SEEYOUSOUND ⋅ 7th International Music Film Festival di Torino

Frame del film “Cunningham” di Alla Kovgan, 2019 (Seeyousound)

Organizzato dall’Associazione omonima, in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, il Festival a tematiche musicali Seeyousound riparte dopo l’annus horribilis dell’interruzione a pochi giorni dall’avvio dell’edizione 2020; e lo fa con un progetto concepito ad hoc per il 2021 ma che sviluppa peculiarità caratterizzanti la manifestazione fin dai suoi esordi.

Innanzi tutto, il fatto di promuovere appuntamenti e proiezioni ben oltre i confini fisici della sua sede natale (Torino) è sempre stata una particolarità del festival che diventa quest’anno, per forza di cose, una necessità al pari del ricorso a una piattaforma virtuale da cui seguire l’intera rassegna, denominata Playsys.tv. Dal 19 al 25 febbraio – ma ogni giorno saranno pubblicati titoli che resteranno disponibili ben sette giorni – la ricca selezione di opere che compongono il cartellone 2021 verrà quindi presentata sul web ma senza rinunciare ai live. Infatti, tutti i giorni dalle 18 alle 20, numerosi concerti, dibattiti e incontri con ospiti andranno online in diretta dal torinese Cineteatro Baretti consentendo anche un certo grado di interazione con il pubblico che li potrà seguire gratuitamente su Playsys e sui canali social di Seeyousound. Dal Baretti si esibiranno – nel rispetto delle normative vigenti – artisti quali Pivio, gli Eugenio in Via Di Gioia o la storica band progressive napoletana degli Osanna, ospiti che sono protagonisti di alcuni dei film in programma, insieme ad altri artisti “amici”, tra cui Gigi Bandini e la Kinoglaz Band.

Seeyousound presenta film a soggetto e documentari che, tenendo in primo piano la musica, da una parte narrano particolari traiettorie biografiche e dall’altra ricostruiscono contesti sociali e culturali: si va dal ritratto di uno spirito libero in Kate Nash: Underestimate the girl di Amy Goldstein al film sul tour di Blondie a Cuba; dal forsennato Don’t Go Gentle sui britannici Idles al doc A song called hate di Anna Hildur Hildibrandsdottir che segue gli islandesi Hatari mentre cercano di cogliere l’occasione della finale dell’Eurovision Song Contest in Israele per prendere posizione sul conflitto israelo-palestinese. Da non perdere la versione restaurata da Ross Lipman di The Juniper Tree (1990) di Nietzchka Keene, tratto dalla fiaba dei fratelli Grimm con Björk al suo esordio sullo schermo.

Trasversale alle varie sezioni competitive, emerge con forza nel programma di questo SYS il focus intitolato Black Lives Matter, che prende a spunto l’attualità dei movimenti per presentare vari film dedicati a diverse sfumature della musica e della cultura black. Ne fanno parte, in anteprima italiana: Ronnie’s di Oliver Murray, sul mitico club nato nel ’59 a Londra dalla collaborazione tra Ronnie Scott e Pete King. Definito da Mel Brooks, suo frequentatore, “un piccolo nido di felicità”, il club ha ospitato leggende come Ella Fitzgerald, Chet Baker, Nina Simone e Miles Davis ed è oggi ancora attivo in una veste rinnovata dall’imprenditrice Sandy Greene e dal suo socio Michael Watt. Scott in origine era sassofonista e aveva iniziato prestissimo a suonare, forse per seguire più o meno consapevolmente le orme del padre biologico che aveva abbandonato la famiglia quando lui era molto piccolo. Da ragazzo si esibiva sulle navi da crociera per permettersi di viaggiare oltreoceano e frequentare i jazz club newyorkesi. Quando la sua Ronnie Scott Orchestra si sciolse alla metà degli anni ’50, pensò che era arrivato il momento di aprire un proprio club a Soho come quelli che amava nella 52nd street della Grande Mela. All’inizio era solo una stanza in un seminterrato ma la qualità della programmazione consentì a Ronnie e Pete di crescere e di diventare un punto di riferimento di fama internazionale. E tuttavia questo non bastò a rendere felice Scott che per tutta la vita dovette combattere con la depressione. Il film monta un ricco tappeto sonoro di testimonianze su immagini di repertorio che ricostruiscono le estetiche d’epoca e di quel particolare ambiente o documentano alcune performance storiche avvenute al Ronnie’s.

Altro film britannico del focus è Everything: The Real Thing Story di Simon Sheridan dedicato alla band di Liverpool che arrivò al successo sull’onda di una canzone sempreverde e ricantata in varie lingue come You to me are everything. The Real Thing si fecero notare a metà anni ’70 per la loro prestanza fisica e per un repertorio di canzoni d’amore soul-disco spensierate che piacevano molto alle ragazzine bianche. Dopo un primo album di successo nel 1976, tentarono l’anno seguente di intraprendere una strada più impegnata con l’album 4 from 8 che però non riscosse alcun trionfo di classifica ma guadagnò alla band il rispetto di un pubblico diverso, più adulto, più attento alle questioni razziali; tanto che i molti critici interpellati nel film gli riconoscono il valore di pietra miliare nel percorso nella storia della lotta culturale contro il razzismo in Gran Bretagna.

Si sposta in Ghana invece Contradict. Ideas for a new world di Peter Guyer e Thomas Burkhalter alla scoperta di una nuova generazione di artiste e artisti che non hanno nessuna intenzione di cedere al sogno coloniale dell’altrove e, convinti che l’Africa sia il futuro, cercano di dare il proprio contributo studiando e creando con un’attenzione spiccata verso la giustizia sociale. Nelle periferie di Lisbona è invece ambientato Lisbon Beat di Rita Maia e Vasco Viana che racconta la vivace scena musicale afro-portoghese attraverso alcuni dei suoi protagonisti. C’è anche un po’ di Italia in questo percorso grazie all’anteprima assoluta di Osannaples di Deborah Farina che celebra i cinquant’anni di carriera della band partenopea Osanna con interviste, performance e materiali di repertorio che raccontano il passaggio dal progressive rock alla world music della band che compose, sotto la direzione di Luis Bacalov, la colonna sonora di Milano calibro 9 di Fernando Di Leo.

Oltre al focus, non mancano documentari dedicati ad altre band o figure della storia della musica, a partire da Crock of gold, l’ultimo film di Julien Temple, co-prodotto da Johnny Depp, che ricostruisce l’avventurosa vita di Shane MacGowan, frontman dei Pogues che nei primi anni Ottanta aprivano i concerti dei Clash. Un’opera che merita attenzione per la sua originalità è il sentito omaggio all’universo poetico e sonoro dei Talk Talk che il regista belga Gwenaël Breës ha realizzato con il suo In a Silent Way, filmato a ridosso della morte del leader Mark Hollis (scomparso nel 2019) e nonostante il suo divieto di usare qualsiasi brano della band. Il film inquadra anche il paesaggio di una regione musicalmente fertile come l’Essex e un’epoca, quella della new wave e del synth pop, con cui la band dovette fare i conti ingegnandosi talvolta a presentare pattern classici o jazzistici in veste pop.

Le ambizioni artistiche di Hollis hanno qualcosa in comune con quelle del protagonista di Variações di João Mai, film di fiction che ripercorre la parabola della superstar portoghese dichiaratamente omosessuale che adottò il nome d’arte di António Variações. Come Hollis, il giovane António Ribeiro era destinato a una vita di onesti lavori qualsiasi, ma il richiamo della musica fu più forte di quello del rispetto delle prescrizioni sociali. Contro le quali, Antonio incarnò una rivolta permanente in ogni aspetto della sua vita raminga e colorata finita prematuramente a causa dell’AIDS.

© CultFrame 02/2021

INFORMAZIONI
SEEYOUSOUND. 7th International Music Film Festival di Torino / Direttore: Carlo Griseri
Dal 19 al 25 febbraio 2021
Biglietti singoli: € 3,99 / Abbonamento: € 35 / Abbonamento sostenitore: € 45 (dà diritto anche a una t-shirt e una pin del festival)

SUL WEB
Seeyousound – Il sito

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