Três tigres tristes ⋅ Un film di Gustavo Vinagre ⋅ Teddy Award 2022 ⋅ 72° Berlinale.

Sin nel titolo, il nuovo film di Gustavo Vinagre presentato nella sezione Forum e vincitore del Teddy Award 2022 come miglior film queer della 72° Berlinale, contiene una doppia tonalità emotiva: c’è la malinconia come sentimento dilagante – nel permanere di una pandemia che fino ad oggi ha causato 642.000 vittime in Brasile e quasi 6 milioni nel mondo – e c’è lo spirito ludico, quasi innocente, di chi desidera immaginare un futuro oltre il negazionismo di Stato, oltre l’autoritarismo razzista e sessista del potere in carica. In brasiliano, le “tre tigri tristi” sono uno scioglilingua analogo al nostro “trentatré trentini”, un gioco a ostacoli come la vita dei tre personaggi principali del film: Pedro, Isabela e Jonata, creature candide e colorate, illuminate dalla fotografia in rosso e oro di Cris Lyra.

Mentre il mondo è afflitto da una pandemia che causa perdita di memoria e morte, Pedro e Isabela cercano di resistere e di costruirsi un futuro. I due dividono un miniappartamento a São Paulo: lui è pittore e si prostituisce online, lei è una ragazza trans che prepara gli esami di ammissione all’università e intanto sogna di fuggire lontano dalla grande città costosa e inquinata. Un giorno, dalla provincia arriva Jonata, nipote di Pedro e quasi suo coetaneo. In quanto sieropositivo, il ragazzo deve sottoporsi a periodiche visite di controllo in ospedale ma intanto ne approfitta per passare un paio di giorni con Pedro e Isabela, tra relax, chiacchierate e flânerie attraverso lo spazio e il tempo. La pandemia costringe le “tre tigri” a una vita di cautele: spray disinfettanti, mascherine e stratagemmi vari per sublimare la voglia di baci. Ma è possibile vivere una giovinezza con il freno tirato? Come cambia la vita queer in pandemia? Si può ancora sognare, sperare e desiderare quando l’aria è irrespirabile e l’orizzonte sembra destinato a restringersi e a incupirsi? Sì, se non si cede all’idea che questo mondo individualista e governato dal profitto è l’unico possibile.

Dopo una serie di “documentari”, Vinagre torna alla “finzione”, categorie, queste, da prendere con le molle quando si tratta di un autore che diffida da ogni forma di naturalismo. Si potrebbe dire, piuttosto, che dopo tre film d’interni (Lembro mais dos corvos; A rosa azul de Novalis; Vil, má), Vinagre torna a filmare la città, come ai tempi di Nova Dubai. Allora si trattava di dissacrare con la pornografia gay la boria fallica della nuova edilizia paulista. Questa volta lo sguardo sulla città è meno simbolico e più interessato alle tracce visibili e invisibili dei rapporti di potere. Mentre i personaggi girano per le bancarelle di un mercato, sostano su un cavalcavia, passeggiano sotto un ponte, fanno amicizia con una truccatrice influencer, attorno a loro brulica il traffico automobilistico, il passaggio di disoccupati, raccoglitori di rifiuti e affaristi, sui muri ci sono i poster contro il “presidente-genocida”. La macchina da presa percorre strade memori di vicende che il potere oggi vuole cancellare: lo schiavismo, la dittatura, la brutalità verso l’ambiente. I luoghi sono punti di fuga immaginativi attraversati da fantasmi e spiriti alieni evocati con zoom ottici ed effetti sonori da fantascienza pop.

In questo senso va compreso anche il discorso del film sulla memoria, intesa non come fine dove l’esperienza stagna ma come strumento dinamico di difesa intellettuale. Dopo aver vagato per la città, infatti, i tre personaggi finiscono in due “luoghi di memoria”. Il primo è la casa di Omar, un anziano cliente di Pedro sieropositivo dal 1992 ma ormai minacciato più dal cancro che dall’AIDS. Omar rappresenta il rapporto con la generazione queer che ha vissuto la pandemia di AIDS, una sindrome che oggi uccide meno benché dopo quarant’anni ancora non si sia trovato un vaccino contro l’HIV: ecco che ricordare permette di misurare e interrogare gli scarti tra passato e presente con l’HIV diventato un virus invisibile perché ci si può convivere, perché i trattamenti possono rendere la sua carica virale “non rilevabile” ma anche perché non se ne vuole parlare, ci si rifiuta di darne una rappresentazione. Tra l’altro, alla questione Gustavo Vinagre e Fábio Leal hanno dedicato il documentario Deus tem AIDS (2021) che, attraverso l’opera e la presa di parola di diversi artisti, riflette sul rapporto tra arte e sieropositività in Brasile.

Il secondo luogo di memoria dove si recano le “tigri” è il negozio di antiquariato di un’amica di Omar, la musicista Mirta, che con il suo pianoforte crea uno spazio temporale senza distinzioni tra passato, presente e futuro, dove il sogno incontra l’utopia e i morti tornano in vita. In quest’ultima parte, il film rallenta il passo e presta la scena a numeri di cabaret e di drag con la volontà di dare visibilità ad artiste non bianche, non giovani, non ricche, non perfette, insomma non conformi alle norme di genere, di razza e di classe che pesano anche in certi ambienti GLBT ammansiti dalle regole del mercato. Un po’ come la “drag race” televisiva di cui discutono Jonata e il corteggiatore occasionale che gli dice: “non mi piace la Drag Race, perché non mi piace la reality”. Quando tutto sembra perduto, libertà e verità possono ancora nascondersi in un gioco di parole.

© CultFrame 02/2022

TRAMA
Il futuro distopico di São Paulo non è molto diverso dal presente: c’è una pandemia virale che uccide le persone dopo averne cancellato la memoria e il capitalismo permea tutti i rapporti. Tre personaggi attraversano la città tra incontri surreali, memorie condivise, confidenze, sogni e desideri di un altrove che forse è già possibile per chi è ancora capace di fare comunità.

CREDITI
Titolo: Três tigres tristes / Regia: Gustavo Vinagre / Sceneggiatura: Gustavo Vinagre, Tainá Mühringer / Interpreti: Isabella Pereira, Jonata Vieira, Pedro Ribeiro, Gilda Nomacce, Carlos Escher, Julia Katharine / Fotografia: Cris Lyra / Montaggio: Rodrigo Carneiro / Musica: Marco Dutra, Caetano Gotardo / Produzione: Rodrigo Carneiro / Brasile, 2022 / Durata: 86 minuti.

SUL WEB
Filmografia di Gustavo Vinagre

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