Giuseppe Tornatore, tra fotografia e comunicazione pubblicitaria

Frame dallo spot Dolce & Gabbana diretto da Gisueppe Tornatore

Seguo Giuseppe Tornatore fin dai tempi del suo lungometraggio d’esordio Il Camorrista (1986). Confesso di non essere mai stato particolarmente sensibile al suo cinema, a mio avviso troppo magniloquente nello stile e ridondante sotto il profilo visivo. Ho costantemente avvertito una tendenza al virtuosismo e alla pesantezza espressiva che mi ha costretto, negli anni, a un confronto critico faticoso con i suoi lavori.

Eppure, esistono due settori, la fotografia e la comunicazione pubblicitaria, nei quali l’autore siciliano sembra raggiungere la sua dimensione creativa più efficace e stimolante (anche se lui dice, con molta chiarezza, che l’unica cosa che gli è sempre interessato fare è il cinema).

Tornatore affronta la sua pratica fotografica (iniziata in giovane età) con un piglio molto lontano dal suo universo filmico. Tanto sono enfatiche ed elaborate registicamente le sequenze dei suoi film quanto sono dirette, limpide e di stampo realistico le sue immagini fotografiche. Che si tratti di scatti realizzati in Siberia o di fotografie ambientate in Sicilia, i suoi occhi appaiono totalmente ripuliti dagli stilemi forzati che caratterizzano la sua sfera cinematografica.

Nelle sue fotografie (sia in bianco e nero che a colori) si avverte una vicinanza umana nei riguardi dei soggetti ripresi che invece non si percepisce nelle sue prove per il grande schermo. È come se inquadrando, nel corso del tempo, il mondo attraverso il mirino della macchina fotografica, Tornatore riportasse, ogni volta, la sua vena creativa a un grado primordiale di espressività, quest’ultima caratterizzata da una sincera purezza dello sguardo che poi è andata perduta nell’attività cinematografica. Un ritorno indietro, insomma, che corrisponde, evidentemente, a un’esigenza mai sopita di essenzialità visiva e di rigore estetico legato al concetto di sentimento della percezione.

Al contrario, quando il regista siciliano si cimenta nella realizzazione di spot pubblicitari, il suo stile magniloquente (filmico) viene amplificato all’ennesima potenza, eccede oltrepassando ogni misura. Ma ciò, paradossalmente, finisce per divenire in pubblicità, al contrario di ciò che avviene nel cinema, un grande pregio.

Faccio, in tal senso, riferimento all’ultimo spot che circola sulle emittenti italiane, dedicato al profumo di una nota casa di moda. Tornatore immagina una Sicilia quasi alla “Il Gattopardo“. Tra raccoglitori di agrumi e donne che sbucciano limoni, ecco nascere una storia d’amore tra una giovane, bellissima, fanciulla vestita di bianco e un contadino dai capelli ricci e dallo sguardo penetrante. Ampi e fluidi movimenti di macchina, un montaggio evidente e allo stesso tempo scorrevole, una fotografia calda e mediterranea, inquadrature dense di elementi a cui si aggiunge la musica di Ennio Morricone.

Tornatore costruisce un apparato comunicativo che trasforma il luogo comune (tipico) sull’immagine della Sicilia contadina in una sorta di raffigurazione mitica e sublime di un’isola che forse (e lo dico da siciliano) non esiste più. Così, uno spot per un profumo finisce per trasformarsi in un vero e proprio (struggente) atto d’amore per una terra che molti pensano di conoscere ma che invece è molto più complessa di quanto possa sembrare.

© CultFrame – Punto di Svista 03/2014
(pubblicato su Huffington Post)


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