Tsili. Un film di Amos Gitai. 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Fuori concorso

Un bosco fitto, selvaggio, apparentemente inospitale, misterioso e terribile. Un luogo dove gli esseri umani si perdono ma allo stesso tempo si ritrovano. Sullo sfondo colpi di cannone e scoppi di bombe che scandiscono incessantemente il tempo che passa. Il giorno e la notte si alternano ma nulla sembra cambiare. Si aspetta la primavera e tutto forse sarà nuovo. Poi un territorio aperto, quasi privo di vegetazione, ospita anime erranti che vagheggiano un nuovo mondo e una nuova terra. Ma l’orrore indicibile non ha fatto altro che bloccare ogni speranza, distruggere ogni sogno di una vita normale.

L’atmosfera narrativa e visiva di Tsili, recente prova autoriale di Amos Gitai, è pervasa da un senso di angoscia indescrivibile, da una tragica percezione del non senso, dalla certezza della follia della persecuzione. Si, la persecuzione, un’impressione di oppressione di cui i protagonisti faticano a liberarsi perché, come sostiene uno di loro, per il popolo ebraico si dovrà sempre trovare una “giustificazione alla sua esistenza”, cioè una sorta di spiegazione che serva a non far scatenare l’odio, il razzismo e l’antisemitismo.

Tsili in tal senso (il cui soggetto è tratto da un romanzo di Aharon Appelfeld) è un’opera cinematografica che non riesce solo, in maniera alta, a comunicare cosa sia stato l’orrore della Shoah senza cadere nei soliti luoghi comuni visivi. Rappresenta qualcosa di più: un testo audio-visivo filosofico-poetico sulla perdita del desiderio di vivere e sulla fragilità della speranza. Tutto provocato dalla più abominevole delle pratiche: la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, di un popolo su un altro popolo.

Amos Gitai racconta la storia della sopravvissuta Tsili costruendo un lungometraggio denso di idee. Eccole. Costruisce innanzi tutto il personaggio centrale operando una tripartizione espressiva e strutturale. Sono due le attrici che impersonano Tsili (Sarah Adler e Meshi Olinski). Alle due interpreti si aggiunge la voce fuori campo di Lea Koenig. Ciò determina nello spettatore una percezione densa di alienazione, in cui lo straniamento diviene lo strumento per comprendere lo spessore drammatico del personaggio. Il bosco e lo spazio aperto rappresentano le due contraddizioni della natura: la prima nasconde e protegge nel pericolo, la seconda riempie il cuore e lo sguardo di illusioni per il futuro e restituisce a chi ha sofferto il sapore della libertà.

Gitai privilegia in questo film la fissità della macchina da presa (solo in poche sequenze diventa improvvisamente dinamica) e adotta il montaggio interno, dunque le inquadrature mutano di valore senza che l’autore realizzi sequenze virtuosistiche (difetto che alcuni attribuiscono al cineasta israeliano). Le immagini acquistano, in questo modo, una forza indescrivibile e diventano veri e proprio strumenti di evocazione. I paesaggi, gli spazi naturalistici, assumono una dimensione metaforica, rappresentano qualcosa d’altro, qualcosa che allude alla relazione indecifrabile tra l’agire umano e l’indifferenza dell’esistente.

Tsili va fruito come un flusso visuale-narrativo in grado di far confrontare lo spettatore con la Shoah eliminando il già detto e il già visto. Gitai in questa occasione sembra, dunque, molto vicino a Claude Lanzmann (documentarista francese autore del capolavoro Shoah), al suo rigore, alla sua forza morale, alla sua integrità espressiva, al suo sentimento estetico (e per estetica si intende ovviamente non la bellezza, ma il sentimento della percezione).

Il film è da vedere con la dovuta concentrazione fin dai titoli di testa, parte dell’opera che presenta subito una delle tante idee espressive di Gitai, uno dei pochi autori di cinema ancora in grado di produrre immagini realmente toccanti.

© CultFrame 09/2014

 

TRAMA
Tsili è una ragazza ebrea che è riuscita a scappare durante una retata nazista. Si nasconde in un bosco fitto e selvaggio e si nutre di piante. Un giorno capita vicino al suo nascondiglio un altro ebreo in fuga dai nazisti: Marek. I due divideranno per qualche tempo il rifugio, ma anche tensioni e speranze (senza parlarsi quasi mai). Poi un giorno Marek andrà a cercare cibo e non farà più ritorno. Tsili tornerà a essere sola e la ritroveremo tempo dopo insieme ad altri sopravvissuti alla Shoah in attesa di partire per un luogo lontano: la Palestina.

CREDITI
Titolo: Tsili / Regia: Amos Gitai / Seneggiatura: Amos Gitai, Marie-José Sanselme tratta da Tsili di Aharon Appelfeld / Fotografia: Giora Bejach / Montaggio: Yuval Orr, Isabelle Ingold / Scenografia: Andrei Chernikov / Musica: Alexei Kochetkov, Amit Poznansky / Interpreti: Sarah Adler, Meshi Olinki, Lea Koenig, Adam Tsekhman, Andrey Kashkar, Yelena Yaralova / Produzione: Aga Film, Hamon Hafakot, Trikita Entertainment / Distribuzione: Microcinema / Paese: Israele, Russia, Italia, Francia, 2014 / Durata: 88 minuti

LINK
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Il sito di Amos Gitai
Filmografia di Amos Gitai
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito
Microcinema

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