Il regno d’inverno – Winter Sleep. Un film di Nuri Bilge Ceylan

Dopo il nero profondo e immersivo di C’era una volta in Anatolia (2012), questa volta Nuri Bilge Ceylan ha conquistato la Palma d’oro al festival di Cannes 2014 con un film in bianco, sepolto sotto una coltre di neve soffice e gelida. L’atmosfera di queste oltre tre ore di racconto è avvolgente come gli interni in cui è girata la gran parte del film, al riparo dalle tempeste che imperversano all’esterno: stanze raccolte, scavate nella pietra dei monti della Cappadocia, scaldate da stufe a legna o camini, arredate con tappeti morbidi, illuminate da luci fioche propizie alla riflessione e alla discettazione. Ed è proprio tanto all’accoglienza dei viandanti quanto all’attività intellettuale che si dedica il protagonista de Il regno d’inverno, un ex-attore riconvertitosi in albergatore di lusso (suo l’Hotel Othello, nome che già lascia intuire i modi affettati e pretenziosi del proprietario) che si diletta a pontificare su morale e politica dalle pagine di un giornaletto locale covando anche il sogno di scrivere un volume di storia del teatro turco.

Generoso e dedicato con gli ospiti paganti del suo hotel, l’uomo preferisce non avere contatti con gli affittuari poveri degli appartamenti che possiede e di cui delega la gestione a una specie di cavalier servente. Uno screzio con una di queste famiglie indigenti finisce però per obbligarlo a un confronto diretto con la realtà che diventa occasione per un confronto con se stesso, con la propria stessa realtà, dopo una vita passata a recitare e ad indossare maschere sempre diverse. Se dalle pagine del suo giornaletto l’uomo non dispensa altro che sentenze benpensanti che ne restituiscono l’immagine di persona tutta d’un pezzo, è nelle discussioni con gli altri che assistiamo al progressivo frantumarsi di una integrità che fa parte di un falso sé che il protagonista ha nutrito nei suoi anni da teatrante.

Il film si snoda attraverso una tessitura fitta di dialoghi dal respiro cechoviano (autore di novelle da cui Il regno d’inverno trae esplicitamente ispirazione) in cui assistiamo non solo alle trattative tra l’albergatore e uno dei membri della modesta famiglia con cui è in rotta – che per giunta è un imam mentre il protagonista non è credente – ma anche a una serie di scambi, in particolare con la moglie, la sorella, e tra queste due. Tali dialoghi sono ricchi di tensione e puntualmente costruiti in un crescendo drammatico il cui equilibrio contribuisce alla perfezione formale alla quale il film tende o almeno sembra voler tendere dato che falle, anche importanti, non mancano, come per esempio il fatto che ad un certo punto, e non si capisce per quale ragione, non compaia più un personaggio-chiave come quello della sorella.

Per eccesso di ambizione, di ricercatezza e di tensione verso il sublime (la continua presenza di Shakespeare e il melenso monologo finale), il risultato rischia di apparire inautentico come gli interni fintamente poveri in cui è girato, quasi come se il film scivolasse pian piano in un effetto di mimesi con il protagonista-maschera invece di percorrere come lui il cammino inverso da maschera a uomo.

© CultFrame 10/2014

 

TRAMA
Negli altipiani battuti dal vento o al crepitare del camino di una camera dell’hotel che gestisce, l’ex attore Aydin osserva il mondo e riflette sulla umanità che lo circonda. Le relazioni con la giovane moglie Nihal, con la propria sorella Necla e con gli abitanti della regione non sono però come lui le vorrebbe.


CREDITI

Titolo: Il regno d’inverno – Winter Sleep / Titolo originale: Kis uykusu / Regia: Nuri Bilge Ceylan / Sceneggiatura: Ebru Ceylan, Nuri Bilge Ceylan / Montaggio: Nuri Bilge Ceylan, Bora Göksingöl / Interpreti: Haluk Bilginer, Melisa Sözen, Demet Akbag / Fotografia: Gökhan Tiryaki / Produzione: Zeynofilm, Memento Films Production, Bredok Filmproduction / Distribuzione: Parthénos, Lucky Red / Paese: Turchia, Francia, Germania 2014 / Durata: 196’

LINK
CULTFRAME. C’era una volta in Anatolia. Un film di Nuri Bilge Ceylan di Claudio Panella
Filmografia di Nuri Bilge Ceylan
Parthénos
Lucky Red

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