La ragazza senza nome ⋅ Un film di Jean-Pierre e Luc Dardenne

Osiamo l’impossibile. Proviamo ad accostare un lavoro cinematografico di grande finezza morale e consapevolezza formale come La ragazza senza nome dei fratelli Dardenne a un prodotto televisivo per il grande pubblico nazional popolare come Provaci ancora Prof!. In entrambi i casi, il personaggio di una donna conduce un’inchiesta pur non essendone legalmente autorizzata perché il suo mestiere è un altro, non a caso un mestiere di cura: una professoressa, una dottoressa. Entrambe si prendono cura delle persone con cui entrano in contatto ben oltre la stretta cinta del dovere professionale. Entrambe mettono in gioco la propria vita, gli affetti, il lavoro pur di inseguire una forma di verità e giustizia. Nel caso della ragazza senza nome, in realtà, non c’è quasi neppure una vita privata da mettere in gioco, solo la nuda esistenza di una donna sola interamente dedita alla sua professione, il che inizialmente è ben diverso dall’essere interamente dedita ai suoi pazienti.

Nel primo movimento del film, infatti, mentre si occupa con una certa durezza di un giovane collega stagista, la dottoressa Jenny gli consiglia di non farsi coinvolgere emotivamente dai pazienti per non compromettere la qualità della diagnosi: la separazione è netta e decisa, da una parte c’è la persona, dall’altra la sua funzione professionale. Poi però qualcosa accade che mette in discussione una dicotomia tanto più complicata da attuare in un mestiere che lavora sull’umano che è allo stesso tempo carne, sangue ed emozioni. Qualcuno suona in studio un’ora dopo la chiusura, l’assistente vorrebbe rispondere, Jenny glielo impedisce e il giorno dopo si scopre che si trattava di una giovane donna trovata morta a poca distanza. Forse se Jenny fosse stata meno inflessibile, la donna sarebbe ancora viva. In Jenny si scatena quindi un tempestoso senso di colpa che ne fa un personaggio tragico e sacrificale (diversamente dalla Prof.).

Jean-Pierre e Luc Dardenne

La colpa innesca nella dottoressa un meccanismo che la induce a ricercare la verità su quella vittima di cui la polizia non conosce il nome, di cui nessuno sembra riconoscere il volto, come se la sua vita non avesse mai avuto alcun peso, alcuna presenza, alcuna importanza per nessuno. Una delle tante vittime senza nome, senza storia, senza riconoscimento che naufragano nelle nostre terre e nei nostri mari in un silenzio disperato. Che la ragazza senza nome sia di colore non è un dato trascurabile. La dottoressa bianca a quel punto rinuncia anche a concrete prospettive di carriera pur di rimanere a lavorare nel piccolo studio medico di periferia per pazienti a tariffa minima la cui porta non ha voluto aprire quella notte. Una sorta di pegno esistenziale in onore di chi ha pagato con il proprio corpo e con la propria vita la prevalenza dell’uomo bianco.

La ricerca della verità si dipana come un percorso a tappe, per stazioni in successione, con prove e ostacoli che portano la protagonista a calarsi nelle profondità quotidiane e materiali della vita delle persone. Se in una dimensione seriale, che accoglie di frequente narrazioni simili, l’inchiesta su di sé e sugli altri si sarebbe frammentata e ripetuta di puntata in puntata, nel film dei fratelli Dardenne, l’azione e l’agnizione sono tutte concentrate in meno di due ore, nelle quali vediamo la dottoressa sporcarsi le mani nude al contatto di piedi sozzi e putrescenti, accettare caffè annacquati, dolcetti di cattiva qualità, rispondere a chiamate in piena notte come probabilmente non aveva mai fatto fino ad allora: la ricerca della verità su quella morte le apre gli occhi sulle molte vite che il suo lavoro le permette di incrociare e lei si dischiude a ciascuna di esse come allargando lo sguardo su qualcosa che prima di allora si impediva di vedere. Il suo mestiere assume allora un senso tragico e nuovo: farsi carico dell’immensa e dispendiosa responsabilità di un vivere che tende inesorabilmente verso la morte ma che prima di arrivarci deve darsi modo di attraversare un po’ di bene, sfiorare un po’ di verità.

© CultFrame 11/2016

TRAMA
Quando una sera, un’ora dopo l’orario di chiusura, la giovane dottoressa Jenny sente suonare alla porta del suo ambulatorio, decide di non andare ad aprire. Ma il giorno dopo, una ragazza senza nome viene ritrovata morta lì vicino…


CREDITI

Titolo: La ragazza senza nome / Titolo originale: Une fille inconnue / Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne / Sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne / Montaggio: Marie-Hélène Dozo / Fotografia: Alain Marcoen / Interpreti: Adèle Haenel, Jérémie Renier, Olivier Bonnaud, Louka Minnella, Ben Hamidou, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione / Produzione: Archipel 35, Les Films du Fleuve, Savage Film / Distribuzione: Bim / Paese: Belgio, 2015 / Durata: 106 minuti

SUL WEB
Filmografia di Jean-Pierre Dardenne
Filmografia di Luc Dardenne
BIM

0 Shares: