A Milano Medardo Rosso tra scultura e fotografia

medardo_rosso-petite_rieuseForse per accostarsi a questa vicenda artistica straordinaria bisogna partire proprio da un’assenza: un piccolo, prezioso bronzo, la Petite Rieuse di Lipsia, un’opera andata perduta da oltre un secolo. Per uno di quei curiosi casi o, meglio, traiettorie del destino, è tornata, ha scelto di riapparire – qualcuno dice come un fantasma –  proprio in occasione di questa esposizione.
Si tratta infatti di un evento che ha dell’eccezionale la mostra presso la galleria Amedeo Porro di Milano, perché dal 1946 le opere di Medardo Rosso non trovavano casa in uno spazio privato. Dopo l’esposizione alla Galleria Santo Spirito, l’opera dello scultore milanese è stata esposta in sedi pubbliche e torna per l’occasione a mostrarsi in una dimensione intima. L’aspetto è quello di un evento raffinato e contenuto, ma l’afflato della mostra è da museo: si tratta infatti di una serie scelta di opere visibili fino ad oggi solo sul Catalogo Ragionato, ognuna caratteristica di un “fare” di Rosso, ognuna testimone di un momento particolare della poetica dello scultore. Ci sono i bronzi, i gessi, le cere impressionanti, i disegni, lettere agli amici collezionisti, due fotografie e un assemblaggio fotografico: un vero compendio della parabola di uno degli artisti più innovativi dell’Ottocento, la cui opera ci abbaglia ancora oggi.

medardo_rosso-femme_à_la_voiletteNon è facilmente spiegabile la complessità di un autore come Rosso, se non affidandosi alle parole della curatrice Paola Mola, studiosa d’eccellenza e tra le più illustri conoscitrici dell’artista. Scultore formidabile, virtuoso dei materiali e instancabile sperimentatore, Rosso da sempre è erroneamente accostato all’esperienza della Scapigliatura, quella brillante stagione dell’arte lombarda che ha segnato gli impressionismi italiani e ha dato vita a una rivoluzione bohemienne nella letteratura e nell’arte. Ciò che invece oggi possiamo vedere con una chiarezza attraverso la lente delle avanguardie, delle sperimentazioni del Novecento, di Fontana e Giacometti, è l’assoluta capacità di precorrere i tempi di Rosso. L’azzardo della materia, il lavoro sui vuoti, la disinvoltura nel  decostruire una scultura che fino ad allora segnava i luoghi, la memoria e il Sacro, l’eliminazione del basamento e l’istituzione di un unico punto di vista per osservare l’opera sono alcune tra le innovazioni concepite dallo scultore, la cui portata è stata pienamente compresa solo negli ultimi anni, grazie a studi meticolosi e appassionati. Rosso è in sostanza una figura unica, che emerge per l’autonomia assoluta della ricerca, portatore di uno sguardo quasi profetico. Un paragrafo della storia dell’arte dopo il quale mettere il punto e andare a capo, che segna una frattura profondissima nella tradizione e spalanca le porte al Novecento.

Tutto questo è ben visibile nell’esposizione dove, oltre alla piccola Rieuse, si ammira la Femme à la voilette, un’apparizione dal buio, una figura che sembra emergere dalla cera come una visione ectoplasmatica. Non si può non pensare ad un fotogramma filmico, ma l’opera è del 1895, e si capisce come potesse apparire stupefacente a chi ancora non era avvezzo alla fantasmagoria del cinematografo, che esordiva in sala proprio in quell’anno, con la celebre proiezione dei Fratelli Lumière.
Accanto alla Velata, nome decisamente meno mondano con cui Rosso chiamava l’opera fuori dai cataloghi, il Sagrestano della collezione Ajna: un gesso leggero, fragile, nero come un fossile, il cui contraltare è il gesso della collezione Raimondo-Chiodo, usato invece come strumento di lavoro per le fusioni. E poi ancora l’Enfant à la Bouchèe de pain, la Portinaia, la Ruffiana, che completano la selezione di opere collocate nell’arco di tempo compreso tra il 1887, due anni prima del suo trasferimento a Parigi, e il 1925.

medardo_rosso-montaggio_fotograficoIn galleria, insieme alle altre opere con un allestimento impeccabile e un rigore assoluto, sono presentate anche due fotografie e un assemblaggio; produzione questa meno nota di Rosso, a cui Paola Mola ha dedicato degli studi illuminanti, che chiariscono degli aspetti fondamentali dell’opus dello scultore. Rosso fotografa con passione, senza riserve: quella che elabora non è una forma gregaria alla scultura ma una storia a sé stante, le foto sono opere autonome che viaggiano in parallelo al lavoro plastico. Il modus operandi di Rosso è affascinante: non una fotografia documentaria, ma sperimentale, che si sviluppa attraverso un processo di composizione e ripresa dello scatto fino ad ottenere il risultato immaginato, creando un’altra via dalla scultura. Tutto il lavoro di Rosso appare quindi come una inesausta indagine sulla luce, sull’istante, che si avvale ora del gesso, ora della cera, ora dei sali d’argento o della carta. C’è in Rosso una dicotomia risolta, ma non per questo meno problematica, tra la levità dell’attimo e l’ineluttabile percezione della morte, tra lo scintillìo di un istante di vita, colto nella sua presenza, e lo scandire del tempo che tutto trascina con sé, come la cera delle sue opere che si disfa e soccombe.

La mostra è l’occasione per creare un ponte tra il nostro vedere e sentire odierno, travolto da un flusso visivo indiscriminato, e la sensibilità di un artista di oltre un secolo fa proiettato nel futuro. Vi si può cogliere non solo la grandezza di un singolo artista, ma l’intera evoluzione della scultura contemporanea, intuire dove trovano origine i nodi che hanno segnato le problematiche dei linguaggi plastici del secolo scorso, i semi su cui germoglierà poi l’atto performativo, la spazialità cubista, tutto ciò che celebra la soggettività, l’istante, il frammento. Inoltre, Rosso ci dà l’occasione per riflettere sui rapporti che intercorrono tra arte, fotografia e cinema, un territorio in larga parte ancora inesplorato.
Ciò che infine ci incanta del lavoro dello scultore, al di là della vertigine virtuosistica a cui lo sguardo difficilmente può sottrarsi e della capacità di contenere in sé i germi di tutta l’arte ancora da venire, è la poesia che egli ha infuso alle forme, travolgendo ad un tempo tutto ciò che era stato prima con una forza visionaria dai tratti iconoclati. Una poesia terribile, inafferrabile, che muta come la luce che, di queste antisculture, è la verità ultima.

© CultFrame 05/2011


IMMAGINI

1 Petite Rieuse, 1902, bronzo, alt. cm.22
2 Femme à la voilette, 1895, cera su gesso, cm 72×56,5×22,5 (dettaglio)
3 Assemblaggio fotografico, realizzato da Rosso in occasione della personale nel Salon d’Automne del 1904, aristotipo con viraggio all’oro, cm 12,9×18,3, applicato su cartoncino rigido, cm 17×21

INFORMAZIONI
Rosso. Opere scelte / A cura di Paola Mola
Dal 5 maggio al 29 luglio 2011
Amedeo Porro arte moderna e contemporanea  / Corso Monforte 23, Milano / telefono: 02.76398583 / fax: 02.87388552
Orari: lunedì – venerdì 9.30 – 13.30 e 15.30 – 19.30 / Sabato solo su appuntamento / chiuso domenica / Ingresso libero.
Catalogo: Skira, Milano, in italiano ed inglese, con testi di Paola Mola, schede scientifiche e immagini dei restauri, pagg. 150 a colori, € 30

LINK
Amedeo Porro arte moderna e contemporanea, Milano

0 Shares: