Libertà, dignità, esilio⋅Tatami – Una donna in lotta per la libertà⋅Un film di Guy Nattiv e Zar Amir

Courtesy BIM Distribuzione

La storia del cinema è lastricata di film basati su contenuti storico-politico-sociali di valore assoluto che però naufragano totalmente nel mare della banalità narrativa e della pochezza registico-visuale. La questione è sempre la stessa: lo spessore della qualità filmica non è determinato dal cosa esprime un’opera cinematografica ma da come vengono comunicati i temi al centro del racconto. La parte significante ha decisamente molta più importanza  rispetto alla  sfera dei significati; e questi ultimi devono necessariamente essere collocati in una struttura estetico-formale capace di veicolarli, al di là di banalità espressive e di derive didascaliche controproducenti.
In un film, dunque, se la sfera visuale diviene puro meccanismo illustrativo, o peggio decorativo, l’intera operazione artistica decade nell’ovvio e nello stantio.

Ebbene, quanto appena detto era il più grande pericolo che si presentava al regista israeliano Guy Nattiv e all’attrice (co-autrice) franco-iraniana Zar Amir, quando hanno deciso di imbarcarsi, insieme, nell’avventura della realizzazione del loro lungometraggio Tatami – Una donna in lotta per la libertà.
A cominciare dalla scontatissima retorica della collaborazione tra un israeliano e una iraniana, fino alle problematiche enormi dal punto di vista registico relative all’atto (quasi) impossibile di filmare una performance sportiva, gli ostacoli che la coppia Nattiv-Amir ha dovuto superare sono stati innumerevoli.

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Il nucleo contenutistico, basato sulla fattispecie classica del cosiddetto film di denuncia, è incentrato su un racconto che ha molte aderenze con la realtà degli ultimi anni: una campionessa di judo iraniana, lanciata verso la conquista della medaglia d’oro ai Campionati Mondiali di Tblisi, vive con inquietudine sempre crescente la condizione di atleta a cui il regime islamico degli ayatollah impone il ritiro per evitare di incontrare nel passaggio (sportivo) decisivo una judoka israeliana. 

Il plot ha certamente dei collegamenti con fatti realmente verificatisi e punta l’attenzione sull’ossessivo controllo che i governanti iraniani hanno nei riguardi delle azioni pubbliche dei loro cittadini. Tatami –  Una donna in lotta per la libertà, dunque, è un film sul conflitto tra la libertà dell’individuo e l’oppressione dello Stato (in questo caso un regime illiberale) ed è anche un apologo, questo sì prevedibile, sulla possibilità del dialogo tra israeliani e iraniani, al di là delle posizioni molto discutibili di un governo teocratico a dir poco antidemocratico come quello dell’Iran.

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Naturalmente, ogni boicottaggio ideologico-politico in ambito sportivo (per altro atteggiamento contrario ai principi olimpici e delle federazioni sportive internazionali), così come quelli scellerati in ambito culturale e accademico, sono da stigmatizzare con nettezza, ma questo argomento non può bastare a far sì che un film si configuri come un’opera realmente significativa. Ci vuole molto di più.
È stato proprio questo il tentativo messo in atto da Guy Nattiv e Zar Amir, un tentativo riuscito in parte ma che, comunque,  è stato in grado di dare un senso all’intera operazione. Ma scendiamo nel dettaglio.

La scelta del bianco e nero, affidato alla fotografia di Todd Martin, ha avuto il ruolo fondamentale di far concentrare la forza comunicativa del racconto non su fuorvianti ed estetizzanti aspetti cromatici ma sulla precisione cesellante dei toni dei neri e dei grigi. Questo accorgimento ha reso le immagini del film di stampo scultoreo permettendo, in tal senso, allo spettatore quasi di poter toccare i corpi delle protagoniste, di percepirsi nel cuore pulsante dell’azione scenica. Questo procedimento ha contribuito a edificare l’identificazione del fruitore con i personaggi interpretati dalle protagoniste: Arinee Mandi, nei panni della judoka Leila Hosseini, e della stessa co-regista Zar Amir, nel ruolo della coach Maryam Ghanbari.

Inoltre, Nattiv e Amir hanno avvicinato moltissimo il dispositivo ottico ai volti delle attrici, hanno reso quasi tangibili le smorfie, gli sbuffi, la rabbia, il dolore, il sangue, la fatica, la paura, la tensione attraverso un impianto visivo ossessivamente implacabile e puntuale. Hanno, di fatto, reso materica l’angoscia interiore dei personaggi.
Una macchina da presa particolarmente mobile e pedinante, con movimenti fluidi che si connettono a inquadrature con angolazioni a volte non convenzionali, ha contribuito alla confezione di una scrittura visuale del racconto mai ristagnante e noiosa. Ciò anche grazie alla scelta di innestare nel racconto alcuni flashback e sequenze costruite su accenni di montaggio alternato.
Tali aspetti positivi sono contaminati, purtroppo, da una fastidiosa e verbosa tendenza alla retorica sportiva per quel che riguarda la voce fuori campo durante gli incontri di judo e da una claudicante strutturazione di alcuni passaggi del racconto (in alcuni casi  eccessivamente sbrigativi).

Tatami –  Una donna in lotta per la libertà, tra alti e bassi (più alti, a dire il vero) conduce gli spettatori verso una conclusione inevitabile e molto malinconica.
Libertà ed esilio diventano, in definitiva, gli unici possibili fattori di un’esistenza all’insegna della dignità umana. Quest’ultima formula (ovvia) non è certo una novità sia in ambito socio-politico, sia in campo cinematografico, e ha rischiato di far approdare l’encomiabile progetto di Nattiv e Amir nel pantano del solito “filmetto” costruito su sentimenti condivisibili per un pubblico ben disposto.
È stata proprio l’impostazione estetico-formale voluta dal duo registico israelo-iraniano a condurre, invece, l’opera in un porto sicuro e a rendere, una volta tanto, il messaggio corretto, efficace e dai tratti poetici.

© CultFrame 04/2024

TRAMA

Leila è un’importante judoka iraniana che si reca, insieme alla sua allenatrice Maryam ai Campionato mondiali di Judo di Tblisi in Georgia. Tutto sembra andare per il verso giusto, fino a quando dall’Iran arriva l’ordine di ritirarsi per Leila per evitare di incontrare una campionessa israeliana. Leila si ribellerà con tutte le sue forze a questa assurda imposizione

CREDITI

Titolo: Tatami – Una donna in lotta per la libertà /Regia: Guy Nattiv, Zar Amir / Sceneggiatura: Guy Nattiv, Elham Erfani / Fotografia: Todd Martin / Montaggio: Yuval Orr /Scenografia: Sofia Kharebashvili / Musiche: Dascha Dauenhauer / Produzione: Mandy Tagger, Adi Ezroni, Jaime Ray Newman, Guy Nattiv, Keshet Studios, New Native Pictures, White Lodge Productions, Maven Pictures, Sarke Studio / Distribuzione: BIM Distribuzione / Interpreti: Arienne Mandi, Zar Amir, Jaime Ray Newman Stacey, Nadine Marshall, Lir Katz, Ash Goldeh / Anno: 2023 / Paese: Israele, Usa, Georgia / durata: 102 min.

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