Goya: genio visionario e ribelle⋅Palazzo Reale di Milano

La ribellione della ragione – GOYA. Palazzo Reale, Milano. Foto: ©Orith Youdovich (gennaio 2024)

Una figura  pseudo-umana deforme, gigantesca e mostruosa. Stringe tra le mani un piccolo corpo smembrato nella parte superiore e senza testa. La bocca di questa entità raccapricciante è spalancata nell’atto di divorare quello che sembra essere un infante. Gli occhi sono neri, grandi, demoniaci e strabuzzati all’inverosimile. Lo sfondo è scuro, impenetrabile.
Quello che ho appena descritto è un dipinto di Francisco Goya intitolato Saturno, datato tra il 1820 e il 1823. È un’opera dall’apparente tematica mitologica (un dio che divora uno dei suoi figli) che rappresenta chiaramente il genio dell’artista aragonese.  Ci si trova, in questo caso, davanti a una prova creativa nella quale sono condensati tutti i tratti di una visione artistica che si configura come una delle più spiazzanti e inquietanti del panorama europeo. 

Ho voluto iniziare quest’articolo proprio da Saturno poiché è stata la mia porta giovanile di ingresso nella dimensione pittorica di Goya e perché penso sia un lavoro esemplare nella vicenda di quest’artista che rimane ancora oggi, a mio avviso, uno dei più rivoluzionari della storia delle arti visive.
Ma c’è una seconda tela che ritengo essere centrale nel suo discorso poetico: El tio Paquete, olio su tela del 1819.
In questo dipinto è possibile vedere il volto di un uomo (una sorta di primissimo piano) non propriamente gradevole che sorride in una smorfia che sembra più il ghigno di un folle che l’atteggiamento di un soggetto felice. Nella raffigurazione di questo viso è percepibile lo spirito espressivo del suo autore: tutto concentrato nella rappresentazione per certi versi profondamente realistica di un individuo per nulla idealizzato e consegnato alla memoria attraverso una sorta di assenza di nitidezza dal ruvido impatto poetico. Lo stile appare approssimativo ma ovviamente non è così. È ravvisabile, invece, un’intenzione espressionistica feroce, sincera e aspra che sembra essere una specie di marchio di fabbrica (almeno per quel che riguarda un determinato periodo) del lavoro di Francisco Goya.

Foto: ©Orith Youdovich (gennaio 2024)

Ebbene, quest’ultima opera mi fornisce l’opportunità per collegarmi alla mostra allestita fino al 3 marzo del 2024 a Palazzo Reale di Milano.
Ideata e curata da Victor Nieto Alcaide (realizzata da 24 ORE Cultura e Palazzo Reale), si tratta di un articolato percorso espositivo organizzato in modo coinvolgente, e un uso “drammatico” della luce, che intende divulgare al visitatore l’universo poetico di Goya attraverso la “narrazione” di due aspetti particolari: l’evoluzione umana e professionale dell’artista e la sua vena visionaria e trasgressiva. 

“Non ci sono regole in pittura. L’obbligo servile di far studiare o seguire a tutti la stessa strada è un grande impedimento per i giovani che professano quest’arte difficilissima, che più di ogni altra avvicina al divino”. Così, si esprimeva molto precisamente Goya. In sostanza, con la sua arte l’autore ha inseguito progressivamente una liberazione totale dalle regole, dagli schemi imposti dalle accademie e dai dettami di un classicismo nel quale probabilmente non si era mai riconosciuto.

Foto: ©Orith Youdovich (gennaio 2024)

La mostra di Palazzo Reale mette in luce il cammino intellettuale dell’artista attraverso un evolversi costante della sua concezione stilistica, via via sempre più liberata da laccioli della creazione su commissione.
La pittura di Goya, dunque, ha in sé anche un’anima per certi versi puramente teorica. Nelle sue opere è ravvisabile una critica alla dittatura della coerenza scolastico-stilistica, un discorso coraggioso sulla libertà espressiva dell’autore, sulla dimensione interiore del pensiero artistico e sulla condizione mentale oscura di colui il quale dipinge.
Al di là di un’idealizzazione classicistica della figura umana, Goya raffigura, anche quando si relaziona con la realtà, un aspetto mostruoso e inquietante del vivere e ciò, come dimostra l’esposizione milanese, lo si può comprendere anche quando ci si relaziona con la serie di piccole opere destinate alla rappresentazione della vita infantile (Bambini che si contendono delle castagne, Bambini che cercano nidi – 1777/1785).
Il dolore carnale e la devastazione della guerra sono fattori ben identificabili nel simbolico Il colosso (1808), prova che ha presentato negli anni evidenti  problemi di attribuzione, e nell’acquaforte intitolata Un’impresa eroica! Con morti (1810-1814), nella quale è possibile vedere esseri umani appesi a un albero, corpi maschili mutilati e teste mozzate; un’immagine questa, che oggi più che mai risulta di un’attualità spaventosa.

Lo spirito onirico e visionario di Goya lo si può incontrare davanti a un’altra acquaforte intitolata Perfino suo nonno del 1797-99, in cui un asino è antropomorfizzato in maniera sconvolgente.  Come si identifica la realtà? Dove si può rintracciare la menzogna? Qual è l’essenza del sogno, o meglio dell’incubo? L’autore ovviamente non fornisce risposte ma propone solo esperienze immaginifico-filosofiche.

Quando si guardano certe opere di Goya, e voglio citare anche La famiglia Chinchilla (1797-99), ci si può rendere conto, oltretutto, di quanto l’autore spagnolo abbia influenzato potentemente anche l’immaginario cinematografico contemporaneo. Infatti, quando si è investiti  dai suoi incubi a occhi aperti non è possibile non pensare a molto horror filmico e a capolavori come Eraserhead  (1977) e Inland Empire (2006) di David Lynch.
In tal senso, La ribellione della ragione, questo il titolo della mostra allestita a Milano, è un’operazione divulgativa e culturale esemplare, poiché sembra voler porre grande attenzione proprio alla modernissima vena espressiva di Goya, al suo lato più scioccante, alla sua soggettività rivoluzionaria e mai convenzionale.

Foto: ©Orith Youdovich (gennaio 2024)

Il suo Autoritratto al cavalletto (1785), in cui l’artista si mostra al lavoro a figura intera, si manifesta con una sorta di contatto diretto tra il fruitore e Goya. Il pittore, e in questo caso intendo utilizzare il gergo filmico, guarda in macchina lanciando all’interlocutore uno sguardo denso di innumerevoli risvolti umani e psicologici.
Alla fine della fruizione della mostra si rimane allo stesso tempo colpiti dallo spessore dell’artista al centro di questa operazione culturale ma anche vagamente insoddisfatti per aver assistito a un percorso purtroppo non così compiuto e definitivo. Si vorrebbe vedere ancora, ci si vorrebbe confrontare ancora con l’espressionismo di Goya, si avvertono delle mancanze.
Ciò non toglie, comunque, che questa mostra si configuri come un’esperienza sensoriale e culturale di alto profilo. 

© CultFrame 01/2024

 

INFORMAZIONI

Mostra: La ribellione della ragione / Autore: Francisco Goya / Luogo: Palazzo Reale / Città: Milano / Ideatore e Curatore: Victor Nieto Alcaide / Organizzazione: Palazzo Reale di Milano, 24 ORE Cultura / Quando: fino al 3 marzo 2024 / Giorni e orario: da martedì a domenica, 10.0-19.30 (giovedì fino alle 22.30) / Catalogo: 24 ORE Cultura (prezzo: 32 euro) / Curatore: Victor Nieto Alcaide

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