La rupture ⋅ Un film di Claude Chabrol

Questa pellicola di Chabrol, del 1970, possiamo considerarla in due maniere: o come è stata catalogata proprio quando uscì nei cinema nel corso degli anni ’70, cioè come un melò furbo con tanto di suspense, oppure con gli occhi di uno spettatore di oggi, saturo ormai di effetti speciali e cosciente delle vere furberie di un certo cinema cosiddetto d’autore, soprattutto italiano, che cerca di stupirlo con trame macchinose e sentimenti che lasciano buchi neri enormi come quelli cosmici.

Che Chabrol fosse un ammiratore di Hitchcock è innegabile, si evince attraverso i suoi film e anche da un paio di dichiarazioni effettuate in più occasioni. Ma il suo riferimento non è l’Hitchcock di Psyco o di Uccelli quanto piuttosto quello de Il Ladro, Il peccato di Lady Considine e de Il sospetto.

Una donna sposata con un tossicomane violento vuole uscire da questa difficile situazione. Ma il “bravo ragazzo” è figlio di un riccone che pur di avere un nipote-erede (i protagonisti hanno un figlio) è disposto a tutto. Per arrivare al suo scopo, così, protegge il rampollo, screditando la moglie. Ecco che ritorna “l’amata” borghesia corrotta chabroliana pronta a inghiottire i suoi figli. Il dio Kronos del denaro, in sostanza, governa tutto ciò che assorbe le coscienze, come se fosse il nettare dell’Ambrosia.

Ma il grande regista francese realizza una potente sottrazione a livello espressivo: nessuna opulenza delle scene, nessun vestito sgargiante ma solo un’infinita tristezza nello sguardo di tutti, ad eccezione di quello della mai troppo compianta Stéphane Audran, musa del maestro francese e all’epoca sua moglie. Uno sguardo angosciante che scruta tutto e tutti (colpevoli e non), quello della Audran, come se volesse annientare il mondo intero. Ma sfortunatamente è troppo tardi per lei, ma anche per noi: il capitalismo si è impossessato anche dei sentimenti più puri come l’amore. “Money, money, money” cantavano Liza Minelli e Joel Grey in Cabaret, ed eravamo ancora negli anni ’30. E Chabrol ce lo ripete, come molte cinematografie di quegli anni, all’infinito.

Non siamo, dunque, davanti a un melò con suspense come dicevamo all’inizio. Chabrol è un regista elegante e La Rupture è un dei suoi lungometraggi più raffinati. Oscilla in continuazione tra il reale e l’irreale, sfoggiando un iperrelismo alla Hitchcock, come se volesse affermare che la vita è talmente complessa che per decifrarla servono almeno sentimenti chiari. Chabrol esprime la psicologia dei caratteri attraverso una ricerca cromatica che per l’epoca è innovativa e che diventa surreale soprattutto quando il personaggio interpretato da Stéphane Audran assume le droghe.

Per anni si è creduto che Claude Chabrol firmasse dei gialli un po’ bizzarri oppure, soprattutto negli ultimi tempi, pellicole sofisticate ma vuote. La rupture, che potete trovare in dvd in America o in Gran Bretagna e che personalmente ho visto una volta sola in tv in Grecia diversi anni fa, mi è rimasto impresso; è uno di quei lavori che indicano come il maestro Claude Chabrol sia uno di quei grandi registi che abbiamo ingiustamente dimenticato.

© CultFrame 01/2016



CREDITI

Titolo: All’ombra del delitto / Titolo originale: La rupture / Regia: Claude Chabrol / Sceneggiatura: Claude Chabrol / Fotografia: Jean Rabier / Montaggio: Jacques Caillard / Interpreti: Stéphane Audran, Jean-Pierre Cassel, Michel Bouquet, Jean-Claude Drouot, Annie Cordy / Produzione: Andres Genoves / Anno: 1970 / Durata (originale): 124 min. / Edizione dvd: Regione 1 Pathfinder in Usa e Regione 2 per la Arrow film in un cofanetto con altri film di Chabrol (il tutto 6)

SUL WEB
Filmografia di Claude Chabrol

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