Cinquanta sfumature di grigio. Un film di Sam Taylor-Johnson

Cinquanta sfumature di grigioA ondate storiche regolari, un fenomeno editoriale o un film a sensazione rispolverano il mito del masochismo femminile, mito che ci annoia e che non intendiamo alimentare; per ciò, quando è uscita in libreria la trilogia delle Cinquanta sfumature di grigio, abbiamo sbadigliato e continuato a leggere altro. Ora che ne hanno fatto un film, ci limiteremo quindi a considerarne la trasposizione, a cui la Berlinale 2015 ha riservato un gala speciale. Qui il masochismo femminile non è quello che si esprime nelle pratiche sessuali a base di corde, bende e frustini che il padrone Christian Grey spinge Anastasia Steel a praticare nel ruolo di schiava, bensì lo spirito da crocerossina che fa sopportare a lei la spocchia e l’invadenza di lui, belloccio straricco e tormentato, nella speranza di curarne le ferite interiori.

A fronte dell’evento che il libro ha rappresentato (traduzione in una cinquantina di lingue e cento milioni di copie vendute in tutto il mondo) e del battage pubblicitario che di conseguenza sta accompagnando la sua trasposizione cinematografica, è incredibile constatare la povertà creativa della storia e la banalità, con frequenti picchi di ridicolo, della sua messa in scena per lo schermo. I dialoghi e gli espedienti narrativi di Cinquanta sfumature di grigio sono degni dei migliori porno ovvero quelli con poca trama e molta azione ma qui l’azione manca. Cosa resta quindi a un porno senza porno? Il nulla eterno.

Ci sono però un paio di elementi interessanti che emergono se si considera il film in chiave più “storica”. Nel 1975, il patinatissimo e tedioso Histoire d’O (1975) sembrò una provocazione nei confronti delle donne che all’epoca lottavano per la propria liberazione: il personaggio interpretato da Corinne Cléry era quello di una donna nuda e muta che, come scrisse qualcuno, aveva dato le dimissioni da se stessa. Per di più, la pubblicità e una certa stampa non esitarono ad accompagnare l’uscita della pellicola con discorsi fintamente anticonformisti sull’inconfessabile gioia che alcune proverebbero nel ricevere qualche frustata ben assestata, sulle catene più o meno metaforiche da cui per amore o lussuria certe amerebbero farsi stringere.

Anche settimanali femminili o in qualche modo vicini a un discorso emancipatorio promossero il film, tra questi L’Express, fondato dalla stessa Françoise Giroud che pur ricoprendo in quegli anni la carica di Ministro alla “condizione femminile” prese sempre le distanze dal movimento di liberazione delle donne. Le reazioni non si fecero attendere: militanti femministe scrissero articoli, slogan di protesta sui muri delle città, distribuirono volantini contro il “fascismo sessuale” durante la prima parigina del film e un gruppo organizzò anche una piccola occupazione nella sede de L’Express. Per queste militanti non si trattava di esprimere una rivolta di stampo moralista o puritano, come spesso si è voluto credere banalizzando, bensì di ribellarsi all’erotizzazione del dominio e di distinguere tra consenso e cedimento. Certo, il sadomaso è una realtà complessa, per alcuni anche liberatoria ma non è questo il punto qui.

A quarant’anni di distanza da Histoire d’O., tutta la relazione tra i due protagonisti di Cinquanta sfumature di grigio ruota attorno a un vero e proprio contratto sessuale che l’uomo predispone e di cui la ragazza negozia i termini. Ora, questa questione del contratto è una burocratizzazione del rapporto sessuale che per di più nasce da quella falsa pista per interpretare l’esercizio della volontà individuale in una relazione intima che è la nozione di consenso. Il consenso vero e proprio è possibile solo in un rapporto tra parti eguali, quando c’è sproporzione di potere, il “sì” non è necessariamente interpretabile come consenso. Tra uomini, soprattutto se molto ricchi e potenti, e donne, soprattutto se molto giovani e senza altra forza se non quella della seduzione, è illusorio parlare di rapporti consensuali e infatti Anastasia finisce per cedere ad alcune pratiche di sottomissione propostele da Christian nonostante non abbia mai firmato il famoso “contratto”.

Inoltre, in una società che ha imparato a capitalizzare l’emancipazione delle donne, la protagonista di un filmetto sentiment-sadomaso mainstream non prende le frustate senza esprimere dissenso ma, guarda caso, questo viene messo al servizio di una norma sessuale e relazionale fortemente tradizionalista: Anastasia infatti è refrattaria al sadomaso perché sogna un amore romantico con tutti i crismi. Insomma, una storia ben poco trasgressiva e originale per giustificare tanta fregola.

© CultFrame 02/2015

TRAMA
La studentessa Anastasia Steele e il potente Christian Gray si incontrano per caso e tra i due è subito attrazione. Il giovane rampante ha però gusti sessuali un po’ anticonvenzionali per l’innocente ragazza che si ritrova impigliata in un rapporto intenso e denso di contraddizioni.


CREDITI

Titolo: Cinquanta sfumature di grigio / Titolo originale: Fifty Shades of Grey / Regia: Sam Taylor-Johnson / Sceneggiatura: Kelly Marcel, dal romanzo omonimo di E. L. James / Fotografia: Seamus McGarvey / Montaggio: Debra Neil Fisher, Anne v. Coaten, Lisa Gunning / Scenografia: David Wasco / Interpreti: Jamie Dornan, Dakota Johnson, Jennifer Ehle, Luke Grimes, Rita Ora / Produzione: Focus Features International, Trigger Street Productions / USA, 2014 / Distribuzione: Universal Pictures International / Durata: 120 minuti

SUL WEB
CULTFRAME. Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Berlinale 2015. Il programma
Filmografia di Sam Taylor-Johnson
Berlinale – Il sito
Universal Pictures International

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