Inventory. Mostra di Fiona Tan sul tempo lo spazio la memoria e l’identità

Nel 2009 Fiona Tan era stata al centro della proposta espositiva del Padiglione Olanda presso la 53° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. In quell’occasione evidenziammo lo spessore della ricerca visuale dell’artista sino-australiana, ormai olandese di adozione, e anche tutti gli elementi di interesse che riguardano la sua figura a livello umano e creativo.
Ora, la sua indagine espressiva approda al MAXXI di Roma per una mostra che si snoda su tre livelli e si articola negli ambienti del museo della capitale obbligando il fruitore a compiere un percorso fisico che, con tutta evidenza, serve a stimolare il pensiero e la riflessione.

L’idea espositiva prende avvio con Correction, videoinstallazione del 2004, basata su sei proiezioni nell’ambito delle quali vengono presentati trecentotrenta ritratti di detenuti e guardie penitenziarie di alcune carceri statunitensi. Dopo questo primo passaggio si sale ai piani superiori, non prima di aver potuto vedere otto riproduzioni di stampe di Piranesi che riguardano Le Carceri d’Invenzione, opere grafiche che hanno rappresentato per Fiona Tan un’importante fonte di ispirazione. L’ascesa si conclude nello spazio della Galleria 5, dove l’artista ha collocato tre videoinstallazioni. Inventory (2012) è un complesso mosaico visivo incentrato su sei testi visuali realizzati attraverso diversi dispositivi tecnologici. L’ambiente prescelto per quest’operazione dai significativi tratti teorici è stato il John Soane Museum di Londra (con le sue antichità romane). Disorient (2009), già apprezzato alla Biennale di Venezia, è invece una doppia proiezione che contrappone una visione immaginifica di un ipotetico Museo privato di Marco Polo a un susseguirsi di flussi visivi senza soluzione di continuità che propongono situazioni di diverse zone del mondo.
Infine, Cloud Island (2010): una proiezione singola che fa emergere dall’oblio la particolare condizione della popolazione anziana di una piccola isola giapponese (un tempo abitata da pescatori e caratterizzata dalla presenza di operai che lavoravano a raffinerie e cave ormai chiuse) sempre più svuotata e priva di attività.

La descrizione del percorso espositivo della mostra denominata Inventory appare utile per comprendere a fondo la natura essenzialmente filosofica e, in parte di sperimentazione linguistica, dell’esperienza creativa di Fiona Tan.

Tutto parte dalla sua condizione personale, che dobbiamo necessariamente definire (come già fatto in un nostro precedente articolo) positivamente diasporica e meticcia. Tale aspetto è fondamentale per comprendere come lo sguardo dell’artista sul mondo sia contraddistinto da una lucidità assoluta, generata da un sano senso di distanza da ogni realtà umana. Fiona Tan non conosce la gabbia oppressiva delle radici e si pone di fronte alla realtà sempre nella posizione dello straniero. Tale condizione fa scaturire visioni di grande apertura e di notevole profondità analitica. Non potremmo, dunque, che collocare l’opera dell’autrice sino-olandese-australiana in una dimensione che risponde al principio della mutazione continua, della trasformazione perenne, del viaggio nello spazio della realtà che allude sempre a una ricerca di tipo interiore, senza certezze.

Altro principio che caratterizza i suoi video è certamente quello della dilatazione estetico-percettiva dell’atto della visione. Le sue inquadrature sono impostate su tempi molto lunghi, i suoi movimenti di macchina lenti, le immagini in qualche caso non perfette e neanche pulite. Le sue opere sono governate dall’idea della contemplazione, dell’osservazione nel tempo della realtà circostante. Così, dentro ogni frame c’è sempre qualcosa che si rinnova, pur proponendo delle realtà apparentemente immutabili. E non è un caso (a nostro avviso) che talune immagini di Cloud Island facciano tornare in mente le atmosfere espanse e pure di alcuni film del grande cineasta giapponese Yasujirô Ozu.

Il suo, in sostanza, è un lavoro che fa emergere con chiarezza la forza della visione e la natura ambigua, e sempre cangiante, dell’inquadratura che si manifesta come elemento linguistico in continua trasformazione (anche quando sembra che non sia così).

Ancor di più, ci sembra significativo il suo discorso sul mezzo tecnologico messo in atto in Inventory. In questo caso, ogni videocamera/cinepresa presenta una diversa “variazione della realtà”, si configura come strumento di trasposizione del presunto reale che si frantuma e si atomizza nel caleidoscopio delle differenti visioni, angolazioni, e capacità specifiche dei mezzi tecnici utilizzati.

Alla luce di quanto affermato ci sembra opportuno concludere citando una riflessione della stessa Fiona Tan che estrapoliamo dal catalogo pubblicato dal MAXXI in occasione della mostra romana: “Ogni cinepresa ha un suo carattere e produce filmati in uno stile tutto suo, non c’è n’è una che non sia lungi dalla perfezione, ma alcune hanno più fascino di altre. E sono tutte, nella maniera più assoluta, traduzioni: nessuna rappresenta la realtà, quello che il mio occhio vede così come l’ho visto”.

Questa dichiarazione ci fa comprendere quanto la poetica di Fiona Tan sia collocata all’interno di un solco teorico che ha riguardato le arti visive del XX secolo, a cominciare dal cinema. Basta, infatti, tornare indietro di quaranta anni e fare riferimento al capolavoro di Wim Wenders Alice nella città per capire come il problema dello scollamento tra reale visibile e reale riprodotto tramite la tecnologia abbia rappresentato un forte spunto di approfondimento per artisti visivi che hanno operato in epoche diverse e che hanno lavorato sulla stessa materia pur avendo punti di riferimento culturali non perfettamente coincidenti.

© CultFrame 03/2013

 

IMMAGINI
1 Fiona Tan, Correction. Video installation, 2004. Courtesy the artist and Frith Street Gallery, London
2 Fiona Tan, Cloud Island. HD installation, 2010. Courtesy the artist and Frith Street Gallery, London and Wako Works of Art, Tokyo
3 Fiona Tan, Inventory. HD & video installation, 2012. Courtesy the artist and Frith Street Gallery, London and made possible with financial support from the Philadelphia Museum of Art and Mondriaan Fund, Amsterdam

INFORMAZIONI

Fiona Tan. Inventory. Una mostra sul tempo lo spazio la memoria e l’identità
Dal 27 marzo all’8 settembre 2013
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Via Guido Reni 4°, Roma / Telefono: 06.3225178 / info@fondazionemaxxi.it
Orario: martedì-venerdì 11.00 – 19.00 / sabato 11.00 – 22.00 / chiuso lunedì e 1 maggio
Biglietto: intero 11 euro / ridotto 8 euro

LINK
CULTFRAME. Disorient. Mostra di Fiona Tan. Padiglione Olanda. 53° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia di Maurizio G. De Bonis
Fiona Tan – Il sito
MAXXI, Roma

 

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