Varda par Agnès ⋅ Un film di Agnès Varda

Quando una leggenda vivente del cinema è disponibile a raccontarsi e, nonostante l’età, a intraprendere nuovi progetti e collaborazioni, chi la circonda non può perdere l’occasione. Ed ecco dunque che a un anno dall’Oscar alla carriera e a poco più di un anno di distanza dall’ultimo Visages Villages, viaggio nelle campagne francesi in compagnia del giovane fotografo Jr., Agnès Varda torna sugli schermi con un nuovo lavoro frutto di una macchina produttiva coordinata dalla figlia Rosalie, con Dany Boon tra i co-produttori e il supporto, tra le altre, di Ava Duvernay ed Eva Longoria a testimonianza del fatto che il progetto guarda con un certo interesse al pubblico statunitense.

Varda par Agnès è un autoritratto d’artista in cui l’autrice di Cléo da 5 à 7, L’une chante l’autre pas, Senza tetto né legge, Les glaneurs et la glaneusse ripercorre alcune tappe della propria carriera e racconta alcuni dei suoi film più e meno noti all’insegna di tre parole chiave: ispirazione, creazione e condivisione. Partendo da alcune recenti lezioni pubbliche da lei tenute in teatri o sale di proiezione, il film è una versione aggiornata di Les plages d’Agnès dieci anni dopo, a beneficio di chi allora non c’era o era distratto.

In questi dieci anni, infatti, un certo ritorno d’interesse per le cause femministe, grazie a movimenti internazionali di rilievo come Non una di meno e il fenomeno #metoo, sembra aver creato nello spazio pubblico un clima favorevole per la scoperta e riscoperta di un cinema femminista come quello di Varda sempre attento ai margini, a quanto il canone trascura, oscura o deride, a tutte le tonalità della vita materiale ed emotiva, soprattutto delle donne.

Nella prima parte del documentario trovano spazio soprattutto i film – lunghi e corti – realizzati nei diversi periodi trascorsi da Varda e dal marito Jacques Demy in California, molti dei quali poco visti: Uncle Yanco, Blanck Panthers, Documenteur, Murs Murs sui graffiti di Los Angeles, Lions love (and lies) con la diva warholiana Viva e i due autori di Hair uniti in un triangolo amoroso che attira l’attenzione di Shirley Clarke, regista che interpreta se stessa nonché un alter ego di Varda stessa. Come ne Le plages d’Agnès, anche in quest’autonarrazione non mancano le spiagge, i viaggi, gli affetti, il ruolo fondamentale della fotografia nella formazione di Varda, il lavoro collettivo con gli altri e per gli altri. Varda dedica un capitolo bellissimo alla genesi e alla lavorazione di Jacquot de Nantes, il film sull’infanzia di Demy che realizzò mentre il compagno di una vita stava morendo di AIDS. Come sempre, la tragedia, sia essa vissuta o rappresentata, trova in Varda una sensibilità capace di elaborazione poetica.

Agnès Varda

Che l’universo colorato e bohemien di Varda non ci inganni, il suo cinema è il risultato di un equilibrio perfetto, di stampo quasi classico, tra tre delle attività fondamentali della retorica classica: l’inventio, ovvero la scintilla creativa che mette in moto la macchina delle idee, la dispositio che le organizza all’interno di una struttura e l’elocutio che presiede all’approccio estetico globale. Non c’è spazio per il caos nel lavoro di Varda, inventrice appassionata di strutture, amante della pittura del Cinquecento, genio della composizione fotografica. Le sequenze dedicate alla struttura binaria di Cléo o alla costruzione di Senza tetto né legge come una successione di tredici carrelli equidistanti sono due limpide lezioni di cinema.

Nella narrazione, la regista è accompagnata da alcune compagne e compagni di viaggio: la direttrice della fotografia Nurith Aviv, l’attrice Sandrine Bonnaire, che si presta a un confronto meraviglioso tra la sua immagine matura e bellissima di oggi con quella della diciassettenne un po’ selvatica alla sua seconda prova di attrice in Senza tetto né legge. Molto spazio è dato alle installazioni artistiche sin da Patatutopia, nata nel 2003 come estensione rizomatica del film Les glaneurs et la glaneuse, dove seguiva, tra gli altri, alcuni spigolatori di patate scoprendo con loro tuberi a forma di cuore che lasciò invecchiare e spigare in un trittico di video presentato alla Biennale di Venezia. Nel 2006 fu la volta de L’Ile et Elle, installazione nata grazie alla Fondation Cartier con il cui direttore Hervé Chandès Varda ha realizzato anche le capanne rivestite in pellicola 35mm di alcuni suoi film (in particolare Le bonheur). Chandès interviene tra gli ospiti delle lecture filmate ed è tra i finanziatori del film insieme al MoMA di New York.

Confermando quanto ancora la cineasta sia presente nel nostro tempo come un’artista autenticamente contemporanea, Varda par Agnès è dunque un invito alla visione, alla scoperta e alla riscoperta dell’opera ironica, colorata, inventiva di una grandissima spigolatrice dell’immaginario.

© CultFrame 02/2019 – 06/2020

Film presentato alla 69° Berlinale

TRAMA
In occasione di alcune lezioni pubbliche di cinema, Agnès Varda offre al pubblico la possibilità di entrare nel suo universo poetico, di scoprire il modo in cui sono nati, sono stati pensati e realizzati capolavori come La pointe courte, Cléo de 5 à 7, Senza tetto né legge senza trascurare i numerosi cortometraggi e le installazioni artistiche che hanno costellato i suoi quasi settant’anni di cinema e arti visive.


CREDITI

Titolo originale: Varda par Agnès / Regia: Agnès Varda / Sceneggiatura: Agnès Varda / Interpreti: Agnès Varda, Sandrine Bonnaire, Nurith Aviv, Hervé Chandès / Montaggio: Agnès Varda e Nicolas Longinotti / Musica: Pierre Verany, Michel Legrand, Joanna Bruzdowicz / Scenografia: / Produzione: Cinétamaris, Arte France / Francia, 2019 / Durata: 115 minuti.

SUL WEB
Filmografia di Agnès Varda
Berlinale – Il sito

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