Boyhood. Un film di Richard Linklater

Premiato con l’Orso d’argento per la miglior regia alla Berlinale 2014, Richard Linklater ha ricevuto per il suo ultimo film lo stesso riconoscimento che aveva già vinto con Prima dell’alba (1995), il capitolo iniziale della trilogia interpretata da Ethan Hawke e Julie Delpy nell’arco di ben diciotto anni. Nel caso di Boyhood, invece, si trovano condensati in un solo film dodici anni di riprese e di vita dei suoi protagonisti, in particolare del giovane Mason che vediamo crescere dai sei ai diciotto anni, dalle elementari al primo giorno di college, con la conseguente separazione dalla madre.

I pregi principali di una operazione cinematografica così rischiosa sono la grande fluidità dei raccordi tra sequenze girate in anni diversi e la compattezza dello stile complessivo dell’intera opera. Visivamente, tale compattezza si deve al fatto di avere realizzato il film in pellicola, una scelta oggi diventata pressoché impossibile. Inoltre, il regista ci propone poche scene madri presentandoci una quotidianità filmata senza virtuosismi, senza nessun gioco che acceleri o inverta il semplice scorrere lineare del tempo che è la vera materia di ognuno dei segmenti del film separati l’uno dall’altro da circa un anno.

In questo modo, Linklater riesce a tenere sotto controllo l’effetto “database”, l’impressione che molti spettatori avrebbero potuto provare di trovarsi di fronte a un catalogo o a un archivio di immagini finzionali simili a quelle filmate e conservate da una qualsiasi famiglia americana. Nessun effetto documentario, quindi, niente a che vedere con esperimenti quali quello de I bambini di Golzow che Winfried Junge e Barbara Junge hanno ripreso tra il 1961 e il 2007, e nessun effetto reality.

La vera particolarità del film è piuttosto quella di mettere in scena il trascorrere del tempo biologico, il crescere del protagonista Mason e l’invecchiamento naturale di tutto un cast molto ben assortito. Se su questo piano c’è una forma con cui il regista è costretto a confrontarsi è quindi quella della serialità televisiva, sia per il continuum tra evoluzione fisiologica e psicologica dei protagonisti, che molte serie tv hanno spesso mostrato nel loro dipanarsi pluriennale sul piccolo schermo (basti pensare a quanto accaduto alla stessa Patricia Arquette nella serie Medium), sia per le tematiche famigliari e per l’ambientazione in una provincia americana che abbiamo imparato a conoscere attraverso innumerevoli situation comedy.

Infatti, Boyhood è ambientato per intero in quel Texas dove è cresciuto anche Linklater e che rappresenta uno dei cuori identitari degli Stati Uniti. Fatalmente, le vicende private dei protagonisti si intrecciano con quelle storiche del dopo 11 settembre, con le guerre di Bush, con l’elezione e la rielezione di Obama, commentate in particolare dal padre di Mason, il musicista e attivista Ethan Hawke che alla fine del film diventerà nuovamente padre e marito con un lavoro da impiegato nelle assicurazioni. A segnalare il passare degli anni in modo puntuale e talvolta sin troppo diretto, ma con un certo humour, sono anche la colonna sonora musicale che alterna hit di successo, da Yellow dei Coldplay alla recente Get Lucky dei Daft Punk, e i continui riferimenti alle innovazioni tecnologiche usate dai protagonisti, dai primi videogiochi di Mason a Facebook e all’avvento dell’iphone.

Nel complesso, i singoli episodi possono non risultare tutti egualmente convincenti ma ogni cliché sembra funzionale alla ricostruzione di un immaginario estremamente riconoscibile per chiunque abbia vissuto negli anni Duemila, davanti e dentro ai piccoli e grandi schermi che strutturano la nostra quotidianità raccontandoci il modo e offrendoci modelli per inquadrarlo. Certo, un regista con più alte ambizioni autoriali avrebbe potuto allestire un film estremamente più complesso o spettacolare, ma Boyhood riesce a lasciare in modo molto netto quella sensazione di provvisorietà di senso e di incertezza sul futuro che caratterizza la vita di tutti noi.

© CultFrame 02/2014 – 10/2014

 

TRAMA
Mason Jr. e la sorella Samantha vivono con la madre in una cittadina del Texas, mentre il padre li ha lasciati da tempo e torna solo ogni tanto a fargli visita. Nel corso degli anni questi riuscirà però a riallacciare il rapporto con i propri figli, la madre si risposerà altre due volte, i giovani Mason e Samantha cresceranno fino a lasciare casa per frequentare il college.


CREDITI

Titolo originale: Boyhood / Regia: Richard Linklater / Sceneggiatura: Richard Linklater / Fotografia: Lee Daniel e Shane Kelly / Montaggio: Sandra Adair / Musica: Randall Poster / Scenografia: Rodney Becker / Costumi: Kari Perkins / Interpreti: Ellar Coltrane, Lorelei Linklater, Patricia Arquette, Ethan Hawke, Nick Krause, Marco Perella / Produzione: Richard Linklater, Cathleen Sutherland / Distribuzione: Universal / USA, 2014 / Durata: 164 minuti

LINK
Sito ufficiale del film Boyhood di Richard Linklater

Filmografia di Richard Linklater

Berlinale – Il sito
Universal Pictures

 

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