Poesia senza fine ⋅ Un film di Alejandro Jodorowsky

«La bellezza sarà convulsa o non sarà». È con questa celebre frase tratta dal romanzo Nadja (1928) di André Bréton che si potrebbe (provare a) sintetizzare il cinema di Alejandro Jodorowsky. Nei suoi film, infatti, lo splendore barocco delle immagini convive alla perfezione con il grottesco e la violenza.

Nel cult del 1973 La montagna sacra, ad esempio, le inquadrature simili a sofisticati tableaux vivants che ricordano alcune abbacinanti visioni di Paradžanov (Il colore del melograno), Fellini (Satyricon, Roma) e Pasolini (La ricotta, Edipo re, Il Decameron) si alternano a squarci di crudele surrealismo che rimandano a Un Chien Andalou e L’Age d’Or di Buñuel.

Il più delle volte, dunque, quella di Jodorowsky è una bellezza perversa, che non può (soprav)vivere – e risaltare – senza l’orrore. Del resto, il grande regista cileno ha sempre affrontato in modo a dir poco sovversivo temi come la religione, il misticismo e la magia.

Alejandro Jodorowsky

Oggi, però, Jodorowsky, classe 1929, colpisce soprattutto per l’inarrestabile energia con cui continua a fare cinema: nel nuovo film Poesia senza fine il cineasta (nonché, vale la pena di ricordarlo, scrittore, poeta, attore, fumettista, persino esperto di tarocchi di Marsiglia e guru spirituale) racconta il suo ingresso nell’eta adulta (nella pellicola è appena ventenne) a Santiago del Cile con una vitalità così travolgente da farsi quasi feroce, un entusiasmo capace di illuminare gli anfratti più bui di quel frenetico periodo. Ostacoli che il giovane Alejandro riusciva a domare, e, spesso, a superare brillantemente grazie all’amore per l’arte e la scrittura, a un talento poetico pronto a permeare di sé tutto ciò che lo circondava.

Tale invidiabile energia stride però con una palese mancanza di ispirazione. Sin dalle prime sequenze si intuisce infatti come dietro la patina di questa turbolenta vitalità sia rimasto davvero poco del “vecchio”, geniale Jodorowsky. Il regista sembra ormai aver perso quella miracolosa follia evocativa che riusciva a trasformare anche la scena più violentemente realistica in una visione proveniente da una sorta di dimensione altra. Del resto, anche le due opere precedenti, l’altrettanto autobiografico La danza della realtà (2013) e Il ladro dell’arcobaleno (1990), pur presentando alcuni motivi di interesse, sono sprovviste del perverso splendore dei suoi capolavori.

Alejandro Jodorowsky

Scompare così la potenza visionaria che caratterizzava il suo cinema, per lasciare spazio a uno spettacolo terribilmente kitsch, degno del peggior Ken Russell. Allo stesso tempo, i bizzarri personaggi che invadono il film si configurano ben presto soltanto come macchiette. Le scene, ad esempio, in cui troneggia l’eccentrica Stella – donna con la quale il giovane Alejandro intreccia per un periodo un’appassionata relazione – sembrano girate da un desolante epigono di Almodóvar e De La Iglesia.

In questo contesto piuttosto convenzionale anche la poesia, da sempre elemento chiave nell’universo jodorowskiano, finisce per risultare stucchevole (basti pensare a versi naїf come «Voglio ritornare ad essere quello che sono sempre stato»). Se, insomma, un tempo Jodorowsky riusciva ad esprimere il suo personalissimo concetto di bello, di arte percorrendo abilmente e senza sosta qualsiasi via, anche quella del grottesco più ridicolo e rischioso, oggi, nonostante l’apparente vitalità, il regista si limita a rimanere nei dintorni di un irritante surrealismo da salotto.

Alla luce, dunque, degli esiti tutt’altro che entusiasmanti degli ultimi lavori, l’inarrestabile Alejandro dovrebbe forse ammettere che il suo mondo così singolare e prezioso ha ormai davvero poco da dire.

© CultFrame 01/2018

TRAMA
Alejandro Jodorowsky, autore di film culto come La montagna sacra e El Topo, giunto alla soglia dei novant’anni racconta il suo ingresso nell’età adulta a Santiago del Cile, negli anni Cinquanta, dominato dalla severa figura paterna, che immagina per il figlio un futuro come medico. Il giovane, però, che da qualche tempo ha scoperto di avere una vocazione per l’arte e la letteratura, si ribella al padre e tenta di intraprendere una carriera come poeta e artista. Da quel momento in poi il ragazzo comincerà a fare una serie di incontri con intellettuali e performer, che lo porteranno a prendere alcune significative decisioni.


CREDITI
Titolo: Poesia senza fine / Titolo originale: Poesia Sin Fin / Regia: Alejandro Jodorowsky / Sceneggiatura: Alejandro Jodorowsky / Fotografia: Cristopher Doyle / Montaggio: Maryline Monthieux / Musica: Adan Jodorowsky / Interpreti: Adan Jodorowsky, Brontis Jodorowsky, Leandro Taub, Pamela Flores, Alejandro Jodorowsky, Jeremias Herskovits, Julia Avendaño / Produzione: Satori Films, Le Soleil Films, Le Pacte / Distribuzione: Mescalito Film / Paese: Cile, Francia 2016 / Durata: 128 minuti

SUL WEB
Filmografia di Alejandro Jodorowsky
Mescalito Film

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