Vortex o To prosopo tis Medusas ⋅ Il cinema visionario di Nikos Koundouros

Nikos Koundouros è forse il regista greco con più partecipazioni ai festival cinematografici europei. Molti premi vinti e tanti riconoscimenti, anche se il suo cinema (l’ultimo film To ploio gia tin Palestini – t.l. La nave per Palestina – risale al 2012) è oggi pressoché dimenticato, persino nel suo paese nativo.

Vortex o To prosopo tis Medousas (t.l. Vortex o il volto della medusa) è un lungometraggio girato tra il 1967 e il 1971 ed è stato completato tra Roma, Parigi e Londra, città, quest’ultima, dove Koundouros fuggì dopo il colpo di stato dei colonnelli. Si tratta di un film sperimentale, sulla falsariga del cinema di Jodorowsky e del successivo Lars Von Trier, un’opera girata in un luminoso bianco e nero e ambientata su un’isola del mar Egeo. Leggenda vuole che quando l’autore cercò una distribuzione negli Stati uniti, la United Artists, ai cui responsabili pare piacque tanto, gli chiese di rigirarlo ma a colori per evitare l’etichetta di “art movie”.

Infine, nonostante la sua partecipazione alla 17ma edizione del Festival di Berlino, Vortex è rimasto inedito un po’ ovunque, grazie anche alla mannaia della censura. A (ri)vederlo oggi, però, mi è sembrato di una modernità sconvolgente.

La storia si muove su un canovaccio erotico-criminoso per arrivare a un’analisi  psicologica sul comportamento sessuale dell’uomo e della donna. Tre uomini e una donna, questi i cardini della vicenda. In un gioco meta-cinematografico lungo un’eternità la donna cerca di “divorare” gli uomini, ecco perché il titolo Vortex; ma cerca di “divorarli” attraverso il suo sguardo enigmatico ed ecco perché Il volto della medusa.

Il film di Koundouros  racconta questo rapporto in maniera esplicita ed evidenzia relazioni sessuali sia etero che omosessuali, per quanto quest’ultime suggeriti solo dalla nudità e dalla bellezza dei corpi maschili. Tutto, in ogni caso, mai veramente pornografico, nonostante la visione, “tabù” per l’epoca, dei genitali, raffigurati comunque in una maniera mai “oscena”. Vortex, dopo la censura subìta, è riemerso dall’oblio solo in anni più recenti in alcuni festival in Grecia.

Il regista utilizza l’ambientazione tipica di un’isola greca (siamo a Creta) in maniera mai turistica e  di conseguenza il contesto ambientale diviene un palcoscenico che include il mito e la mitologia. Non a caso una giovane donna si chiama Astarte, divinità fenicia (in Grecia antica sarebbe la Terra Madre), mentre gli uomini prendono pose plastiche come quelle delle statue. Si palesano, inoltre, simboli pagani che abbondano in una struttura post-moderna fatta di pietre bianche che caratterizzano l’intera ambientazione del film. Parole, rumori, sospiri, sussurri e grida si confondono con il vuoto dell’anima,  mentre l’uso di pochi abiti moderni non impedisce il richiamo a una violenza primordiale.

Nikos Koundouros è un regista fortemente visionario anche quando affronta il neo-realismo con Magiki Polis (t.l. Città magica – 1954), o quando realizza il suo capolavoro O Drakos (t.l. L’Orco – 1956),  ma anche quando gira il suo film più famoso Giovani prede del 1963. La sua visione, insomma è sempre un gradino più in alto rispetto realismo. Ma in Vortex si arriva all’apice della visionarietà. Come scrive Beniamino Biondi nel suo Il volto della Medusa-Il cinema di Nikos Koundouros (Associazione Culturale Il foglio): “ il film – che anticipa certe opere di Polanski, Jodorowsky e Arrabal – è ascrivibile tra i primi tentativi di cinema panico”.

I protagonisti di Vortex sono senza radici, senza psicologia, almeno spicciola, e senza nessun dramma alle spalle. Vivono su un’isola e si nutrono dei loro stessi corpi: nessuna spiegazione logica e nessun riferimento sociale. Si tratta di una tragedia ma senza il tragico. Esattamente come un fumetto.

Da segnalare le musiche di Yiannis Markopoulos e quelle di Vangelis (all’epoca insieme nel gruppo musicale progressive “The Afrodite’s Child”). Nel film, oltretutto,  è possibile ascoltare il brano Four Horseman, tratto dall’album 666, con i vocalizzi di Demis Roussos. È infine doveroso segnalare le interpretazioni “attonite”, “godardiane” e “sensuali” di Fanis Hinas, Hara Angelousi, Filippos Vlachos e Alexis Mann. In una parte piccola è presente anche Yorgo Voyagis.

Vortex o To prosopo tis medousas è stato recuperato proprio nel 2021 all’interno della rassegna Memorie dalla dittatura organizzata dalla Cineteca di Atene accanto ai film di Theo Angelopoulos, Frida Liappa, Pantelis Voulgaris ed altri importanti registi del cinema greco contemporaneo.

© CultFrame 10/2021

TRAMA
Su un’isola deserta in Grecia un gruppo di uomini si confronta con una donna affascinante che come un ragno, la Medusa appunto, spinge gli uomini  alla distruzione.

CREDITI
Titolo originale: Vortex o To prosopo tis Medousas / Regia: Nikos Koundouros / Sceneggiatura: Vaggelis Goufas, Nikos Koundouros / Soggetto: Nikos Koundouros / Fotografia: Karlheinz Hummel, Dimitris Nicolaou / Montaggio: Giorgos Tsaoulis/ Musica: Yiannis Markopoulos, Vangelis/ Interpreti: Fanis Hinas, Filippos Vlachos, Hara Angelousi, Alexis Mann/ Produzione: Nikos Koundouros/ Anno produzione: 1967-1971 / Paese: Grecia, Gb/ Durata: 90 minuti

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