37° Torino Film Festival ⋅ Il programma

L’edizione 2019 del Torino Film Festival si apre ufficialmente il 22 novembre, preceduta però la sera del 21 da un concerto di colonne sonore eseguite dall’Orchestra del Teatro Regio che inaugura anche un’iniziativa dai contorni ancora in buona parte imprecisati: la municipalità sabauda ha infatti lanciato per il prossimo anno la manifestazione intitolata “Torino Città del Cinema 2020”, al momento un brand che riunisce attività e appuntamenti già esistenti con l’aggiunta di alcune installazioni disseminate nel centro cittadino, concepita in occasione del ventesimo anniversario della riapertura della Mole Antonelliana allestita a Museo della settima arte.

In ogni caso, il 37° TFF riparte da dove ci si era lasciati lo scorso anno: stessa formula collaudata e guidata da Emanuela Martini, che non esclude l’ipotesi di prolungare il suo impegno se la politica locale in difficoltà cronica nelle nomine (vedasi i casi recenti di direttore e presidente del Museo Nazionale del Cinema) non troverà una nuova direzione almeno altrettanto energica in grado di garantire continuità e innovazione.

Per il 2019, in programma a Torino ci sono una cinquantina di prime mondiali sui quasi duecento film suddivisi nelle varie sezioni, incorniciati tra l’apertura affidata a Jojo Rabbit di Taika Waititi (in sala da gennaio 2020), commedia ambientata a Vienna alla fine del nazismo con protagonista un ragazzino che ha per idolo Adolf Hitler e nel cast Scarlett Johansson e Sam Rockwell, e la chiusura con il giallo corale Knives Out di Rian Johnson (in uscita il 5 dicembre) interpretato da Daniel Craig, Chris Evans, Jamie Lee Curtis, Toni Collette, Don Johnson, Christophe Plummer…

Stessa formula, si diceva, con da un lato il concorso riservato ai registi quasi esordienti, quest’anno 13 tra cui si può segnalare la seconda prova dell’allievo di Sokurov K. Balagov, Dylda, la prima regia di Tom Cullen, noto per il ruolo di Gillingham in Downton abbey, e del musicista Marc Collin, fondatore dei Nouvelle Vague o Algunas Bestias del cileno Jorge Riquelme Serrano con Alfredo Castro.

E dall’altro, tra le restanti sezioni competitive e i contenitori Festa Mobile, After Hours e Onde, il festival dei festival con opere provenienti dalle principali vetrine europee. Da Berlino, l’Orso d’Oro 2019 Synonimes di Nadav Lapid, l’austriaco Die Kinder der Toten che Kelly Copper e Pavol Liska hanno tratto con qualche libertà da un testo del Nobel Jelinek girandolo in super8 e che è prodotto dal loro collega Ulrich Seidl, Heimat ist ein Raum aus Zeit di Thomas Heise, Delphine et Carole di Callisto Mc Nulty, Dio è donna e si chiama Petrunya della regista macedone Teona Strugar Mitevska, che al Tff è quest’anno anche giurata e omaggiata con una rassegna completa dei suoi lunghi, Kako ubiv svetec (2004), JJas sum od titov veles (2007), Tears (2012), Teresa and I (documentario su Madre Teresa di Calcutta, 2015).

Da Locarno, il vincitore Vitalina Varela di Pedro Costa, ma anche il brasiliano A febre di Maya Da-Rin (premiato per il miglior attore e dalla critica) e i documentari (per quel che vale oggi questa definizione) 143 rue du désert di Hassen Ferhani, Space Dogs di Elsa Kremser e Peter Levin, Lonely Rivers di Mauro Herce e L’apprendistato di Davide Maldi. Da Cannes, oltre al già citato Dylda, La gomera di Corneliu Porumboiu, Liberté di Albert Serra, Port Authority di Danielle Lessovitz, Abou Leila di Amin Sidi-Boumédiène, Litigante del colombiano Franco Lolli… Nel complesso, l’impressione di una curatela traspare nelle sezioni dedicate al ‘cinema del reale’, con i focus dedicati al “desiderio” e alla “bellezza del mondo” curati da Davide Oberto e che proseguono le riflessioni cinematografiche dello scorso anno sulla “apocalisse” e sulla “fine del mondo”.

Quest’anno torna a Torino anche l’affezionato Abel Ferrara che mancava da qualche tempo sotto la Mole e si rifà portando ben due diversi titoli recenti: Tommaso che ambienta nel quartiere romano dell’Esquilino una storia famigliare in cui Willem Dafoe interpreta un alter ego del regista alle prese con complicazioni lavorative e famigliari accanto alla moglie e alla figlia vera di Ferrara, e The Projectionist che segna un ritorno alla New York degli anni Settanta in compagnia di un proiezionista leggendario dell’epoca, Nicolas Nicolau. Autobiografia e memoria anche per Altan, a cui dal 1996 si deve l’annuale premio Cipputi per film a tematica lavorativa, protagonista del documentario di Stefano Consiglio Mi chiamo Altan e faccio vignette.

Il TFF è un festival in cui l’horror in tutte le sue declinazioni riempie le sale, gremite fino all’alba in occasione dell’ormai immancabile “notte horror” in programma sabato 23 a partire da mezzanotte con due film nuovi a incorniciare un classico: il canadese Blood quantum di Jeff Barnaby; Creature from the black lagoon di Jack Arnold del 1954 e infine il britannico The lodge di Severin Fiala e Veronika Franz. Forte di tale successo di pubblico, che ormai è divenuto il criterio principale con cui misurare la qualità di un “evento”, l’horror si fa sempre più largo, tanto da vedersi dedicata quest’anno un’intera retrospettiva dal titolo “Si può fare!” con più di trenta titoli che hanno fatto la storia del genere dagli anni Venti ai Settanta. Inoltre, l’immagine-guida di quest’edizione del TFF è il volto iconico di Barbara Steele di cui Riccardo Freda, che la diresse ne L’orribile segreto del Dr. Hitchcock disse: “I suoi occhi sono metafisici, irreali, impossibili, come gli occhi di un quadro di De Chirico”. L’attrice, che oggi ha 83 anni, sarà al festival per ricevere il Gran Premio Torino, per la prima volta tributato ad una donna e ad un’attrice.

© CultFrame 11/2019

INFORMAZIONI
36. Torino Film Festival / Direttore: Emanuela Martini
Dal 22 novembre al 1° dicembre 2019
Proiezioni: Multisale Massimo, Reposi, Cinema Classico
Telefono: 011.8138811 / fax 011.8138890 / e-mail: info@torinofilmfest.org
Biglietti: vedi sito

SUL WEB
Torino Film Fest – Il sito (per tutte le informazioni pratiche e il programma dettagliato)

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