Me Too. Un film di Aleksej Balabanov. 69a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Orizzonti

Aleksej Balabanov è un cineasta russo con un’ampia esperienza professionale. Al suo attivo ha diciotto titoli tra regie di lungometraggi, documentari e sceneggiature. Il suo primo film di finzione risale al 1991 ed è intitolato Happy Days, ma la sua vera opera prima è un documentario del 1989 intitolato Nastja i Egor. Le sue prove più note sono, invece, Brother del 1997 (Premio Speciale della Giuria al Festival di Torino) e Cargo 200 del 2007.

Me too è la sua ultima fatica registica, opera interamente recitata da attori non professionisti che si sono trovati a dover rendere credibile una vicenda pazza e paradossale come spesso capita di vedere nei lungometraggi russi degli ultimi anni.
Cinque disperati partono da San Pietroburgo a bordo di un suv. Decidono di recarsi in una landa sperduta devastata da un incidente nucleare (e dunque interdetta ai civili) alla ricerca del Campanile della Felicità, edificio diroccato, piazzato nel mezzo del nulla, che fagocita chiunque vi entri per “trasportalo” in un altrove pieno di serenità.
Musica martellante sempre uguale, fiumi di vodka, strade desolate, periferie oscene, autostrade senza fine e campagne abbandonate. La disperazione dei personaggi della storia si consuma all’interno di questo contesto cangiante, realtà in mutazione (solo apparente) che sembra non offrire alcuna via di uscita.

Aleksej Balabanov dissemina il film di dialoghi strampalati e deliranti, di situazioni grottesche e penose e di scene al limite dell’assurdo. Un’atmosfera angosciosa e vagamente onirica avvolge ogni inquadratura. Sembra il solito film ex-sovietico dove si vedono povertà, disagio sociale, ubriaconi, malavitosi e ragazze che si prostituiscono. Il tutto confezionato in stile poetico/filosofico.
All’improvviso, però, il film subisce un violento cambiamento di direzione espressiva, proprio quando i soggetti cardine del racconto si inoltrano nell’area all’interno della quale si trova il Campanile della Felicità. Proprio questo passaggio narrativo trasforma Me too in un lavoro palesemente tarkovskijano. L’imbarazzo dello spettatore è notevole nel trovarsi davanti alle sequenze che scorrono sul grande schermo, poiché il pensiero non può che andare a Stalker, ovviamente con le debite (e gigantesche) differenze. Ciò che aggiunge Balabanov è un amaro umorismo e un pizzico di follia ma l’ingombrante e inarrivabile nriferimento sembra proprio evidente. Troppo.
I brani conclusivi dell’opera sono caratterizzati da immagini di notevole qualità paesaggistica che comunicano al fruitore una sorta di vertigine dell’esistenza, di perdita della coscienza razionale, ma si tratta di un’ultima (ulteriore e inutile) svolta poetica che purtroppo non salva questa operazione creativa dalla sua macroscopica prevedibilità.

© CultFrame 09/2012

 

 

TRAMA
Un bandito/assassino, un alcolizzato e suo padre, un musicista solitario e una prostituta partono per una zona radioattiva dove si trova il Campanile della Felicità. Giunti sul posto fanno di tutto per raggiungere il luogo che dovrebbe trasportarli nella dimensione della serenità ma non tutti riusciranno nel loro scopo.

CREDITI
Titolo: Me Too / Titolo originale: Ja tozhe hochu / Regia: Aleksej Balabanov / Sceneggiatura: Aleksej Balabanov / Interpreti: Turii Matveev, Alexander Mosin, Oleg Garkusha, Alisa Shitkova / Produzione: CTB Film Company / Paese: Russia, 2012 / Durata: 89′

LINK
Filmografia di Aleksej Balabanov
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito 

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