Ingmar Bergman ⋅ 61° Berlinale ⋅ Retrospettiva

Frame del film “Persona” di Ingmar Bergman

La grande retrospettiva che ogni anno la Berlinale riserva a un certo genere cinematografico o a un maestro riconosciuto del cinema è dedicata quest’anno a Ingmar Bergman (1918 – 2007) e propone praticamente la sua opera omnia, oltre a una mostra e una serie di incontri.
“Film as Life and Life as Film”. Con questo sottotitolo gli organizzatori dell’omaggio hanno voluto riassumere la cifra stilistica del regista svedese, definito un “Legendary Filmmaker”: un modo per sottolineare come in una straordinaria coerenza di temi e di stile l’autore non abbia mai smesso d’interrogarsi sul senso della vita a partire dalla vicenda umana dei suoi genitori e dalla sua propria infanzia (come anche nelle sceneggiature di Con le migliori intenzioni, diretto da Bille August nel 1992 e de Il figlio della domenica, diretto non a caso dal figlio Daniel lo stesso anno), concentrandosi assai di frequente sulle relazioni tra mondo maschile e femminile.

La retrospettiva è curata da Rainer Rother, direttore artistico della Deutsche Kinemathek – Museum für Film und Fernsehen, che ospita una serie di incontri e una mostra (intitolata “Truth and Lies”) dedicati al maestro svedese. Tra gli incontri più interessanti quelli con la montatrice Petra von Oelffen, e quello con l’attrice Harriet Andersson e il documentarista Stig Björkman (entrambi avvenuti il 14 febbraio), che sin dagli anni ’70 ha filmato in più occasioni il lavoro di Bergman. Il 15 febbraio si è svolta poi una sorta di tavola rotonda con il “Bergman team”, un gruppo di collaboratori che hanno condiviso per anni o anche decenni la sua attività di autore cinematografico e teatrale, come l’assistente Katinka Faragó, la scenografa e costumista Gunilla Palmstierna-Weiss e l’attrice e figlia del regista Anna Bergman.
La mostra (in occasione della quale è stato anche stampato un catalogo) sarà invece visitabile presso la Deutsche Kinemathek sino al 29 maggio 2011 e ripercorre tutta la vita e l’opera del regista, a partire dai suoi esordi come attore di teatro (dal 1938), autore di pièce (dal 1942) e infine di sceneggiature per lo Svensk Filmindustri.
L’esposizione offre al pubblico una ricca collezione di materiali personali dell’autore, storyboard e sceneggiature con autografi, immagini, foto di scena e fotogrammi di pellicole, costumi e bozzetti. A corredo di questi materiali una serie di video trasmettono sequenze dei film di Bergman o interviste e documentari in cui il regista ha raccontato il suo lavoro: a partire dal primo film da lui diretto, Crisis (1946), durante la lavorazione del quale venne strigliato dal più celebre autore svedese del momento, Victor Sjöström, in visita agli stabilimenti dove il ventisettenne stava girando il suo esordio.
È in questi anni di formazione, trascorsi a teatro quanto sul set, che Bergman affinò il suo naturale talento per l’introspezione, per la parola, associandovi una grande attenzione alla “persona”, ai personaggi e agli attori che li interpretano. Riuscendo così per oltre mezzo secolo a creare narrazioni indimenticabili anche grazie al suo talento di direttore di attori, grazie a interpreti e a messe in scena spesso in grado di affascinare generazioni spettatori al di là della finezza e del peso delle interrogazioni morali delle sue sceneggiature…

Frame del film Fanny e Alexander di Ingmar Bergman

Tra i documenti più interessanti della mostra vi sono senz’altro diversi esemplari delle corrispondenze private dell’autore: come alcune lettere dei genitori, commossi dalla visione di uno o l’altro film del figlio, o quella di Stanley Kubrick del 9 febbraio 1960, che lo ringrazia per il contributo dato al mondo con i suoi film e gli si rivolge come al “the greatest film-maker at work today”, o come la lettera indirizzata da Bergman alla Academy lo stesso anno per rifiutare una candidatura agli Oscar definiti “one for the motion picture art humiliating institution”. Nella sala accanto un fumetto della rivista “Mad” del 1964 mostra la signora Bergman che intima al marito di non portare a casa un altro premio, per cui non ci sarebbe più spazio, e si rivela poi che l’ultimo film dell’autore non è finito.. perché la troupe si è più volte addormentata durante le riprese…
È invece esposto il Leone d’oro del cinquantenario attribuito al regista nel 1982, l’anno di Fanny e Alexander, uno dei suoi ultimi grandi capolavori per il cinema. Bergman non ha però mai abbandonato, sino ai suoi ultimi giorni, l’attività di scrittore e di regista per il teatro e per la televisione, per la quale immaginò inizialmente Scene da un matrimonio (1973) e poi realizzò Vanità e affanni (1997), Sarabanda (2003) e altre opere indimenticabili tutte riproposte nelle sale della Berlinale di quest’anno, come una serie di documentari sul suo lavoro.

A tre anni e mezzo dalla sua scomparsa, avvenuta come ricorderete a poche ore di distanza da quella di Antonioni, la retrospettiva ha ormai ampiamente confermato l’attualità, senza tempo, delle riflessioni cinematografiche dell’“ateo cristiano” Bergman (come lo definì Sergio Trasatti, autore del “Castoro” dedicato al regista), se non altro per il fatto che le proiezioni dei suoi film in questi primi giorni di festival sono tutte regolarmente sold-out.

© CultFrame 02/2011


SUL WEB
Berlinale – Il sito
Berlinale – Tutte le info sul programma della retrospettiva (in inglese)

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