La tenerezza del lupo. Un film di Ulli Lommel

Non ci sono dubbi che La tenerezza del lupo, il film d’esordio alla regia di Ulli Lommel, sia un lavoro collettivo. O almeno nasce dalla volontà di più menti che il genio di un regista, oggi ancora troppo scomodo per essere ricordato, come Rainer Werner Fassbinder (qui in veste di produttore) è riuscito, per una sua soddisfazione personale, a mettere insieme.

La tenerezza del lupo, pellicola girata nel 1973, con gli “avanzi” economici del fassbinderiano Effi Briest, racconta le gesta del lupo mannaro di Hannover, la stessa figura che ispirò Fritz Lang per lo straordinario M, personaggio che violentò e uccise un gran numero di ragazzi tra i 13 e i 20 anni vendendo poi i loro averi e addirittura la loro carne al mercato nero. Il suo periodo d’azione erano gli anni ’20, quando sulla Germania incombeva il fantasma del nazismo. Lommel, per motivi economici (scenografie, costumi, etc.), sposta tutto nel 1945 ma la sostanza non cambia molto: la Germania usciva dalla Seconda Guerra Mondiale a pezzi.

Dicevamo un film collettivo. Prima di tutto la tematica. Se andiamo a sbirciare nella filmografia del regista Lommel (lui nasceva come attore del movimento Antiteateer del regista di Querelle), che più tardi si è trasferito in America, è costellata di horror e molti film direct-video sui serial killer, senza però raggiungere mai il livello de La tenerezza.

Il suo inquietante protagonista, Kurt Raab, nella biografia che firma (dal titolo L’amore è più freddo della morte), dedicata a Fassbinder, ci svela che era lui l’autore della sceneggiatura e che lo stesso Fassbinder, dopo aver riscritto i dialoghi, ha deciso di produrlo solo se, per fare uno sgarbo al suo ex amante Raab, lo avesse diretto l’inesperto Lommel.

Così quello che Fassbinder considerava un grande attore come Ulli Lommel passava dietro la macchina da presa e quello che considerava un attore mediocre diventava l’emblema di una delle pellicole più audaci di quegli anni. E per chiudere questa “Hollywood Babilonia” completa il cast, come se fosse uno di quei produttori hollywoodiani che tanto detestava, con il meglio del suo gruppo di attori teatrali: oltre a Kurt Raab, abbiamo Ingrid Caven, Margit Carstensen, Brigitte Mirra, il fedelissimo El Hedi ben Salem, lo stesso Fassbinder, nel ruolo di un pappone, e persino una giovanissima Rosel Zech, che più tardi avrebbe illuminato la Veronica Voss del suo mentore.

Ma se La tenerezza del lupo voleva essere un regolamento di conti oppure un gioco psicologico tra Fassbinder e i suoi amanti (o presunti tali), alla fine a guardarlo oggi è riuscito a diventare qualcosa di diverso.

Lommel aveva assimilato molto bene la lezione del suo consigliere e ha raffreddato la materia scottante creando alcuni “tableaux” della vita tedesca di grande suggestione. I momenti disperati di una popolazione alla ricerca di un’identità e, soprattutto, quelli che servivano per riuscire a superare la vergogna nascondendo i peccati e anche i “nuovi mostri” danno alla pellicola uno straniamento difficilmente riscontrabile in un horror.

Perché La tenerezza del lupo è un horror a tutti gli effetti. Gioca con il suono (i passi dell’assassino), i chiaroscuri (le ombre delle case, quasi espressioniste, ma anche quelle che cadono impietose sulle vittime), i luoghi (da quelli isolati delle stazioni dove il lupo mannaro cerca i suoi cappuccetti rossi, fino ai boschi e i fiumi dove abbandona i corpi).

E poi il regista va oltre il mostrabile. Quello che Lang ha dovuto farci intuire con la palla che cade dalle scale o il palloncino che “scappa” nel cielo, qui diventa tutto esplicito. Forse l’omosessualità del personaggio (e dell’attore) ha permesso di mettere in scena i corpi maschili senza nessun pudore. Genitali in esposizione come se fossero carne da macello (e forse lo erano), corpi efebici nudi abbandonati alla morte senza nessun fronzolo di viscontiana memoria. Infatti, all’epoca, ricorda sempre Raab nella preziosa e dettagliata bio di Fassbinder, scritta a quattro mani con Karsten Peters, molti omosessuali hanno attaccato il film. Come, aggiungiamo noi, è successo con l’altrettanto prezioso e invisibile “Cruising” di William Friedkin.

Un film tanto “più freddo della morte”, in cui gli uomini uccidono i giovani, ovvero quel futuro di cui la Germania aveva bisogno, e le donne sono loro complici, ignorando e  coprendo la loro colpevolezza.

Una cosa del genere non poteva funzionare in Italia: in un paese dove la commedia all’italiana giustificava i borghesi piccoli piccoli e le saponificatrici (come il personaggio centrale de Il gran bollito) diventavano figure grottesche (per carità, già quello fu notevole grazie ad un outsider come Mauro Bolognini).

Ma per vedere una “ultima cena” blasfema in cui una famiglia si cibava delle carni di un ragazzo, o dovevamo guardare verso l’antichità, grazie a Tantalo che ha offerto il corpo del figlio agli Dei, oppure aspettare Pasolini e Ferreri. A proposito, chi se li ricorda questi ultimi? Adesso non voglio esagerare accomunando Ulli Lommel ad alcuni autori di eccelso livello ma come abbiamo detto fin dall’inizio La tenerezza del lupo è un film quasi collettivo. E delle volte sono i migliori.

Il dvd che abbiamo visionato è quello tedesco con i sottotitoli inglesi (a scelta). Contiene il trailer originale del film e un’intervista recente (piuttosto inutile) del regista in cui si attribuisce tutto il merito. Ma il restauro della pellicola grazie alla fondazione Fassbinder è notevole.

© CultFrame 07/2016


CREDITI

Titolo italiano: La Tenerezza del lupo / Titolo originale: Die Zärtlichkeit der Wölfe/ Regia: Ulli Lommel / Sceneggiatura: Kurt Raab, Ulli Lommel / Montaggio: Thea Eymèsz/ Fotografia: Jürgen Jürges/Musica: Peer Raben/ Interpreti: Kurt Raab, Jeff Roden, Ingrid Caven, Margit Carstensen, Brigitte Mirra, El Hedi ben Salem, Rosel Zech/ Produzione: Rainer Werner Fassbinder / Anno: 1973 / Durata (originale): 79 min. / Edizione dvd: CMVLaservision

SUL WEB
Filmografia di Ulli Lommel

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