Premio alla carriera Adriana Prolo 2020 alla regista e fotografa Cecilia Mangini ⋅ 38° Torino Film Festival

“Due scatole dimenticate. Viaggio in Vietnam” (2020), l’ultima opera di Cecilia Mangini co-diretta con Paolo Pisanelli

In memoria della regista e documentarista Cecilia Mangini recentemente scomparsa, ripubblichiamo l’articolo scritto da Claudio Panella in occasione del Premio alla carriera a lei attribuito al 38. Torino Film Festival.

Cecilia Mangini (Mola di Bari, 1927) è una cineasta e fotografa che non si è limitata a osservare il mondo attraverso un obiettivo ma ha usato quest’ultimo come mezzo per verificare, condividere e rafforzare un’idea di mondo.

Appare quindi più che appropriata la decisione dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema di conferirle il Premio Maria Adriana Prolo alla carriera 2020, un riconoscimento che ogni anno (dal 2009) viene assegnato nell’ambito del Torino Film Festival. Naturalmente, la cerimonia di “consegna” si è dovuta svolgere on line (sul canale YouTube del TFF, e senza la partecipazione in diretta della premiata) così come la proiezione di Due scatole dimenticate. Viaggio in Vietnam (2020), l’ultima opera di Cecilia Mangini co-diretta con Paolo Pisanelli e già presentata al Festival di Rotterdam, ha “avuto luogo” su mymovies. Ciò non toglie che questo film, che sviluppa il precedente cortometraggio intitolato Le Vietnam sera libre (2018), è l’ennesimo esito di un incontro fecondo e inter-generazionale, prova patente di un metodo di lavoro culturale e artistico che per Mangini si fonda e si esprime da sempre tramite collaborazioni e creazioni collettive, come quelle con il compagno Lino Del Frà insieme al quale la regista ha realizzato opere decisive del cinema engagé italiano degli anni Sessanta e Settanta, da All’armi siam fascisti (1962), co-firmato anche da Lino Micciché, a La torta in cielo (1970) o Antonio Gramsci. I giorni del carcere (1977), nei cui crediti figura come co-sceneggiatrice.

In questo caso, Due scatole dimenticate è uno degli esiti del recupero di un archivio fotografico di notevole ampiezza e interesse che negli ultimi anni ha dato luogo a diverse mostre grazie alle cure di Claudio Domini e Pisanelli, come in particolare l’esposizione Cecilia Mangini. Visioni e passioni. Fotografie 1952-1965 che ha debuttato nel 2017 al Museo delle Civiltà di Roma. Il film nasce dal ritrovamento a casa della regista di due scatole piene di foto dimenticate, “appunti visivi” scattati alla metà degli anni Sessanta nel corso dei lunghi sopralluoghi intrapresi con Del Frà per raccontare in un documentario mai compiuto l’aggressione imperialista che quella regione stava subendo da parte degli Stati Uniti. Al terzo mese di viaggio, intensificandosi i bombardamenti e per l’impossibilità di garantire la loro sicurezza, Mangini e Del Frà vennero rimpatriati insieme ad altre delegazioni internazionale.

Con la complicità ormai collaudata di Pisanelli (anche direttore artistico della Festa del Cinema del Reale), Due scatole dimenticate è venuto alla luce nella forma di un documentario non soltanto rivolto al passato ma che propone una riflessione sui chiaroscuri della memoria del nostro presente: con riferimento, anche qui, tanto alla memoria individuale dell’anziana cineasta, quanto alla memoria collettiva. I due autori sono ora alle prese con un altro lavoro dal titolo provvisorio di Grazia Deledda, la rivoluzionaria, dedicato alla prima scrittrice italiana a vincere il Nobel per la letteratura, nel 1926, in pieno fascismo e solo un anno prima della nascita della regista. Le contraddizioni della storia italiana del Novecento, la letteratura sempre amatissima e che nutre molte sue opere cinematografiche, l’attenzione alla vita e alle conquiste delle donne si confermano i punti d’interesse favoriti su cui lo sguardo di Mangini si concentra fin dai suoi primi lavori.

Cecilia Mangini. Foto di Paolo Pisanelli

In occasione del Premio Prolo, l’AMNC è inoltre riuscita a pubblicare un numero monografico della sua rivista, “Mondo Niovo 18/24 ft-s”, curato da Micaela Veronesi in collaborazione con Maria Giulia Petrini, e interamente dedicato a Mangini. Nel fascicolo, si trova un ricco apparato fotografico che rende conto dell’opera della fotografa e non solo di quella della cineasta, una bibliografia di testi a sua firma nonché di libri e articoli su di lei, interventi critici e testimonianze di persone che hanno lavorato con e su Mangini. La rivista propone anche una lunga intervista alla regista in cui si evocano avventure di vita, incontri importanti come quello con Pasolini avvenuto in occasione della realizzazione del primo corto Ignoti alla città (1958) e rinnovatasi con La canta delle marane (1960) e Stendalì. Suonano ancora (1960), la passione per il cinema sovietico, per la letteratura, da cui nacque per esempio Firenze di Pratolini (1959), per i testi di Ernesto De Martino e il Sud sua terra d’origine lasciata molto presto ma ritrovata per film come Maria e i giorni (1959), Stendalì. (1960) o Brindisi ’65 (1966), il suo comunismo lontano dall’ortodossia di partito.

Il numero monografico di “Mondo Niovo” costituisce dunque una sorta di atlante utile a ripercorrere le tappe principali di una carriera di autrice, da Essere donne (1965) a La briglia sul collo (1974), senza trascurare alcune esperienze di Mangini oggi meno note. Dalle prime scoperte di spettatrice e cinefila quali, dopo la frequentazione dei Cineguf nella Firenze in cui la sua famiglia si era trasferita dalla Puglia, l’impegno dei suoi anni giovanili nella Federazione italiana dei circoli del cinema a un cui convegno conobbe Del Frà e che fu presieduta dall’intellettuale antifascista torinese Franco Antonicelli (tra i più convinti difensori di All’armi siam fascisti! quando la sua distribuzione venne ostacolata dalla censura) e da Cesare Zavattini. All’esordio come attrice avvenuta a più di novant’anni in un film francese mai uscito in Italia, Vif-argent (2019) di Stéphane Batut, dove interpreta il ruolo intenso e ironico di una nonna appena trapassata nell’aldilà.

Pur sempre coerente a un’idea e a una precisa eleganza stilistica in ogni sua opera, si può ben dire che Mangini abbia vissuto più di una giovinezza. Come chiamare altrimenti l’ultima fase della sua attività, quando, dopo anni in cui non aveva più firmato nessun film a causa dell’ostilità di produzioni e distribuzioni sempre più vincolate a strategie di mercato a lei estranee, Mangini ha ricominciato a fare cinema, collaborando con Nico D’Alessandria alla sceneggiatura di Regina Coeli (2000), poi con Mariangela Barbanente co-realizzando il film In viaggio con Cecilia (2013) e infine con Pisanelli?

Nella rivista tutti questi compagni di viaggio prendono parola, insieme anche a Davide Barletti e Lorenzo Conte, autori del documentario a lei consacrato Non c’era nessuna signora a quel tavolo (2011), al critico e amica Gabriella Gallozzi, a Claudio Domini, a Daniela Persico, a Gianluca Sciannameo che le ha dedicato il volume Con ostinata passione. Il cinema documentario di Cecilia Mangini (Edizioni Dal Sud, 2011) e che qui firma il saggio d’apertura del fascicolo introducendoci al cinema dell’“incontro con l’altro da sé” di Mangini, vale a dire al cinema più puro, quand’anche ribelle, che c’è.

© CultFrame 11/2020 – 01/2021

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