Kahlil Joseph, Fly paper, 2017. © JACK HEMS/KAHLIL JOSEPH

Il percorso si apre con Grosse Fatigue di Camille Henrot (2013). Camille Henrot basa la sua arte sulla ricerca di archivio e sull’esplorazione dei sistemi di conoscenza, valicando discipline diverse come l’antropologia, l’etnografia e la tecnologia. In quest’opera, già esposta alla recente Biennale di Venezia, Henrot decide di narrare la storia dell’universo in 13 minuti, ricorrendo a immagini didattiche che servono ad illustrare le varie fasi del mito e della storia: dalla creazione biblica ad Internet. Ed è proprio sullo schermo di un computer che le immagini si aprono, si sovrappongono e implodono.

Da non perdere, l’installazione video di 20 minuti di Kahlil Joseph dal titolo Fly Paper (2017). Si tratta di un omaggio immersivo e toccante ad Harlem e alla sua comunità di artisti, scrittori e musicisti neri. Per girarne le scene l’artista si è ispirato sia alle opere in bianco e nero del fotografo jazz Roy De Carava (che nel 1955 pubblicò il libro “The Sweet Flypaper of Life”) sia ai ricordi di suo padre. Il risultato è una pellicola nostalgica, dall’intenso lirismo, che intreccia presente, passato e sogno, tramite un orchestrazione magistrale di suoni ed immagini. Non è un’opera che si può visitare di fretta, ma occorre assaporarne ogni minuto.

Epica e dalla fotografia insuperabile, l’installazione audiovisiva su tre schermi di John Akomfrah, dal titolo Vertigo Sea (2015), dura quasi 50 minuti. E’ un capolavoro che prende tempo e spazio, e racconta la storia degli oceani, vaste distese d’acqua e di morte, solcati da migranti, navi di schiavi gettati fuori bordo, balenieri senza scrupoli, aerei cileni che scaricano il loro carico di dissidenti negli abissi.

© Pipilotti Rist, 4th floor to Mildness, 2016. Courtesy the artist, Hauser & Wirth, and Luhring Augustine
© Pipilotti Rist, 4th floor to Mildness, 2016. Courtesy the artist, Hauser & Wirth, and Luhring Augustine

Accattivante ed irresistibile è invece 4th Floor to Mildness (2016) di Pipilotti Rist: un ambiente di letti e sofà su cui distendersi, per ammirare scene colorate e luminose, realizzate sott’acqua e proiettate su schermi e specchi a forma di nuvola. Musica pop accompagna dolcemente il vagare dello sguardo, in questa vasca atipica, dove corpi galleggiano fra petali di fiori, foglie, nudità e fluidi.

Jewel, il video dell’egiziano Hassan Khan (2010), in 6 minuti totalmente diversi ed esotici, mostra due uomini ballare un brano di musica shaabi composto dallo stesso artista. La scena diviene un artefatto simbolico dell’Egitto contemporaneo – dall’abbigliamento divergente del vecchio e del giovane, che danzano alla musica di un amplificatore, alla poesia e alla cultura che vengono messe in scena. Il pubblico è invitato ad essere semplice spettatore o ad interagire liberamente.

Questo è solo un assaggio dell’ampio menu offerto da Strange Days. Visite multiple sapranno saziarvi, una sola visita vi permetterà di vivere un’esperienza multisensoriale, dove l’architettura, l’immagine e il suono vi sapranno ispirare e spingervi a volerne di più.

© CultFrame 11/2018

INFORMAZIONI
Strange Days. Memories of the Future
Dal 2 ottobre al 9 dicembre 2018
180 The Strand / 180 The Strand, Londra
Orario: martedì – sabato 12.00 – 19.00 / domenica 12.00 – 18.00
Ingresso libero

SUL WEB
180 The Strand

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