Wildlife ⋅ Un film di Paul Dano

“Nell’autunno del 1960, quando io avevo sedici anni e mio padre era momentaneamente disoccupato, mia madre conobbe un certo Warren Miller e si innamorò di lui. Accadde a Great Falls, nel Montana […] Nell’estate di quell’anno ci furono un sacco di incendi nei boschi.”

Con queste parole, nella traduzione di Riccardo Duranti, si apre il romanzo del Premio Pulitzer Richard Ford edito in Italia con il titolo Incendi (Feltrinelli, 1991) e trasposto sullo schermo con il suo titolo originale, Wildlife, del noto attore americano di origini slovacche Paul Dano. Già presentato al Sundance, alla Semaine de la Critique di Cannes, a Toronto e poi vincitore del 36° Festival di Torino, il film è l’esordio alla regia di un interprete che fin da ragazzino si è contraddistinto per la preparazione maniacale delle sue performance e conferma pienamente questa sua peculiarità.

Dano ha adattato il libro di Ford insieme all’attrice e compagna Zoe Kazan, che oltre a essere la nipote di Elia si è già segnalata come sceneggiatrice e produttrice di opere quali Ruby Sparks (2012) in cui Dano era tra gli interpreti: con le parti particolarmente drammatiche affidate alla coppia composta da Carey Mulligan e Jake Gyllenhaal, Wildlife è dunque un film di attori davanti e dietro la macchina da presa cui bisogna dare vinta la scommessa più importante, la scelta per il ruolo del protagonista Joe del giovane australiano Ed Oxenbould. Peraltro, la sua età reale coinciderebbe con quella del personaggio di Ford, ma invece nel film è riportata ai quattordici anni, forse per sottolineare maggiormente l’impatto traumatico degli eventi con cui Joe dovrà fare i conti nel corso della narrazione.

Paul Dano
Rispetto all’incipit efficace e anticipatore del romanzo, il film ha inizialmente un impianto più classico, introducendo i personaggi e il loro ménage domestico; ma nel giro di qualche settimana dal trasferimento dei Brinson nel Montana, l’equilibro della famiglia si rivela essere alquanto precario ed entrare presto in crisi. Dano e i suoi collaboratori si sono impegnati davvero molto per rispettare il minimalismo di Ford, aderire al punto di vista del ragazzo Joe e smussarne anche lo sguardo retrospettivo che è ovviamente costitutivo della narrazione scritta. In tal modo, la sensazione d’imperscrutabilità delle azioni dei genitori, che caratterizza il rapporto tra il protagonista e i suoi, aumenta però in modo esponenziale comunicandosi a chi assiste al film.

Inoltre, sul piano stilistico il film di Dano è estremamente curato, ben strutturato, talmente misurato anche nelle sue scene più perturbanti da risultare freddo; o meglio, distaccato, come accade – per reazione di autodifesa – al suo giovane protagonista costretto ad assistere impotente alle sbandate dei genitori, a imparare a badare a se stesso oltre che a loro, a cercarsi un’identità autonoma fuori dal campo di battaglia famigliare e che fatalmente si formerà al mestiere del fotografo (si veda a questo proposito un altro film della stessa stagione cinematografica, The Mountain di Rick Alverson, dalla simile ricostruzione visiva retrò).

Paul Dano
L’eco minacciosa degli incendi che circondano la cittadina dov’è ambientato il film, oltre a rinviare alle cronache della California in fiamme nell’autunno 2018, rimandano ai molti spettri che agitano la società statunitense (nel libro si sospetta che ad appiccarli fossero i nativi americani che poi venivano pagati per spegnerli) e a un’atmosfera di crisi permanente delle soggettività e della collettività. A tale affresco, Paul Dano dà però forma con una messa in scena vintage dai colori iper-curati (al limite dell’iperrealismo hopperiano) che formalizzando ulteriormente la distanza tra l’azione e la sua rappresentazione, manca di pathos e rischia di non toccare il cuore degli spettatori.

Ciò appare un difetto del film, benché possa dirsi coerente alla visione del mondo che emerge anche in un altro libro fondamentale di Ford, la raccolta di racconti Rock Springs (1989), pubblicato da Feltrinelli e tradotto in Italia da Vincenzo Mantovani, dove si dà la seguente risposta agli interrogativi più importanti sulla natura dei comportamenti che fanno soffrire uomini e donne quali i genitori di Joe, una risposta semplice e insoddisfacente al contempo: “è la vita, la mediocrità della vita, una freddezza che c’è in ognuno di noi, un’impotenza che ci porta a fraintendere la vita quando è pura e semplice, che fa sembrare la nostra esistenza un confine tra due nulla, e che ci fa essere né più e né meno come animali che si incontrino per la strada: guardinghi, inesorabili, privi di pazienza e di desiderio”.

© CultFrame 12/2018

Film presentato al 36° Torino Film Festival

TRAMA
All’inizio degli anni Sessanta, il quattordicenne Joe Brinson si trasferisce con i genitori in una cittadina del Montana non distante dal confine canadese e circondata da boschi in cui per mesi imperversano incendi difficili da domare. Quando il rapporto tra il padre e la madre entra in crisi, Joe deve far fronte alla situazione, nonostante la sua giovane età.

CREDITI
Titolo originale: Wildlife / Regia: Paul Dano / Sceneggiatura: Paul Dano, Zoe Kazan dal romanzo omonimo di Richard Ford / Interpreti: Ed Oxenbould, Carey Mulligan, Jake Gyllenhaal, Bill Camp / Fotografia: Diego García / Montaggio: Matt Hannam, Lou Ford / Musica: David Lang / Scenografia: Akin McKenzie / Produzione: June Pictures, A Magic Child/Sight Unseen/Ninestories Production / Distribuzione internazionale: FilmNation Entertainment / USA, 2018 / Durata: 104 minuti.

SUL WEB
Filmografia di Paul Dano
Torino Film Festival – Il sito

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