Il cinema eccentrico e controcorrente di Donald Cammell

Sadismo (Perfomance), regia Donald Cammell – 1970

Chi è Donald Cammell? Chi ne ha parlato male? Il primo a farlo è stato Keith Richards, il chitarrista dei Rolling Stones, all’epoca compagno di Anita Pallenberg, attrice nel primo film di Cammell (quest’ultimo suicida nel 1996), dal titolo Performance (Sadismo, in italiano), accanto a Mick Jagger.
Cammell “era un ruffiano, un intrallazzatore di orge e ammucchiate a tre […] un “decadente parassita “ […], un uomo molto attraente, una mente affilatissima ma letale come il vetriolo.” Ecco cosa scrive Richards nella sua autobiografia (Life), pubblicata in Italia da Feltrinelli.
Non sappiamo se tutto questo sia vero ma qualcosa del genere traspare in un film come Sadismo (Performance), certamente un titolo raro anche se pubblicato in dvd (tardivamente) e ovviamente mai passato in tv. 

Co-firmato con il più noto Nicholas Roeg, il primo lungometraggio del nostro è una sorta di versione acida de Il servo di Joseph Losey, con cui condivide lo stesso protagonista: James Fox. Mick Jagger, per la prima volta sullo schermo, interpreta un’eccentrica ex rockstar che dice di aver “smarrito il suo demone.
Performance ci dà un immagine della “swinging” London molto controcorrente e all’epoca (la pellicola è del 1970) le tematiche sessuali e i rapporti sadomasochistici destarono scandalo. Rimane, comunque, un ottimo lavoro che mescola con estrema nonchalance sperimentazione e narrazione classica, senza perdere d’occhio le mode del tempo; fa fede di ciò la sua colonna sonora che passa da Randy Newman a Ry Cooder, attraverso la figura già mitica di Jagger. Un esordio non trascurabile, dunque.

Generazione Proteus, regia di Donald Cammell – 1977

Sempre negli anni ’70, Donald Cammell collaborò, a dimostrazione del suo eclettismo, con Kenneth Anger, l’autore di Hollywood Babilonia, nel suo Lucifer Rising, in cui trovò il fratello di Mick, Chris Jagger e la cantante Marianne Faithfull, ma bisognerà aspettare il 1977 per il suo secondo film da regista.
Generazione Proteus è tratto da un romanzo di Dean R. Koontz, autore di thriller e gialli spesso pieni di elementi fantascientifici, con molti best seller al suo attivo ma che non ha mai avuto fortuna per quel che riguarda le sue trasposizioni sullo schermo. In tal senso, Demon’s seed è forse la migliore in assoluto.
Cammell usò un’icona del cinema inglese come Julie Christie nella parte della moglie di uno scienziato, la quale viene violentata da un’intelligenza artificiale rimanendo addirittura incinta.
Il ritmo ipnotico della pellicola e gli ottimi effetti speciali ci spingono a non prendere in considerazione parecchie ingenuità scientifiche presenti nel film e che provengono tutte dal romanzo. In fondo, negli anni ’70, l’idea di un’intelligenza artificiale non era cosi sviluppata al cinema, ad eccezione di Hal 9000 in 2001 Odissea nello spazio (ma li siamo ad altri livelli).
Nonostante il successo ottenuto con Generazione Proteus,  Donald Cammell rimase fermo per dieci anni, durante i quali lavorò con gli U2 realizzando alcuni interessanti videoclip. 

L’occhio del terrore (White of the eye), regia di Donald Cammell – 1987

Nel 1987 arrivò il terzo titolo: White of the eye (L’occhio del terrore, in Italia), thriller eccentrico ispirato al giallo italiano (con una strepitosa ambientazione nella provincia americana più profonda) e incentrato su un serial killer di giovani donne ricche.
Ambientato a Tuscon in Arizona, il film si sviluppa lungo una dicotomia territoriale: da una parte i grattacieli della città, dall’altra i sobborghi che si estendono fino al deserto. E sarà grazie a questa dicotomia che il regista rifletterà sulla figura del suo killer proletario e sui suoi traumi.
White of the eye è un neo-noir di eccezionale fattura che cita elegantemente, e senza forzature, molto cinema europeo di genere. I delitti che avvengono, tutti fuori campo, ci offrono dettagli cromatici che rimandano al cinema di un Mario Bava per arrivare, iconograficamente parlando, al finale pirotecnico in cui si cita addirittura Jean-Luc Godard e il suo Pierrot Le Fou.
 Il suo assassino “quotidiano” è figlio dell’Antony Perkins di Psyco e del Carl Bohm di Peeping Tom di Michael Powel. Ma L’occhio del terrore non è un semplice film cinefilo e citazionista: “ offre un visione cosmica e profondamente mistico-religiosa nell’intenso dramma psicologico di un serial killer” (Jeremy Mark Robinson, The Cinema of Donald Cammell, 2015). 

L’opera, nella sua uscita americana, ha rischiato una classificazione “X”, quella data soprattutto ai film vietati ai minori di 16 anni per le scene di violenza e di sesso, ma fu “salvato” da Marlon Brando che scrisse una lettera alla Motion Picture Association of America nella quale metteva in evidenza il valore artistico del lungometraggio, aiutando  in tal modo la pellicola ad ottenere la valutazione “R”.
Il successo di questo lavoro, comunque, è stato molto relativo: rivalutato solo negli ultimi anni ha avuto una veloce uscita nelle sale in Italia ma non è mai stato pubblicato in Dvd. 

Il tocco del diavolo (Wild Side), regia di Donald Cammell – 1995

La quarta e ultima pellicola dal titolo Il tocco del diavolo (titolo originale è Wild Side) ha avuto una sorte ancora peggiore. Infatti, il film gli venne sottratto in fase di post-produzione dai produttori, i quali decisero di rimontarlo per poi distribuirne una versione assolutamente diversa da quella voluta da Cammell. Presentato al Mercato di Cannes nel 1996, Wild Side non ha avuto una regolare distribuzione, in Italia mi sembra sia uscito solo in Vhs e mai in Dvd. Non c’è stata nemmeno una riedizione dopo il suo “restauro” nel 2010. La versione “Director’s cut” dura 115 minuti mentre mentre quella per la sale, in qualche paese,  arriva solo a 95 minuti!
Quest’ultimo film del nostro è un Cammell allo stato puro. Forte di un cast a dir poco ispirato, da Anne Heche e Christofer Walken fino a Allen Garfield, Steven Bauer e Joan Chen, dilata tutte le ossessioni del regista a livelli parossistici. I personaggi sono tutti al limite: nevrotici, paranoici, sull’orlo dell’abisso.

I temi tipici del suo cinema, dal sesso alla violenza psicologica (ma anche fisica), fino alla corruzione dell’anima, sono tutti presenti in questo noir cinico e senza falsi moralismi.
Un gioco di doppie identità e ricatti, tra una donna, di giorno dipendente di una banca e di sera escort di lusso, un finanziere perverso sposato e innamorato della escort, e un altro uomo, l’autista del finanziere, il quale è un agente FBI sotto copertura che lavora per incastrarlo.
Cammell, aiutato anche dalla musica del grande Ryūichi Sakamoto, crea un’atmosfera malsana e grottescamente brutale, molto vicina a quella dei più famosi (e forse più agguerriti) Pulp Fiction e Natural Born Killers. 

Depresso per la sorte di Wild Side e per i continui scontri coi produttori, Donald Cammell si suicidò con un colpo di fucile nella sua casa di Hollywood il 23 aprile del 1996.

© CultFrame 02/2023

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