MAdRE. Mostra di Sophie Calle al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea

Sophie Calle “Morte de bonne humeur” (detail), 2013, digital print and text panel. 50,5 x 50,5 cm (image) 76,5 x 50,5 cm (text) / Photo: André Morin. © 2014 Sophie Calle /Artists Rights Society (ARS), New York /ADAGP, Paris. Courtesy of Sophie Calle; Paula Cooper Gallery, New York, and Galerie Perrotin

Un’epigrafe accompagna la fotografia di un monumento mortuario: «Il 27 dicembre 1986 mia madre aveva scritto nel suo diario : “Oggi mia madre è morta”. Il 15 marzo 2006 scrivo a mia volta : “Oggi mia madre è morta”. Di me non lo dirà nessuno. Fine.» Nella stessa sala, dopo aver incontrato numerose immagini di lapidi incise con la parola “madre”, ne troviamo una che porta scritto “figlia”. Il cuore dolente della mostra MAdRE che Sophie Calle propone al Castello di Rivoli con la curatela di Beatrice Merz è racchiusa in questo minuscolo spazio a metà di un percorso di visita lungo il quale le sontuose sale del museo raccolgono installazioni ben più appariscenti. Si veda per esempio la sala dedicata alla bara in cui campeggia rasoterra una fotografia a grandezza naturale delle spoglie materne composte nel feretro insieme a tutta una gamma di oggetti cari minuziosamente elencati in un apposito pannello. Oppure l’enorme testa di una giraffa impagliata di nome Monique, come la madre (il cui nome di battesimo era in realtà Rachel, troppo pericoloso in tempi di guerra), acquistata dall’artista dopo la dipartita come per omaggiare quella fotografia d’infanzia che la ritraeva abbracciata a una giraffa di pelouche.

Il percorso espositivo segue una scansione cronologica che ripercorre, sala dopo sala, i momenti che vanno dalla partenza per Cabourg, dove Monique-Rachel volle recarsi con la figlia pochi giorni prima della morte per vedere un’ultima volta il mare, alla silenziosa agonia, dalla sepoltura fino a un rito organizzato dall’artista al Polo Nord due anni dopo la perdita per sotterrare i gioielli più cari della madre sotto i ghiacci.

Sophie Calle capitalizza sotto forma di installazione artistica ogni momento dell’evento-morte, arrivando a piazzare una videocamera ai piedi del letto di Monique per coglierne l’ultimo sospiro (anche nel caso questo fosse avvenuto in sua assenza). Il video, ridotto a dodici minuti, è in mostra con il titolo Incapace di cogliere la morte in due diverse sale, una delle quali richiede a chi visita di osservare il silenzio e di non scattare fotografie riservando alla sola artista il diritto di produrre e riprodurre una rappresentazione dell’evento luttuoso.

Sophie Calle. View of the exhibition “Sophie Calle « Rachel, Monique” Festival d’Avignon, Eglise des Célestins, France, 2012. Photo: André Morin. © Sophie Calle / Adagp, Paris, 2014.Courtesy Galerie Perrotin

In un’altra sala Calle racconta che qualche giorno prima di perdere conoscenza la madre le affidò i propri diari ben sapendo che la figlia li avrebbe integrati nella propria pratica artistica e così è stato perché i taccuini non sono soltanto stati accumulati in una piccola bara di plexiglas per dare luogo all’opera Journal intime, ma sono anche diventati oggetto di un lavoro di selezione e montaggio confluito nel 2013 in una pubblicazione intitolata Autobiographie – Morte de bonne humeur realizzata dalla Galerie Perrotin. Nel 2012, Sophie Calle ha inoltre letto l’intero corpus di diari nella chiesa dei Celestini di Avignone registrandosi e dando luogo a un’istallazione sonora della durata complessiva di ventidue ore che scorrono ininterrotte nell’opera Journal (audio + seggiola su cui accomodarsi per ascoltare). In quelle pagine la donna teneva nota di appuntamenti, incontri, impegni, brevi impressioni e riflessioni sugli amici, sugli uomini, sui figli, sui luoghi visitati. Ne emerge la testimonianza di una seducente donna borghese, intellettualmente vivace e curiosa (la sua vita professionale si svolse per lo più come archivista della rivista l’Express), dalla vita piena di viaggi, cene, feste, serate al teatro, pomeriggi al cinema.

Data la durata della registrazione, ogni visitatore ne coglierà un diverso frammento. A chi scrive è capitato di udire più volte, prima distrattamente come fosse un’allucinazione uditiva, poi nettamente, confermando quindi la prima impressione, il nome della scrittrice e sceneggiatrice Monique Lange tra quelli delle amiche frequentate dalla donna. Monique Lange è un personaggio che, per via del suo lavoro alla casa editrice Gallimard in veste di responsabile alle relazioni con l’estero e di segretaria personale di Dionys Mascolo, ebbe modo di conoscere e di frequentare scrittori e intellettuali chiave del Novecento, diventando, per esempio, devota amica di Jean Genet e Violette Leduc. Nel 2011, la figlia Carole Achache, fotografa e scrittrice, ha dedicato alla madre il romanzo autobiografico Fille de che prende avvio proprio da un’indagine tra le agendine personali lasciate dalla donna. Questo incipit ha dato luogo a un video reperibile su youtube in cui le mani di Achache si immergono tra le foto personali e le agendine della madre, sfogliandone qua e là qualcuna.

Di fronte al lavoro di Calle abbiamo ripensato a questo meno noto lavoro per l’analoga ricerca da parte di una figlia di iscrivere la perdita della madre in una dimensione simbolica capace di dare un corpo nuovo a chi non c’è più, un corpo fatto di immagini, di parole, di oggetti, di ricordi. Allo stesso tempo, il filtro della rappresentazione elaborata da Calle le permette di prendere in un certo modo le distanze da qualcosa che non si può toccare o guardare direttamente o troppo da vicino perché troppo doloroso.

Ecco, tutte le stanze della mostra sembrano essere strati successivi di filtri che ci allontanano da quel nucleo doloroso che brucia nella stanzetta con l’epigrafe, non l’epigrafe scanzonata che campeggia sulla tomba della madre “già mi annoio”, bensì quella che Calle scrive per dare lapidaria testimonianza della strutturale solitudine dell’individuo a cui, non avendo figli, non rimane neppure l’illusione di poter continuare a vivere un giorno nei loro ricordi.

Sophie Calle. View of the Exhibition “Pour la dernière et pour la première fois”, Les Rencontres d’Arles, Chapelle Saint-Martin du Méjan, 2012 “Voir la mer”, 2011. 14 films, couleur, son, photographies / Director of photography: Caroline Champetier. ©Adagp, Paris, 2014. Photo: Florian Kleinefenn. Courtesy Galerie Perrotin

MAdRE ha un’appendice, la video installazione Voir la mer, in cui alcuni abitanti di Istanbul che pare non avessero mai visto prima il mare sono filmati dapprima di spalle mentre osservano per la prima volta le onde infrangersi sul bagnasciuga, poi a un certo punto si voltano per lasciarci vedere nei loro occhi l’effetto che fa. Anche in questo caso si tratta di porre chi guarda nella condizione di confrontarsi con una situazione che presuppone un grosso carico emotivo e che per questo carattere così connotato non sempre riesce effettivamente a emozionare.

© CultFrame 11/2014

INFORMAZIONI
Sophie Calle. MAdRE / A cura di Beatrice Merz
Dall’11 ottobre 2014 al 15 febbraio 2015
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea / Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (TO) / Telefono: 0119565280
Orario: da martedì a venerdì 10.00 – 17.00 / sabato e domenica 10.00 – 19.00
Biglietto: Intero 6,50 euro / Ridotto  : 4,50 euro

SUL WEB
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea

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