Counterlight. Mostra di Maya Zack a Roma

© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23’30” (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome
© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23'30" (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome
© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23’30” (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome

Ho potuto vedere nel giugno 2016 Counterlight, il più recente video della produzione artistica di Maya Zack, nell’ampio e articolato spazio del Tel Aviv Museum of Art. E l’ho fatto per due volte a distanza di pochi giorni, con la dovuta attenzione. Perché l’universo poetico di Maya Zack è degno, sempre e comunque, di un approfondimento, perché l’allestimento effettuato presso il Tel Aviv Museum lo meritava, perché ho avuto la netta percezione della crescita esponenziale di quest’artista, già di levatura internazionale, che mi adoperai (in qualità di collaboratore/co-curatore della sezione dedicata al cinema israeliano contemporaneo) affinché fosse presente con il suo film Mother Economy nell’ambito della 45. Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro del 2009 (allora diretta da Giovanni Spagnoletti).

Nel settembre 2016 Counterlight approda alla galleria Marie-Laure Fleisch – Contemporary Art di Roma. Ovviamente, gli spazi sono infinitamente più ristretti di quelli del Tel Aviv Museum of Art (in cui sono stati presentati anche dei disegni di Maya Zack e una grande installazione ambientale progettata dall’artista), ma l’impostazione (molto elegante ed essenziale) concepita dalla galleria romana ha ancora una volta esaltato il potenziale espressivo delle videoartista di Tel Aviv.

Counterlight fa parte di una significativa trilogia insieme al già citato Mother Economy (2007) e a Black and White Rule (2011) e mostra la forte attenzione che Maya Zack ha per argomenti di centrale importanza per la storia del XX secolo. Ancora una volta, l’artista dirige il suo sguardo verso le tragedie del Novecento, verso la Shoah e il concetto filosofico di memoria.

In questo caso, nucleo narrativo ed espressivo dell’opera è la figura del poeta ebreo-rumeno Paul Celan, il quale riuscì a sottrarsi alle deportazioni ma perse i genitori proprio ad opera dei nazisti. La sua vita si concluse, comunque, tragicamente: si suicidò, infatti, a Parigi nell’aprile del 1970.

© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23'30" (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome
© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23’30” (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome

Protagonista dell’opera, come già avveniva in Mother Economy, è una figura femminile che situa la propria azione scenica all’interno di un’architettura visuale molto precisa. Lo spazio ove si svolge l’atto portato avanti dalla protagonista è una sorta di territorio (mentale) di indagine, un’approfondita e certosina investigazione nella storicizzazione del dolore ma anche nell’intensa e drammatica idea di memoria che percorre l’intera durata dell’opera.

Il personaggio centrale calcola, legge, ritaglia, isola parole, analizza immagini, ricuce, ricompone una vicenda che ha determinato l’orrore e lo sconvolgimento del cuore della colta Europa ormai poco più di settanta anni fa. Celan, di cui si percepisce anche la voce, è il filo conduttore di questo percorso nella memoria, una memoria fatta riemergere certamente grazie ai ricordi ma che non si limita a ripescare dalla Storia il tema della sofferenza, nonché quelli dell’antisemitismo nazista e delle persecuzioni nei riguardi del popolo ebraico. Maya Zack, in maniera sapiente, evoca visivamente anche la condizione individuale del poeta rumeno e della sua famiglia, per evidenziare come il delirio nazi-fascista sia passato come un turbine su individui, famiglie, relazioni interpersonali, affetti, amori, quasi volendo cancellare il concetto stesso di umanità.

Ecco, così, apparire quella che sembra essere una figura materna (forse proprio la madre di Paul Celan). La vediamo intenta a compiere un’azione casalinga, semplice, rassicurante. Sta amalgamando la pasta per fare la Challah, il pane ebraico che si mangia durante lo Shabbat. Un gesto denso di simboli, energico e delicato allo stesso tempo, capace di far riemergere dall’oblio il senso antico di una cultura (che si tentò di cancellare durante la Seconda Guerra Mondiale) e il calore di un microcosmo familiare reale, purtroppo distrutto.

© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23'30" (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome
© Maya Zack. Counterlight, 2016. Video, 23’30” (still frame). Courtesy Marie-Laure Fleisch Gallery, Rome

Questo video di Maya Zack, oltre a distinguersi per l’altezza dei contenuti comunicati, ci mostra il reale talento artistico dell’autrice. La qualità rara delle immagini, la severità della regia, la perfetta articolazione della luce e degli aspetti cromatici, le geometrie visuali, la dimensione straniante della recitazione, sono tutti elementi di stile che ci fanno comprendere le caratteristiche non usuali del mondo estetico-espressivo di Maya Zack.

Ciò che rende ancor più rilevante, dunque, il lavoro dell’artista israeliana è la sua capacità di far apparire chiarissimi i contenuti che intende veicolare e al contempo tempo di divulgarli nell’ambito di una struttura registico-formale assolutamente nitida, quindi estremamente efficace.

In sostanza, Maya Zack pur veicolando dei significati, si pone con la sua opera nell’area dei significanti, dimostrando con chiarezza quanto sia fondamentale il contenuto di un’opera d’arte ma anche come sia ancor più importante la maniera attraverso la quale questo contenuto viene comunicato.

© CultFrame 09/2016

INFORMAZIONI
Maya Zack – Counterlight
Dal 18 settembre al 19 novembre 2016
Marie-Laure Fleisch / Via Pallacorda 15, Roma / Tel: 06.68891936 / info@galleriamlf.com
Orario: lunedì – venerdì 14.00 – 20.00 / sabato: 16.00 – 20.00 / domenica su appuntamento / Ingresso libero

SUL WEB
Il sito di Maya Zack
Marie-Laure Fleisch, Roma

 

0 Shares: