Ich war zuhause, aber ⋅ Un film di Angela Schanelec ⋅ 69° Berlinale ⋅ Premio per la miglior regia

Un cane caccia un coniglio nella foresta, poi lo uccide e lo sbrana in una casa abbandonata mentre un asino li osserva. Un bambino di nome Philip riappare dopo essere scomparso per una settimana: i suoi abiti sono sporchi di terra e di erba, come se avesse vissuto nella natura. Quando Astrid, sua madre, porta la giacca del ragazzo in lavanderia, la commessa le dice che forse non tornerà mai più come prima. Nulla, in realtà nella vita di Astrid, Philip e della sua sorellina tornerà più come prima perché il marito di lei e padre dei due bambini è morto da poco e tocca reagire, capire come riassestarsi.

Astrid è smarrita, la sua disperazione si manifesta con accessi di rabbia, con la paura di non riuscire ad essere di aiuto né a se stessa né ai suoi figli per affrontare un dolore troppo grande. La donna, che lavora nell’ambito teatrale, fatica e tenere insieme la sua esistenza, incespica, fallisce: compra una bicicletta usata ma l’acquisto si rivela fallato, incontra un regista e lo inonda di un profluvio di riflessioni teoriche in mezzo alla strada, all’uscita da un supermercato. In una cornice drammatica, spesso irrompe la commedia perché i tentativi che facciamo quotidianamente per comunicare e farci capire dagli altri si rivelano puntualmente maldestri e destinati al ridicolo.

Angela Schanelec

A un certo punto Philip viene ricoverato per una setticemia: ma proprio quando è ormai chiaro che Astrid ha perso il controllo sulla propria vita e su quella dei figli, questi ultimi le dimostrano che può lasciarsi andare, che sono capaci di una resilienza sorprendente, e di un amore che li salva e che la salva. Angela Schanelec filma questo processo di elaborazione del lutto rimanendo sempre a una certa distanza dai suoi personaggi. Non è la distanza del distacco o del giudizio ma quella del rispetto e del respiro che serve a ciascuno per prendere le misure di una vita da ricostruire.

La narrazione talvolta è interrotta da sequenze in cui alcuni compagni di classe di Philip enunciano passi dell’Amleto di Shakespeare: come Amleto, anche Philip non è ancora adulto ma sta per diventarlo. Anche questa scelta, come quella di distillare nel film elementi di ironia, contribuisce a uno straniamento rispetto al dramma. Come i ragazzini sembrano distanti da quanto si trovano a recitare, ciascuno è impreparato ad affrontare la vita, mai all’altezza delle sue asperità. Ogni esperienza, ogni prova che affrontiamo sembra in qualche modo più grande di noi. Ma non per questo cessiamo di vivere, di tentare strade per stare al mondo.

© CultFrame 02/2019

TRAMA
Dopo essere scomparso per una settimana, il tredicenne Philip riappare: la madre e gli insegnanti sono sollevati ma anche preoccupati perché sospettano che la fuga sia stata una reazione alla morte del padre e non sanno come aiutare il ragazzo a superare il trauma. Astrid, la madre di Philip, non sembra in grado di gestire il lutto ma saranno proprio Philip e la sorellina a farle capire che, nonostante il dolore, nonostante la perdita, la vita può continuare.

CREDITI
Titolo originale: Ich war zuhause, aber / Regia: Angela Schanelec / Sceneggiatura: Angela Schanelec/ Interpreti: Maren Eggert, Jakob Lassalle, Clara Möller, Franz Rogowski, Lilith Stangenberg / Fotografia: Ivan Markovic / Montaggio: Angela Schanelec / Scenografia: Reinhild Blaschke/ Produzione: Nachmittagfilm Angela Schanelec, Dartfilm & Video doo/ Germania-Serbia, 2019/ Durata: 105 minuti.

SUL WEB
Filmografia di Angela Schanelec
Berlinale – Il sito

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