Le chiavi di casa ⋅ Un film di Gianni Amelio

A sei anni di distanza dall’ultimo Così ridevano Amelio è tornato a Venezia e al cinema con questo Le chiavi di casa, ispirato al romanzo autobiografico di Giuseppe Pontiggia Nati due volte, “tradito” dal regista ma inserito diegeticamente nel film. Ma se il Leone d’oro del ’98 non aveva avuto grosso seguito al botteghino, la bocciatura di quest’anno in laguna sembra essere stata riparata nel settembre cinematografico delle sale, dove Le chiavi di casa ha ottenuto ottimi incassi.

In un bar di una stazione “indefinita”, che potrebbe essere quella di qualsiasi città europea, due uomini si parlano, ripresi in primo piano. E’ passato del tempo dall’ultima volta che si sono visti: lo si capisce dai campi/controcampi, strettissimi, pieni di cose non dette ma lasciate intendere. Gianni (Kim Rossi Stuart) saluta il personaggio interpretato da Pierfrancesco Favino; sul treno lo aspetta Paolo (Andrea Rossi), il figlio avuto dalla compagna 15 anni prima. I due non si sono mai incontrati, perché Gianni ha rifiutato il bambino dopo che un parto “difficile” s’è portato via la madre lasciando il figlio con un grave handicap. La destinazione è Berlino, dove Paolo, ormai adolescente, deve sottoporsi a visite specialistiche.

Inizia così la pellicola di Amelio, che già dalle prime inquadrature lascia percepire quella che sarà la sua cifra stilistica (proseguendo un percorso già iniziato con Così ridevano), che è quella di una messa in scena compressa e giocata sui volti e sui corpi. I corridoi del treno (La fine del gioco, Il ladro di bambini) ci dicono subito che questo sarà un film imploso, quasi claustrofobico, fatto di spazi stretti, scompartimenti, corsie d’ospedale e camere d’albergo. “Quello che è evidente è il gesto, lo sguardo, le parole, il sorriso, la lacrima” diceva Amelio in un’intervista (Emanuela Martini, Cineforum 378), a proposito di Così ridevano, ma lo stesso discorso può valere qui.

La prima stazione che abbiamo visto è quella di Monaco ma non ce ne siamo accorti e anche Berlino passa di sfuggita, quasi irriconoscibile, opaca. Quello che interessa ad Amelio non sono le belle inquadrature (“L’ambientazione ‘bella’ al cinema non dovrebbe esistere”, scrive il regista su Il vizio del cinema, libro godibile quanto utile per capire il suo approccio al mezzo); i temi cari all’autore (il tempo, il viaggio, il rapporto con la figura paterna) trovano forma in piani ravvicinati sui visi/corpi degli attori, in una messa in scena scarna e asciutta, come la fotografia uniforme e intenzionalmente piatta di Luca Bigazzi.

Paolo si reca a Berlino per farsi visitare ma di quello che dicono medici e poliziotti, quando il ragazzo si perde, non capiamo nulla e niente ci viene spiegato. Anche il personaggio di Nicole (Charlotte Rampling), che potrebbe fare da mediatrice, non traduce e non spiega perché ad Amelio non interessa. Il suo personaggio è lì con la sua fatica di essere madre. “E’ strano vedere un uomo qui – dice a Gianni la prima volta – Questi sono i lavori sporchi che solitamente toccano alle madri”. Gianni allora dovrà imparare ad essere padre, accompagnato nel suo percorso da Paolo, a volte scherzoso e vulcanico a volte invece più cupo. Kim Rossi Stuart riesce perfettamente a calarsi nella parte, con il suo fisico magro e asciutto perennemente a disagio in quegli abiti così normali.

E anche il viaggio in Norvegia per incontrare la ragazza di cui Paolo è “innamorato” conduce solo ad una scuola chiusa la domenica; la strada è un’altra, quella che passa attraverso il lavoro di essere padre. Fare film con ragazzi handicappati è difficile, c’è sempre il rischio di uno sguardo condizionato. Amelio però fa un film su un padre e su un’assunzione di sofferta responsabilità, evitando di far merce con la carne.

© CultFrame 09/2004


TRAMA

Gianni incontra dopo 15 anni il figlio Paolo, abbandonato alla nascita. Il giovane padre, infatti, con riuscì ad accettare la condizione di disabile del bambino. I due, ora, si dirigono in treno a Berlino, dove il ragazzo deve sottoporsi ad accertamenti medici. Il soggiorno in Germania e poi un viaggio in Norvegia saranno l’occasione per conoscersi e scoprirsi. Gianni e Paolo faranno i conti con se stessi e stabiliranno un, seppur fragile, canale di comunicazione.

CREDITI
Titolo: Le chiavi di casa / Regia: Gianni Amelio / Sceneggiatura: Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli / Fotografia: Luca Bigazzi / Musica: Franco Piersanti / Scenografia: Giancarlo Basili / Montaggio: Simona Paggio / Interpreti: Kim Rossi Stuart, Andrea Rossi, Charlotte Rampling / Produzione: Rai Cinema Achab Film, Pola Pandora Film Produktion, Arena Films / Distribuzione: 01 Distribution / Paese: Italia, Francia, Germania, 2004 / Durata: 105 minuti

SUL WEB
Filmografia di Gianni  Amelio
01 Distribution

0 Shares: