The Shining ⋅ Il capolavoro di Stanley Kubrick è di nuovo al cinema

Quale migliore occasione, se non la notte di Halloween, per evocare spaventosi fantasmi del passato? Al cinema, naturalmente. Se amate davvero le storie del terrore, quello “puro”, che sottilmente si insinua sottopelle e fa venire i brividi, non potete non (ri)provare la formidabile emozione di tornare a varcare la soglia dell’Overlook Hotel.

Per soli tre giorni (31 ottobre, 1 e 2 novembre 2017) esce di nuovo in sala The Shining (1980), il capolavoro di Stanley Kubrick, proprio in occasione del quarantesimo anniversario dell’omonimo romanzo di Stephen King al quale il grande regista newyorkese si ispirò.

Preceduto da Work and Play: un corto su The Shining (2017) diretto da Matt Welles, in cui partecipano, tra gli altri, Lisa e Louise Burns (che interpretarono le gemelle Grady), Diane Johnson (la co-sceneggiatrice) e Garrett Brown (l’operatore e l’inventore della Steadicam), il film arriva al cinema in una versione restaurata che ci restituisce, ancora oggi intatto, tutto il suo potere sublime e agghiacciante.

Cosa significa, infatti, rivedere a oltre trent’anni di distanza, un film così? Significa molto. Moltissimo. Per tutti coloro che lo conoscono, in primis vuol dire riprovare l’emozione di guardarlo (di nuovo o per la prima volta) sul grande schermo ma, soprattutto, essere trasportati ancora nel perturbante universo kubrickiano per smarrirsi – volontariamente e felicemente – in quel labirinto fisico e mentale del cui dedalo, pur conoscendo da tempo la via d’uscita, abbiamo sempre una irriducibile paura. Dalla scrittura di King il regista americano distillò gli elementi a lui più affini e pur trovandolo “una delle più ingegnose ed emozionanti storie” che avesse mai letto ne fece, come sua abitudine, un soggetto “altro”.

Stanley Kubrick
Il racconto fantastico, con tutto il suo carico di spettri, di segreti e di misteri, diventa nelle mani di Kubrick un tessuto narrativo sul quale ritagliare alla perfezione il modello ambiguo e oscuro dell’inconscio. Avventurarsi nei meandri di quest’ultimo, quindi, non può che condurre davanti a delle porte chiuse – come quella della stanza 237 – dietro le quali si può celare l’indicibile. Questo percorso, sia emotivo sia tangibile, resta allora la sostanza fondante del film, una sorta di implacabile teorema che non può, e non potrà mai, essere scalfito dal tempo.

The Shining rappresenta, infatti, ciò che lo stesso Kubrick (riferendosi agli spettri) definiva una “promessa di immortalità”. Il fascino dell’eterno ritorno di Jack Torrance è, ad oggi, quello del film stesso: il perpetuarsi di un racconto di straordinaria profondità del quale subiamo l’inesorabile malìa.

Ri-vedere questa pellicola significa anche azzerare la percezione del tempo e trovarsi, isolati e smarriti, in quell’albergo tra le montagne dal quale, in fondo, non siamo mai riusciti realmente a uscire. È singolare, infatti, come pur conoscendo pressoché alla perfezione la storia, fino a citarne a memoria le battute, il brivido dell’emozione non rappresenti, invece, un déjà-vu. La paura è autentica e, soprattutto è qui e ora e deflagra in ogni inquadratura insieme alla follia di Jack che tutto travolge come quell’onda rossa che sgorga dalle pareti e (ci) invade senza pietà.

Stanley Kubrick

Il labirinto, l’ascia di Torrance, il triciclo di Danny, le gemelline insanguinate, lo sguardo di terrore di Wendy non sono soltanto delle “componenti” di un’immagine ma diventano l’immagine, intesa nel suo significato etimologico di “imitare”, “fare somiglianza” poiché quel che vediamo è nel contempo – mai come in questo caso – non è. Ciò a cui assistiamo, infatti, accade ma è già accaduto e, molto probabilmente, accadrà ancora. In questo ciclo perpetuo assistiamo, come spettatori, ad uno spietato corto circuito – emozionale e visuale – il cui valore del sempre risiede proprio nella paura, suscitata come la prima volta.

The Shining conferma allora tutta la sua portata di esperienza cinematografica alla quale contribuisce la strepitosa performance di Nicholson che fa di Torrance ben più di un personaggio ma l’archetipo del terrore. Un attore che dimostrò di possedere una straordinaria gamma espressiva e nel quale lo stesso Kubrick individuò quel fattore “x” che definì una vera e propria “magia”; ed è impossibile sottrarsi ad essa, né allo sguardo di Jack (persona/personae) che ancora ci inchioda alla poltrona del cinema.

Nel 2017, quando ormai sembriamo tragicamente avvezzi ad ogni forma di orrore reale, questo film non può che restituirci il gusto più autentico e – si perdoni l’azzardo – “poetico” della paura umana come suggestione artistica e turbamento suscitato da una fabula che, sì, temiamo ma non vorremmo mai smettere di ascoltare.

© CultFrame 10/2017

TRAMA
Jack Torrance, aspirante scrittore, trova lavoro come custode di un albergo isolato tra le montagne durante la bassa stagione. Vi si trasferisce con la moglie e con il figlio sperando che la tranquillità dell’albergo deserto possa ispirarlo nella stesura del suo romanzo. Progressivamente l’uomo inizia a perdere il lume della ragione, parla con i personaggi che appaiono misteriosamente nelle sale dell’Overlook Hotel e terrorizza a morte la sua famiglia. Sta diventando pazzo oppure quel luogo è davvero maledetto?


CREDITI

Titolo: The Shining / Titolo italiano: Shining / Regia: Stanley Kubrick / Sceneggiatura: Stanley Kubrick, Diane Johnson dall’omonimo romanzo di Stephen King / Montaggio: Ray Lovejoy / Fotografia: John Alcott / Scenografia: Roy Walker / Costumi: Milena Canonero/Interpreti: Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson / Produttore: Stanley Kubrick / Distribuzione: Nexo Digital / Usa, UK, 1980 / Durata: 119 minuti (+ cortometraggio di 7 minuti)

SUL WEB
La programmazione di The Shining ed elenco delle sale
Filmografia di Stanley Kubrick
Nexo Digital

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