Catherine Breillat

Catherine Breillat. 13 luglio 1948 (Bressuire, Francia)

catherine_breillat-belle_endormieLa filmografia di Catherine Breillat è incentrata sulla sessualità femminile: il sesso, esibito, cercato, subìto, negato, va, però, al di là della trasgressione fine a se stessa per trasformarsi in strumento di ricerca di sé, in mezzo di analisi delle proprie zone oscure e di superamento dei limiti. Se questo vale, in generale, per tutte le opere dell’autrice francese, a partire dal suo esordio con L’adolescente (1975) fino a La belle endormie, presentato al Festival di Venezia 2010, è più che mai evidente in due film-manifesto: Romance (1999) e A mia sorella! (2000).

Romance racconta le travagliate esperienze sessuali di Marie (Caroline Ducey), venti anni, maestra elementare, fidanzata con il glaciale Paul, un attore, che non fa più l’amore con lei. Per reazione, la ragazza si concede a Paolo (Rocco Siffredi) e intreccia una relazione, apparentemente sado-maso, in realtà fatta di complicità e amicizia, con il non più giovane Robert. Non contenta di ciò, si lascia andare anche ad un incontro con uno sconosciuto per le scale di casa mentre, nell’intervallo tra un uomo e un altro, tenta, invano, di provocare Paul, unico vero oggetto del desiderio. Nonostante ciò, Marie non ricerca tanto il sesso quanto se stessa: nel film sono, infatti, rintracciabili tre precisi momenti corrispondenti ad altrettante fasi della sua evoluzione psicologica (il desiderio incontenibile, e ripetutamente frustrato, per Paul/ la voglia di perdersi/ la rinascita attraverso la maternità). Che Marie non riesca a stare senza Paul è evidente fin dalle prime immagini: oltre tutto, lo afferma esplicitamente lei stessa nella sequenza della discoteca (“Ho bisogno di stargli appiccicata come una sanguisuga. Se lo lascio respirare, soffoco io”). Pan, il dio della sessualità, è anche il dio del panico: come espressione pura e semplice dell’istinto, la sua irruzione segna il collasso della ragione e il cedimento dell’Io. Con Paul, Marie scopre la lacerazione: la sessualità non come vicenda di corpi ma come traccia di una mancanza insopportabile alla quale si tenta di sfuggire attraverso amplessi ripetuti. Eros si fa, così, interprete non del gioco dei sensi ma dei confini dell’Io: entrando in contatto con l’altra parte di sé, l’Io cede il suo limite per ribadirlo, se non viene inghiottito, ad un livello superiore. Marie, alla fine del rischioso cammino, diventa pienamente donna: per far questo, deve prima sperimentare sulla propria pelle il divaricarsi dell’unità originaria nel suo duplice aspetto, deve , cioè, fare i conti con ciò che la psicoanalisi definisce l’invidia del pene. Il conflitto esplode quando Paul ritrova il desiderio per lei e Marie si vendica: “Tu fai la mia parte, tu sei la donna e io il tuo uomo..”. Durante quell’unico, fugace e violento rapporto tra i due, la ragazza rimane incinta e si verifica la svolta decisiva: il desiderio del pene è sostituito dal desiderio del bambino. La consapevolezza che la situazione femminile si stabilisce quando il bambino, secondo l’antica equivalenza simbolica, prende il posto del pene è esplicitata da Robert che legge a Marie una frase-chiave: “Mentre la madre genera il figlio, il figlio genera la madre”. Dopo la nascita del figlio, Marie conclude: “Dicono che una donna non sia una donna prima di essere madre e credo che sia vero”. Dopodiché, al funerale di Paul, saltato in aria in seguito all’apertura dei rubinetti del gas da parte di lei, la ragazza, con il piccolo in braccia, commenta: “Ho dato  a mio figlio il nome di suo padre. Se lassù c’è qualcuno che conta le anime, i conti sono pari”. E’ chiaro, a questo punto, il significato della X rossa che spicca nel titolo del film: non può essere altro che il cromosoma femminile, non passivamente acquisito, ma pericolosamente conquistato.

catherine_breillat-a_mia_sorellaProtagonista di A mia sorella! è, invece, Anais, una tredicenne alle prese con la propria nascente femminilità e con il complicato mondo degli adulti. Costretta a fare i conti con due genitori insensibili e con una sorella maggiore, Helena, bella e apparentemente sicura di sé, la povera Anais sfoga i suoi malumori nel cibo. La ricerca spasmodica di cose da mangiare e il conseguente rifiuto del proprio corpo è per lei un modo per difendersi dall’omologazione e da rapporti di forza  mascherati da affetti. Di fronte a ciò, Anais sceglie, inizialmente, la regressione: la si vede continuamente immersa nell’acqua, del mare o della piscina. Se diventare donna, adulta, significa identificarsi con la madre o con la sorella e avere a che fare con uomini come il padre o il fidanzato di Helena, tanto vale abbuffarsi o annoiarsi. La vita è noia, tutto qui, soltanto noia, tutto qui. Potessi trovare un essere umano, o un animale, per me è uguale. Vorrei incontrare un essere morto, un essere vivo, con l’anima o senza, non fa differenza – sentiamo canticchiare Anais, prima ancora che appaiano le immagini d’apertura del film. Il desiderio della canzoncina potrebbe sembrare facile da realizzare ma, in verità, non è poi così scontato relazionarsi con qualcuno veramente e alla pari. Ne sa qualcosa la quindicenne Helena che, tutta presa dal proprio ruolo, non si rende conto di essere succube dei desideri del “suo” Fernando. Certa del proprio fascino, la ragazza si illude di essere forte perché capace di suscitare il desiderio dell’altro e non si accorge di finire, invece, sua schiava: Fernando, infatti, con il ricatto dei sentimenti, spinge Helena ad assecondare ogni suo capriccio. Se un rapporto tra uomo e donna deve configurarsi in questi termini, è certamente meno violenta la situazione in cui Anais, per la prima volta, vive il sesso con uno sconosciuto. La violenza immediata, diretta del rapporto sessuale consumato nel bosco è niente rispetto a quella subdola presente nella relazione tra Helena e Fernando. Quando Anais, nella sequenza finale, afferma di non essere stata violentata, non mente: anche se può sembrare assurdo, la sua prima volta è, senz’altro, più consapevole, e desiderata, rispetto alla sessualità della sorella maggiore. L’aggressore sconosciuto, per quanto violento, non utilizza espressioni maschiliste come quelle di Fernando, anche se bisogna considerare che è la superficiale Helena ad adattarsi, lei per prima, ad un gioco delle parti in cui la donna è la metà più debole. Un altro aspetto del film da non sottovalutare riguarda la rivalità tra donne: le ragazze come Helena, puri oggetti sessuali e nient’altro, sembrano condannate ad essere, come la vacua madre, in lotta tra loro per ottenere i favori dell’agognato maschio che, solo, dà loro valore. Non si spiega altrimenti il risentimento, da parte della sorella e della madre, nei confronti di Anais, espressione di una femminilità e sessualità alternative. In questo senso, il finale, a prima vista eccessivo, lugubre, morboso, costituisce, invece, una sorta di catarsi: la madre e la sorella “cattive”, come  nelle fiabe, vengono meritatamente eliminate e la giovane eroina, dopo aver sopportato soprusi e difficoltà, giunge ad un livello maggiore di conoscenza di sé e della realtà.

catherine_breillat-barbe_bleueNel 2009, con Barbe Bleue, e nel 2010, con La belle endormie, la Breillat si cimenta direttamente con l’universo fiabesco: naturalmente, non si tratta di una traduzione fedele dei racconti in questione bensì di una loro rilettura in chiave femminista. Anche in questi casi, la regista francese utilizza le fiabe per tornare sui temi e sulle ossessioni tipiche del suo cinema: l’identità di genere, il conflitto tra natura e cultura cioè tra destino e scelta, il passaggio dall’infanzia all’età adulta attraverso l’esperienza della sessualità. E’ proprio quando affronta il tema della scoperta del corpo, sia nel già citato L’adolescente che in Vergine taglia 36 (1987), oltre che in A mia sorella!, che la Breillat realizza le sue cose migliori. Ciò detto, non si può negare coerenza formale ed estetica all’intera  filmografia: l’autrice francese, dal suo esordio ad oggi, ha sempre scandagliato il mondo femminile, privilegiando, nel fare ciò, l’uso insistito del piano-sequenza e il realismo delle scene di sesso. Le fredde inquadrature di amplessi dei suoi film, sempre sul filo dell’ hardcore, non vogliono semplicemente provocare bensì denunciare, attraverso il corpo femminile, denudato e sviscerato, la complessità e l’asimmetria del rapporto uomo/donna. Il risultato finale è, spesso, perturbante e sgradevole ma non lascia sicuramente indifferenti, come non lascia indifferenti la stessa Breillat, autrice di un cinema senza mezze misure, singolare, forse necessario.

BIOGRAFIA

catherine_breillatNata in Francia, a Bressuire, Catherine Breillat è regista, sceneggiatrice, scrittrice. A 17 anni pubblica il suo primo romanzo, L’homme facil (1965), mentre nel 1972 interpreta Mouchette in Ultimo tango a Parigi di Bertolucci. Abbandonata la carriera di attrice, scrive sceneggiature per Maurice Pialat, collabora con Liliana Cavani alla sceneggiatura de La pelle (1981) e con Federico Fellini per E la nave va (1983). Nel 1982 è assistente al montaggio di Marco Bellocchio per il film Gli occhi, la bocca. Debutta alla regia nel 1975 con L’adolescente, adattamento di un suo romanzo dal titolo Le soupirail. Seguono numerosi film, sempre incentrati sui temi del corpo e della sessualità femminile. Di se stessa, La Breillat ha affermato: “Io sono puritana: non voglio, come talvolta dicono di me, abbattere i tabù. Voglio che i tabù esistano per poterli infrangere”. Tutta la sua opera, in cui la trasgressione si trasforma puntualmente in strumento di presa di coscienza, di purificazione, di liberazione, è la prova evidente di ciò.

© CultFrame 04/2011


FILMOGRAFIA

1975 – L’adolescente
1979 – Movimenti notturni
1987 – Vergine taglia 36
1991 – Sale comme un ange
1995 – A propos de Nice, la suite
1996 – Parfait amour!
1999 – Romance
2000 – A mia sorella!
2001 – Brève traversée
2002 – Sex is comedy
2003 – Anatomie de l’enfer
2006 – Une vieille maitresse
2009 – Barbe Bleue
2010 – La belle endormie

IMMAGINI

1 Frame dal film La belle endormie
2 Frame dal film A mia sorella!
3 Frame dal film Barbe Bleue
4 Catherine Breillat

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