A Lullaby to the Sorrowful Mystery ⋅ Un film di Lav Diaz

Non saranno in molti a riuscire a vedere per intero l’ultimo lungometraggio del regista filippino Lav Diaz, già avvezzo alle lunghissime durate e autore con A Lullaby to the Sorrowful Mystery di un film di oltre otto ore di lunghezza. La prima mondiale di quest’opera fluviale si è svolta alla 66° Berlinale costringendo critica e pubblico a un’immersione prolungata e impegnativa nella ricostruzione di una delle pagine più sofferenti della storia delle Filippine, il conflitto del 1896-1897 contro l’occupazione spagnola che assunse ripetutamente i tratti di una guerra civile tra gruppi e fazioni di filippini.

Il film potrà ricordare agli spettatori italiani alcune vicende del nostro Risorgimento, come quelle rievocate da Mario Martone in Noi credevamo (2010). L’analogia ha una sua pertinenza, ma l’universo costruito da Diaz è senz’altro più complesso perché innervato di mitologia e di onirismi che vediamo calati prevalentemente nello spazio caratterizzante della giungla pluviale, virata nelle scale di grigi già sperimentate dal regista in molte altre sue opere.

Infatti, accanto ai personaggi storici del poeta e rivoluzionario José Rizal, giustiziato fuori campo nella prima parte, di Andres Bonifacio o di sua moglie Gregoria Álvarez de Jesús, nota anche come Aling Oriang, una tra i protagonisti principali del film, sentiamo citato sempre più frequentemente quel Bernardo Carpio che è una figura leggendaria della tradizione filippina, in grado di causare i terremoti, atteso come un messia dal popolo colonizzato e privato dei suoi leader politici.

Lav Diaz
Diaz porta dunque sul grande schermo la storia rimessa in scena di fronte alla sua camera, quella riportata oralmente dai vari personaggi, le loro credenze, in definitiva la psiche di una nazione ancora non liberata; e lo fa principalmente con piani sequenza frontali in 4:3 percorsi da nebbie vaganti quali fumi d’oppio che ricordano il cinema muto; non a caso, nel film trova spazio anche un omaggio all’invenzione dei fratelli Lumière, che il personaggio di uno spagnolo dice di avere scoperto alla celebre dimostrazione del Grand Café di Parigi poi nelle Filippine: anche qui, come in Francia, gli spettatori fuggono spaventati.

Lav Diaz

Dopo il Pardo d’Oro ottenuto nel 2014 al Festival di Locarno con From What Is Before (Mula sa kung ano ang noo), ambientato nei primi anni Settanta del Novecento, con quest’ultimo lavoro Diaz ritorna così ancora più indietro nell’indagare l’identità della propria nazione, un’identità evidentemente irrisolta come la ricerca del corpo di Andres Bonifacio, che si prolunga per buona parte delle molte ore di A Lullaby to the Sorrowful Mystery, e come la fuga del personaggio di Simoun (alias Crisostomo Ibarra) che da un certo punto in avanti si alterna a essa.

L’effetto ipnotico di una narrazione che si ritorce su se stessa ˗ “lullaby” è pur sempre la “ninna nanna” ˗ e la durata del film che lo enfatizza hanno dunque un sicuro aggancio con il racconto di una rivolta contradditoria e fallimentare, anche se l’uno e l’altra rimangono gesti intenzionalmente radicali di per se stessi. Ciò nonostante, il film appare forse non del tutto volontariamente un po’ più slegato ed ellittico di altre opere precedenti dell’autore filippino.

© CultFrame 02/2016 – 11/2016
Film presentato al 34° Torino Film Festival

TRAMA
Tra il 1896 e il 1897 nelle Filippine si combatte contro il colonialismo spagnolo, che sembra però invincibile: l’uccisione del poeta rivoluzionario José Rizal da parte degli occupanti e quella del leader del movimento dei Katipunan Andres Bonifacio su ordine del futuro Presidente filippino Aguinaldo allontanano i sogni di indipendenza di un popolo e costringono diversi rivoluzionari alla fuga nella foreste pluviali dell’arcipelago.


CREDITI

Titolo: A Lullaby to the Sorrowful Mystery / Titolo originale: Hele Sa Hiwagang Hapis / Regia: Lav Diaz / Sceneggiatura: Lav Diaz / Fotografia: Larry Manda / Montaggio: Lav Diaz / Costumi: Jonah Ballaran / Interpreti: Piolo Pascual, John Lloyd Cruz, Hazel Orencio, Alessandra De Rossi, Joel Saracho, Bart Guingona / Paese: Filippine, 2015 / Durata: 485 minuti

SU CULTFRAME
34° Torino Film Festival – Il programma di Claudio Panella e Silvia Nugara

SUL WEB
Filmografia di Lav Diaz
Torino Film Festival – Il sito
Berlinale 2016. 66° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il programma
Berlinale – Il sito

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