Il mondo del western all’italiana evocato nelle immagini di Alvaro Deprit

© Alvaro Deprit. Almeria, Andalusia, Dicembre 2011. Deserto di Tabernas. Courtesy l’autore
© Alvaro Deprit. Almeria, Andalusia, Dicembre 2011. Deserto di Tabernas. Courtesy l’autore
© Alvaro Deprit. Almeria, Andalusia, Dicembre 2011. Deserto di Tabernas. Courtesy l’autore

Il western all’italiana (più conosciuto con la riduttiva definizione “spaghetti western”) è stato un genere cinematografico che si è sviluppato principalmente tra gli inizi degli anni sessanta e la fine degli anni settanta. Rispetto al western tradizionale americano (quello di John Ford per intenderci) possedeva una dimensione estetica e contenutistica del tutto autonoma.

Non c’era più il mito dell’eroe americano bianco che spingeva sempre più in avanti il controllo del territorio, e neanche la netta divisione tra bene e male. Non più paesaggi grandiosi e quasi metafisici. Nel western all’italiana trionfava la cattiveria pura, i personaggi erano tutti brutti, sporchi e malvagi. Niente buoni sentimenti e territori da conquistare per spingere in avanti “la civiltà”, ma solo raffigurazione di un mondo crudele e violentissimo (in spazi aridi e ostili), in cui contava solo la sopraffazione del più forte sul più debole, con qualche eccezione.

Ebbene, questo “universo poetico” ha senza dubbio lasciato in eredità un immaginario che ancora oggi influenza cineasti contemporanei (ad esempio Quentin Tarantino). Non si tratta solo di un legame superficiale con storie, personaggi, situazioni ma anche di un rapporto profondo con la “visione di un mondo” che possedeva molti più elementi di verità rispetto al genere americano da cui aveva tratto ispirazione.

© Alvaro Deprit. Deserto di Tabernas, Almeria, Andalusia, Dicembre 2011. Parco Tematico Western utilizzato da Sergio Leone per suoi film. Courtesy l’autore
© Alvaro Deprit. Deserto di Tabernas, Almeria, Andalusia, Dicembre 2011. Parco Tematico Western utilizzato da Sergio Leone per suoi film. Courtesy l’autore

Diversi western all’italiana furono girati in Italia, ovviamente, ma molti furono ambientati nel deserto di Tabernas, luogo visivamente di estremo interesse situato nella provincia di Almeria (Andalusia, sud della Spagna). Proprio questa zona desertica spagnola conserva ancora i segni di un sistema cinematografico completamente estinto. I set abbandonati sono stati trasformati in aree per spettacoli (con comparse e stuntmen) per turisti nostalgici, ma anche questo settore risulta ormai in via di estinzione. Ebbene, questo spazio dell’immaginario filmico è divenuto territorio creativo per il fotografo spagnoloAlvaro Deprit, il quale ha rielaborato visivamente il suo legame intimo con il mito del western all’italiana costruendo un percorso creativo poi organizzato all’interno di un libro.

Dreaming Leone, questo il titolo dell’operazione editoriale in questione (edizione e design di Michela Palermo e Alvaro Deprit), è una sorta di omaggio soggettivo che allude però a una dimensione collettiva legata a un bagaglio filmico condiviso da innumerevoli cinefili. La figura di Sergio Leone non poteva che essere centrale in questa operazione, non solo perché autentico capo-scuola del genere ma anche perché nel deserto di Tabernas il grande cineasta girò alcuni dei suoi capolavori (C’era una volta il west, ad esempio).

© Alvaro Deprit. Almeria, Andalusia. Deserto di Tabernas, Dicembre 2011. Set Western Costruito nei primi anni sessanta per la ripresa di molti film di Sergio Leone. Courtesy l’autore.
© Alvaro Deprit. Almeria, Andalusia. Deserto di Tabernas, Dicembre 2011. Set Western Costruito nei primi anni sessanta per la ripresa di molti film di Sergio Leone. Courtesy l’autore.

Ciò che colpisce nelle immagini scattate da Alvaro Deprit non è tanto il tentativo di riportare alla luce un mondo in totale dissolvimento, ormai popolato da veri e propri fantasmi di un tempo passato, quanto piuttosto la capacità dell’autore di evocare il mistero di quella terra e il suo legame con la fragilità del “sogno filmico” attraverso composizioni di luoghi e ambienti che comunicano al fruitore un inquietante senso di vuoto, una sensazione di profonda malinconia, di angosciosa sospensione.

La strada vuota di una cittadina (finta) del west, un paesaggio brullo con alberi rinsecchiti, case basse in stile messicano. Tutto allude alla “ricostruzione” di un universo che non esiste più, tutto sembra essere collocato nell’abbandono e nella memoria. In tal senso, risultano emblematiche la immagini che aprono e chiudono il libro: due alberi non più vivi rimasti a presidiare set e spazi produttivi di cui pochi ormai si ricordano.

Tra ambientazioni desertiche suggestive, finti saloon e una natura ostile e tragica si aggirano ancora ectoplasmi di un genere cinematografico che ebbe molto successo, spettri che replicano un impianto onirico-narrativo ormai quasi dimenticato. Non rimane, dunque, cheil piacere del ricordo del modo in cui Sergio Leone “inquadrava i culi dei cavalli” (per usare una nota e geniale affermazione di Bernardo Bertolucci).

© CultFrame – Punto di Svista 01/2015
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)

CREDITI
Titolo: Dreaming Leone / Fotografie: Alvaro Deprit / Edizione e design: Michela Palermo, Alvaro Deprit / Anno: 2014

SUL WEB
Il sito di Alvaro Deprit

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