Il figlio di Saul ⋅ Un film di László Nemes

Chi scrive la pensa esattamente come il grande regista e documentarista francese Claude Lanzmann: la Shoah non è rappresentabile, ancor di più nell’ambito delle arti visive tecnologiche.

L’unica maniera possibile di accostarsi a questa spaventosa tragedia del XX secolo è, probabilmente, quella dell’evocazione, poiché la ricostruzione è un atto di simulazione/finzione che finisce per rendere tutto, o quasi, accettabile, soprattutto sotto il profilo narrativo. E la sfera visiva (ci riferiamo in primo luogo proprio al cinema)? Il problema si fa ancor più inquietante, perché l’orrore dei corpi martoriati e la sopraffazione dell’essere umano su un altro essere umano sono divenuti fattori a cui, ormai, lo sguardo dello spettatore è totalmente assuefatto.

È proprio per questi motivi che la gran parte delle opere filmiche incentrate sul tema della Shoah realizzate negli ultimi anni non ha fatto altro che replicare meccanicamente, e nei casi più gravi a rendere cinicamente fruibile, ciò che invece è, di fatto, un abisso oscuro dal quale l’umanità non è mai riuscita a risalire.

Un caso da analizzare con attenzione è, invece, quello dell’opera firmata da László Nemes intitolata Il figlio di Saul (Gran Prix Speciale della Giuria Festival di Cannes 2015). Il regista ungherese ha, infatti, compiuto una scelta espressiva molto precisa, inequivocabile. Potremmo dire: morale.

L’impostazione stilistica del film risponde al criterio del rispetto della questione dell’irrappresentabilità della Shoah. Nemes e il direttore della fotografia Mátyás Erdély inquadrano sempre il volto del personaggio principale, un prigioniero ebreo rinchiuso nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, tramite primissimi piani che costringono lo spettatore a confrontarsi con la vicenda attraverso due fattispecie: quella dell’evocazione, grazie alla visione continua, ossessiva, dello sguardo del protagonista, e quello dell’immedesimazione mentale, grazie alle inquadrature che seguono i movimenti nello spazio del personaggio centrale da dietro e che permettono così al fruitore di immaginare (attenzione, solo di immaginare) il punto di vista del soggetto in questione.

Laszlo Nemes

Altro fattore decisivo è l’uso costante della sfocatura. Nemes chiarisce che non intende rappresentare, neanche ricostruire. I cadaveri e gli atti violenti sono quasi sempre non mostrati, posti fuori campo, oppure non decifrabili. Il peso insopportabile dell’orrore è, dunque, collocato fuori dall’inquadratura, poiché non riedificabile visivamente, oppure evocato tragicamente dalle urla, dagli ordini perentori in tedesco, dal rumore, dal caos che si percepisce intorno e sullo sfondo.

Grazie agli elementi sopra esposti, ne Il figlio di Saul il suo autore ha evitato il pericolo consolatorio della visione diretta che esorcizza l’angoscia e, invece, ha lasciato spazio alla forza inaudita dell’immaginazione che, di fatto, è infinitamente più devastante, sia psicologicamente che emotivamente, della banale descrizione visuale. A ciò si aggiunge la cifra espressiva della recitazione che evidentemente è stata richiesta al protagonista Géza Röhrig, il quale ha delineato con assoluta perizia il suo personaggio cercando di rendere i primissimi piani, grazie ai quali veniva raffigurato, privi di un’ovvia emotività spettacolarizzata che avrebbe distrutto il film.

© CultFrame 01/2016

TRAMA
Saul Ausländer è un cittadino ungherese ebreo deportato nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. La sua vita, ovviamente è terrificate. Saul, oltretutto, è membro del SonderKommando, un gruppo particolare di prigionieri che lavora nelle camere a gas ed anche nei forni crematoi. Un giorno Saul, tra i cadaveri, pensa di riconoscere il figlio. L’uomo cercherà con tutte le sue forze di evitare che il corpo del ragazzo venga cremato per dargli una degna sepoltura con l’ausilio di un Rabbino. Arriverà però a un certo punto la rivolta dentro il campo di sterminio.


CREDITI

Titolo: Il figlio di Saul / Titolo originale: Saul fia / Regia: László Nemes / Sceneggiatura:  Clara Royer, László Nemes / Fotografia: Mátyás Erdély / Montaggio: Matthieu Taponier / Scenografia: László Rajk / Musica: László Melis / Interpreti: Géza Röhrig, Urs Rechn, Levente Molnár / Produzione: Krisztina Pinter, Gabor Sipos, Judit Stalter, Robert Vamos / Distribuzione: teodora Film / Origine: Ungheria / Anno: 2015 / Durata: 107 minuti

SUL WEB
Sito ufficiale del film Saul fia (Il figlio di Saul) di László Nemes
Filmografia di László Nemes
Teodora Film

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