Tra natura e politica ⋅ La mostra di Thomas Struth a Bologna

© Thomas Struth. Spettrometro a incidenza radente / Max Planck IPP, Garching, 2010

Il termine “Caos”, non aveva, nel suo significato originario, l’attuale connotazione di “disordine”.  Il termine greco antico Chaos indicava, invece, l’idea di “spazio aperto”, o meglio di fenditura, burrone, voragine, abisso, dove albergavano tenebre ed oscurità. Un qualcosa, quindi, che sfugge alla visione, alla completa comprensione, un baratro sul quale ci affacciamo con sgomento, non riuscendo a dargli un senso.

È la stessa completa comprensione che sfugge nella vecchia e ben nota serie “Paradise” di Thomas Struth, dove gli elementi naturali fotografati, come boschi e giungle dalla fitta ed intricata vegetazione, non sembrano avere un centro. Completamente prive di un “soggetto”, esse sfuggono alla nostra comprensione; la lussureggiante, impenetrabile vegetazione respinge indietro il nostro sguardo. Come dice il curatore della mostra, Urs Stahel:

Apparentemente ci troviamo di fronte alla natura nella sua forma primordiale. La luminosa cortina verde e splendente ci invita a penetrare in un caos naturale, ma si fa improvvisamente fosca e oscura nell’istante in cui ci accingiamo a farlo. Struth ci conduce volontariamente su un terreno insidioso che, nonostante le sue attrattive, ci destabilizza, disattende le nostre aspettative e ci lascia soli in compagnia delle nostre nostalgie, fantasie e proiezioni. Indecisi se entrare o restare fuori”.

La serie della natura richiamata dal titolo e più volte citata dal curatore è però appena “suggerita” (una solo foto a simboleggiare la passata ricerca dell’autore, trasmigrata nell’attuale) nella nuova mostra dell’autore “Nature & politics” esposta al MAST di Bologna fino al 22 aprile 2019, che ne sviluppa il concetto attraverso differenti canoni di rappresentazione. Nelle 25 fotografie esposte, di grandissimo formato e composte con assoluta e minuziosa precisione, la visione estraniante di Thomas Struth si sposta su apparecchiature scientifiche, grandi impianti industriali, sale operatorie ipertecnologiche o piattaforme petrolifere.

© Thomas Struth. Sorghum, Danforth Plant Science Center, St Louis 2017
© Thomas Struth. Sorghum, Danforth Plant Science Center, St Louis 2017

Quello che vediamo, ad una prima e superficiale analisi, non è altro che complicati grovigli di cavi, sbarre, giunzioni, coperture metalliche, rivestimenti plastici. Come nella vegetazione di “Paradise”, appare impossibile dare un senso a tale accozzaglia di oggetti. Non osserviamo qui ambienti di natura primordiale, ma elementi progettati, costruiti e ben strutturati da menti e mani umane; eppure, anche qui, essi ci appaiono altrettanto estranei, insoliti, incoerenti e ci avviciniamo ad essi – o ne siamo respinti – incapaci di comprendere il significato di quegli strani accostamenti di oggetti.

Freud, nel 1919, usava il termine di “unheimliche” parlando di un sentimento che si sviluppa quando qualcosa (o persona, fatto, situazione) viene avvertito come familiare ed estraneo allo stesso tempo. È il sentimento (“perturbante”, come dalla traduzione più accreditata del termine freudiano) che si sviluppa guardando le immagini di Struth, che “pur essendo così nitide, precise e bilanciate non sono mai in grado di darci informazioni precise. Questi universi sono e restano insondabili, senza legende, senza spiegazioni e contestualizzazioni” (Urs Stahel).  Come nell’intrico di rami delle foto di natura, così nel groviglio di cavi e nel nuovo caos di pulsanti non riusciamo a distinguere alcun ordine razionale e la tecnologia che Struth cerca di indagare si fa al tempo stesso completamente familiare e categoricamente inconoscibile

© Thomas Struth. GRACE-Follow-On, veduta dal basso, IABG, Ottobrunn, 2017
© Thomas Struth. GRACE-Follow-On, veduta dal basso, IABG, Ottobrunn, 2017

Racconta Thomas Struth di come sia iniziata la sua ricerca, nel 2007, fotografando alcuni ambienti di Cape Canaveral non aperti al pubblico e di come egli abbia percepito un senso di progetto “politico” oltre che meramente “scientifico” sotteso alla tecnologia che stava fotografando. Dietro alla tecnologia che Struth fotografa si intuisce sempre, infatti, la presenza invisibile di un pensiero, una volontà, un potere di pochi di comprendere e controllare ciò di cui non stiamo vedendo che la superficie. Un’invisibilità che invade oggi molta parte della nostra vita, una tecnologia pervasiva che non vediamo ma di cui sono evidenti solamente le tracce, gli effetti.

Come nel significato letterale dell’Unheimliche di Freud, “fuori-casa”, tutto questo “invisibile” giace sotto la casa e fa solo intuire la sua esistenza, sepolto sotto pesanti architetture di abitudini e credenze; in modo diretto o variamente mediato, fa irruzione nelle nostre vita, mutandone il corso come nel caso del robot chirurgico dall’emblematico nome “Da Vinci” che  Struth fotografa presso l’ospedale di Berlino raffigurandolo come una sorta di organismo alieno, un cyborg al quale deliberatamente diamo in consegna i nostri corpi e le nostre vite.

Anche senza capire immediatamente la funzione degli ingranaggi che vediamo, percepiamo da queste immagini tutta la complessità, la portata e la potenza dei processi tecnologici, ma intuiamo anche il potere, la politica della conoscenza e del commercio che si celano dietro di essi.

Le fotografie di Struth ci destabilizzano, ci spingono ad interrogarci su questi mondi singolari e “perturbanti” e sul nostro rapporto con essi. Guardando dentro l’abisso buio del Chaos di cui continuiamo a non scorgere il senso, ci chiediamo quanto abbiamo guadagnato e cosa abbiamo perduto.

© CultFrame 02/2019

INFORMAZIONI
Thomas Struth: Nature & politics / A cura di Urs Stahel
Dal 2 febbraio al 22 aprile 2019
MAST / via Speranza 42, Bologna
Orario: Martedì – Domenica 10.00 – 19.00 / Ingresso libero

SUL WEB
Il sito di Thomas Struth
MAST, Bologna

0 Shares: